
I tre padri
Serie: Come fa la luna con le maree
- Episodio 1: Figlia di NN
- Episodio 2: Scomode risposte
- Episodio 3: La fanciulla dei soffioni
- Episodio 4: Grandi confessioni, enormi promesse
- Episodio 5: Come alberi
- Episodio 6: I tre padri
- Episodio 7: L’astro
- Episodio 8: Il passato è negli occhi
STAGIONE 1
Dopo che Tito ebbe avanzato la proposta di prendere in moglie Olga, i Folliero stettero a discutere per giorni. Alla signora non andava giù il fatto che lo stimato pittore fosse innamorato della loro serva e non di una delle loro figlie.
– È inaccettabile la sua pretesa! Mai avranno il mio consenso; cosa penserebbero tutti quanti? Che una serva analfabeta e senza famiglia è migliore delle signorine Folliero?
– Il tuo consenso vale meno della tua disapprovazione, moglie! Non sfidarmi, l’ultima parola spetta a me, e ho deciso che Olga sposerà il pittore. O forse vuoi rischiare di non vedere mai il quadro concluso?
– Ti stai davvero piegando al suo ricatto? Qui i potenti siamo noi, non devi scordarlo. Troveremo un altro pittore.
– Ma non un pittore accreditato come questo. Lo sai cosa si vocifera? Che persino il Papa lo voglia chiamare a restaurare degli affreschi nella basilica di San Pietro! Questo ti basti a non discutere più. Farò convocare qui Tito nel pomeriggio e gli darò la mia benedizione.
Quando Tito giunse alla villa, la signora, infuriata, si era barricata in camera ordinando a Dora e Matilde di fare lo stesso. Se il pittore si aspettava la solita, calda accoglienza, non l’avrebbe avuta. – Dovrà sentirsi come un intruso tra queste nobili stanze! – borbottava.
Il Folliero, invece, accolse Tito con una forte stretta di mano e gli fece segno di seguirlo nella biblioteca. Riempì due bicchieri con una generosa dose di Cognac e si mise a sedere su una delle due poltrone in velluto verde. Il pittore attese il cenno del padrone di casa per prender posto sull’altra.
Nella voce del Folliero c’era qualcosa di diverso dal solito odioso e arrogante tono, e c’era qualcosa di diverso anche nel suo sguardo, qualcosa in più: era come angosciato.
– Non tutto ciò che pensiamo possiamo dirlo a chiare lettere, amico caro. Non è, forse, anche questa una delle ragioni per cui voi dipingete? Ci sono cose che la vita ci impone di tenere occultate, e per giunta proprio nel luogo in cui avvertiamo più male.
Tito non capiva, cosa c’entrava quella costruzione filosofica con un quadro da completare e un matrimonio da autorizzare?
– Cosa volete dirmi, signore? – lo bloccò allora, tentando di sollecitare l’arrivo della risposta per cui era venuto.
– La verità! – scoppiò il Folliero.
– Ma che diavolo state dicendo? La verità? Quale verità? Su cosa?
– Su di me, e su Olga. Vi racconterò tutto, sarà vostro compito custodire il segreto fino a quando non riterrete opportuno rivelarlo a lei. È anche questo che fa un marito, non è vero?
Tito parve aver ascoltato solo l’ultima parte della frase: – Un marito? Allora acconsentite al mio matrimonio con lei?
– Sì, avete la mia benedizione! Ma dovete promettermi che la amerete davvero, che la rispetterete, e che mai sarete cagione delle sue sofferenze.
Tito a quel punto non sapeva per cosa mostrarsi più sorpreso: se per il permesso accordato, o per il modo compassionevole con cui il padrone gli stava raccomandando la felicità di una sua serva.
– Perdonatemi, mi sfugge qualcosa. A cosa è dovuta tutta questa improvvisa premura verso Olga?
– È proprio questo il punto, amico mio. Ve lo dirò senza troppi giri di parole: la ragazza che sposerete è mia figlia.
Il giovane restò paralizzato e pensò che il Folliero si stesse divertendo con un gioco in cui, da padrone della scacchiera, spostava pedine e condizioni a proprio piacimento, per il solo gusto di riderne.
– Non è possibile, non dite idiozie. Una figlia non si tratta come una serva, e in verità, nemmeno una serva si tratta come voi trattate Olga.
– Questa è bella! Per una volta che mi convinco a dire la verità, non vengo nemmeno creduto. Ascoltate quello che ho da dire prima di parlare. Aprite bene le orecchie e siate serio, questo non è uno scherzo!
Il Folliero tracannò avidamente tutto il cognac dal bicchiere che provvide a riempire tempestivamente, e diede inizio a una lunga e sconcertante confessione.
– Quando avevo più o meno la vostra età, mi innamorai per la prima volta, e nella maniera più autentica che io avessi mai conosciuto. A quel tempo in paese girava un carbonaio. Scendeva dalle montagne ogni settimana trasportando sacchi pieni di carbone ricavato dalla legna che aveva lavorato, e bussava casa per casa vendendolo a chi ne avesse bisogno. Alla mia famiglia il carbone non era necessario perché ne avevamo sempre grandi scorte, e all’uomo, dunque, non veniva mai aperta la porta. Un giorno, però, dalla finestra vidi che una giovane donna lo accompagnava: era sua figlia, ed era bellissima. Scesi di corsa in strada e acquistai due sacchi di carbone che non mi sarebbero serviti affatto, e che poi dovetti confondere nel deposito in mezzo a tutti quelli che già c’erano. Misi in scena la mia finzione ogni volta che li vedevo passare, fino a quando la giovinetta non mi mostrò di aver compreso il mio sentimento, e di ricambiarlo a propria volta. Il suo nome era Giovanna, capite? Proprio Giovanna, la madre di Olga!
Ma come avremmo potuto vivere quell’amore essendo stati già entrambi promessi in sposi, a un uomo e a una donna scelti dai nostri genitori? E come potevo io, il figlio di un banchiere, sposare la figlia di un povero carbonaio?
Finimmo per cedere all’invasivo potere della società, e ci congiungemmo in matrimonio con coloro che ci erano stati assegnati, senza conoscerli, e senza averli mai desiderati nei nostri letti. Prima però ci giurammo che avremmo continuato ad amarci lo stesso, ancora, e nonostante tutto.
Per lunghi anni ci siamo incontrati come clandestini, giustificando la nostra assenza in casa con bugie sempre più grandi. Quando poi il marito di Giovanna partì per la miniera in Sicilia, io iniziai a intrufolarmi in casa sua quando riuscivo, e in quei brevi attimi ci riprendevamo a morsi quella felicità che ci era stata tolta.
Fu proprio in quel periodo che si rese conto di aspettare un figlio. Ma credetemi, Tito, non avemmo scelta.
Architettammo un piano che sarebbe servito a lasciare intatti, o quasi, i nostri matrimoni, ma che soprattutto ci avrebbe permesso di tenere in vita quella bambina.
Pagai un povero vedovo affinché acconsentisse che le voci circa la gravidanza di Giovanna, convergessero tutte verso di lui. L’uomo accettò sapendo che non avrebbe corso pericolo alcuno, in quanto non sarebbe mai più ritornato in Italia. Con i soldi che gli avevo offerto, infatti, sarebbe riuscito a emigrare in America per offrire una degna vita a quei tre figli rimasti senza madre.
Poi cominciai a chiacchierare nelle osterie, a mettere la pulce nell’orecchio a chiunque, fino a quando tutti furono convinti che il vedovo, dopo aver messa incinta Giovanna, era scappato senza lasciar traccia per paura di essere ammazzato dal marito di lei. Quest’ultimo, intanto, restò in Sicilia per diversi anni senza mai ritornare, e lì si accompagnava con migliaia di altre donne. Giovanna allevò la bambina col mio aiuto economico e, quando Olga fu grandicella, decisi che l’avrei mandata anche a scuola. La frequentò fino alla terza elementare, fino al giorno in cui il marito di Giovanna ritornò dalla miniera e, scoperto il tradimento, riempì prima di botte sua moglie, e poi cacciò via la bambina.
Pensai allora che l’unico modo per salvarla dalla fame e dalla strada, sarebbe stato assumerla in casa mia presentandola a tutti come la mia serva.
Tito interruppe il Folliero: – Allora per quale motivo l’avete trattata tanto male?
– Vedete, se avessi mostrato anche il minimo affetto per quella bambina, mia moglie avrebbe certamente intuito qualcosa. Ha sempre saputo che l’ho sposata senza amarla, ed è sempre stata consapevole del fatto che io potessi avere altre donne. Ma venire a sapere che avevo persino una figlia con una di loro, l’avrebbe resa pazza. Avrei messo in pericolo la vita di Dora e Matilde, quella di Giovanna, quella di Olga, la mia. Di sicuro mia moglie sarebbe stata capace di fare del male a tutti noi. Io la conosco: quella donna è capace di fare l’impensabile.
Olga è diventata adulta e non ha mai saputo la verità, perciò, adesso che diverrà vostra moglie, spero che trovi finalmente la propria serenità e il proprio posto, e che voi Tito, troviate il coraggio di dirle tutto questo. Di sicuro le causerà un immenso dolore, ma le servirà a ricomporre tutti i pezzi di un’esistenza che ha sempre visto in frantumi. Merita di saperlo, povera ragazza. Ci sono stati tre uomini che avrebbe potuto chiamare “papà”, ed invece è stata la gente a chiamare lei “figlia di nessuno”.
Tito uscì dalla biblioteca col viso sconvolto e il cervello pesante. Come avrebbe potuto rivelare alla sua futura moglie una realtà tanto ingombrante? Decise che, come sempre, si sarebbe affidato alla propria arte. Quella sopraggiungeva ogni volta a parlare per lui quando di parole non ne aveva più.
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Ciao Martina, questo episodio scorre via con grande semplicità e ritmo, nonostante la forza data alla rivelazione che hai messo sul piatto. Era il pezzo che mancava, e tu hai saputo dargli la giusta energia ed enfasi. Solidarizzo col Folliero, devo essere sincero: anche lui è una vittima di una società moralista che non lascia scampo ad un amore senza confini, ma lo sento, in ogni parola da lui proferita, l’affetto che ha sempre provato per Olga, frutto del suo vero amore. Mi aspetto un ultimo confronto tra padre e figlia, anche se forse mi stupirai con l’ennesimo colpo di classe. Al prossimo ed ultimo episodio, sempre con vive emozioni?!
Mi piace molto che Olga sia figlia di Folliero. Una vera storia d’amore alla base della sua nascita è consolante e cancella lo squallore che la sua nascita avrebbe avuto. Almeno i suoi genitori si amavano.
Rivelazione che, pur essendo ampliamente intuibile, non perde la sua forza dirompente. Povera Olga, spero che tra le braccia di Tito trovi la serenità che merita.