III – LE COLLINE DI PIETRA

Serie: La memoria delle acque


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I – L’arrivo

Dopo tre giorni di marcia, i superstiti di Aurion raggiunsero le colline.

La pianura dietro di loro brillava ancora di riflessi metallici, come una cicatrice che non voleva guarire.

L’aria era diversa: sapeva di terra, non di vetro.

Enea fermò il gruppo su un’altura.

Da lì vedevano un avvallamento attraversato da un ruscello, protetto da un bosco di querce.

«Qui» disse, «il terreno è stabile. Il fiume porta acqua. Se Dio tace, parleremo noi.»

Nessuno rispose, ma nei loro occhi si accese una speranza ruvida, quasi incredula.

Cominciarono a scaricare i pochi oggetti rimasti: teli, corde, strumenti.

Le mani di tutti erano piagate, ma nessuno si fermò.

Il Sigillo, al petto di Enea, restava spento.

Forse, pensò, anche Dio stava riposando.

La sera accesero un fuoco.

Il primo vero fuoco da quando Aurion era caduta.

L’odore di legna viva prese il posto di quello del vetro bruciato, e il silenzio della collina sembrò più gentile.

Enea guardò le fiamme riflettersi sugli occhi dei suoi compagni.

Per la prima volta, non vide paura, ma fame di vita.

II – La prima pietra

All’alba il vento portava odore di pioggia e di ferro.

Enea radunò gli uomini e parlò poco.

«Non vivremo nelle tende per sempre. Costruiremo con la pietra, non con la speranza.»

Corin, il giovane fabbro, rise piano.

«La speranza non regge il peso delle travi.»

«Allora dammi qualcosa che lo regga,» rispose Enea.

Trovarono una cava di roccia chiara poco più in alto.

Cominciarono a scavare, a spaccare, a sollevare blocchi che odoravano di pioggia antica.

Le donne tagliavano rami, i bambini raccoglievano ciottoli per i muri, i monaci pregavano in silenzio, ma con le mani coperte di fango.

Enea si ferì più volte alle dita, ma non si fermò.

Al tramonto, posò la prima pietra.

Non pronunciò benedizioni.

Solo un pensiero: Ogni casa è una tomba finché non vi entra qualcuno a ridere.

Il Sigillo, sotto la tunica, si scaldò per un istante.

Un battito, debole ma vivo.

Enea sorrise: forse non tutto era perduto.

III – Il dubbio e il tradimento

La pioggia arrivò il terzo giorno.

Fredda, sottile, insistente.

Il fango trascinava via i muri appena costruiti. Le provviste scarseggiavano.

Qualcuno cominciò a mormorare che il Sigillo fosse una maledizione.

Una notte, Enea trovò Corin seduto accanto alla forgia improvvisata, le mani annerite, il viso scavato.

«La fede non scalda,» disse il ragazzo.

«Nemmeno il ferro, se non sai per cosa lo fondi.»

Corin lo fissò con occhi stanchi. «Io fondo per restare vivo. Tu preghi per morire con dignità.»

Enea non rispose. Guardò le scintille alzarsi nel buio.

Il Sigillo restava spento, ma ogni volta che una scintilla gli sfiorava la pelle, sentiva una fitta al petto.

Forse il fuoco riconosceva il suo sangue.

La notte successiva qualcuno rubò il poco cibo rimasto.

Il mattino trovarono tracce che portavano al torrente.

Corin tornò con gli occhi gonfi di pianto. «Era uno dei bambini. Non sapeva cosa faceva.»

Enea non lo punì. Divise con lui l’ultima crosta di pane.

«Non serve colpa quando la fame decide per te.»

Quella notte, mentre il vento scuoteva le tende, Enea capì che la nuova città sarebbe nata non dalla fede, ma dalla necessità.

IV – La promessa di Nova Ilion

Passarono settimane.

Dal fango e dal dolore emerse un muro grezzo, ma stabile.

Le mani dei costruttori sanguinavano, ma ridevano mentre sollevavano le pietre.

Enea posò la fronte sul primo muro completo.

Era ruvido, imperfetto, ma vero.

«Non crollerai,» mormorò.

Selene non c’era più, ma le parole di lei tornavano come vento: Ogni luce che accenderai ti chiederà un prezzo.

Ne sentì il peso, ma non indietreggiò.

Il Sigillo si riaccese, un battito regolare, quasi umano.

Enea lo alzò perché tutti lo vedessero.

«Questo non è il simbolo di un dio,» disse. «È la fiamma del nostro lavoro. Non chiede sangue, solo mani.»

La gente applaudì.

Corin si fece avanti, il viso annerito di fuliggine.

«Allora lavoreremo fino a dimenticare Dio,» disse.

Enea annuì. «Forse sarà la prima vera preghiera.»

Il sole scese dietro le colline.

Il vento portava odore di terra e di fumo.

Enea guardò verso sud, dove un tempo c’era Aurion: un bagliore lontano, come una cicatrice luminosa.

«Non torneremo mai lì,» disse tra sé. «Ma ogni pietra ricorderà ciò che siamo stati.»

La campana che avevano fuso con il ferro trovato tra le rovine suonò per la prima volta.

Il suono non era puro: vibrava, incrinato, ma riempì la valle.

Sembrava la voce di un mondo che, nonostante tutto, voleva ancora respirare.

Serie: La memoria delle acque


Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Fantasy

Discussioni

  1. Mi piace molto questo capitolo perché parla di speranza e di forza nonostante tutto. Quando, anche dopo una grande perdita, le persone si uniscono, lavorano insieme e ricominciano da capo con coraggio. È un messaggio che mostra come si può sempre trovare la forza per costruire un futuro migliore. Il fuoco e il Sigillo sono simboli forti di vita e di volontà.