Il Battito della Farfalla – il dopo
Serie: Il Battito della Farfalla
- Episodio 1: Il Battito della Farfalla – il prima
- Episodio 2: Il Battito della Farfalla – il dopo
STAGIONE 1
La mattina seguente in ufficio trascorre distratta e disillusa, fino all’avvicinarsi della pausa pranzo, quando il mio telefono squilla, una chiamata da un numero che non ho in rubrica, del prefisso della mia città. Sono loro.
Disturbano? È un cattivo momento? Possono farmi qualche domanda?
«Certo che potete, nessun disturbo».
«…»
«No, non me lo ha riferito nessuno che steste cercando qualcuno, l’ho capito dalla descrizione dell’annuncio dell’agenzia interinale».
«…»
«Si, lo so, ma non volevo passare attraverso di loro, volevo un contatto diretto con voi».
«…»
«Naturalmente, capisco le vostre perplessità, ma queste non sono nozioni sconosciute per me, sto già aiutando l’ufficio amministrazione dove mi trovo adesso».
«…»
«Assolutamente sì, la posizione mi interessa eccome».
«…»
«Per me anche venerdì pomeriggio».
«…»
«Grazie a voi, a presto».
Devo arrivarci preparato a venerdì.
Nella mia vita ho sempre avuto la fortuna di essere circondato da persone di un certo livello. Non parlo di posizioni nella scala gerarchica sociale, alla quale non do alcun valore, parlo di caratura, parlo di persone a cui posso chiedere un aiuto, persone che ti danno una mano anche quando piove.
Ho deciso di disturbare due di queste, una che mi desse informazioni sull’azienda, l’altra che mi aiutasse ad arrivare pronto all’incontro. Entrambe si sono confermate degli amici e allo stesso tempo dei professionisti, fornendomi un servizio eccellente. Grazie.
Il colloquio lavorativo si svolge in una giornata freddissima di dicembre, una di quelle che non ti aspetti dalle nostre parti. Sono presenti lo Psicologo Aziendale, il Direttore Finanze e colui che sarà il riporto diretto della persona che assumeranno.
Mi piace fare colloqui, mi stimola, mi aiuta a scoprire lati del mio carattere che rimangono sopiti nella quotidianità. Non ne esco mai con rimpianti e recriminazioni personali, anche quando non vanno a buon fine. Quello che voglio far emergere emerge sempre, questo è il mio obiettivo e lo raggiungo sempre, do il meglio, il responso è meramente accessorio.
Il tutto si conclude più o meno in un’ora. Mi sarei aspettato che durasse un po’ di più, ma le cose non vanno sempre come le avevamo previste. La settimana prossima prenderanno una decisione.
Esco, fuori è buio pesto, e un sottile strato di brina accenna a depositarsi sullo specchietto retrovisore del mio scooter. Il motore parte alla prima. Grazie Donato. Devo fare benzina.
La settimana si rivela febbrile, carica di aspettative, rimbalza fra la positività e lo scoraggiamento come una pallina impazzita, fino a quando, giovedì sera, mi risveglio al suono ovattato del mio telefono che vibra sul tavolino del treno che mi sta riportando a casa.
Sono loro. Si scusano per l’ora, il Direttore del Personale avrebbe piacere di incontrarmi in videoconferenza, se possibile l’indomani, una cosa breve.
Certamente, fissiamo l’appuntamento, che ricade esattamente all’ora in cui il mio treno arriva a destinazione. Non il massimo, ma non si può avere sempre tutto, Mick Jagger lo sa bene. In qualche modo farò. Riesco a strappare un posticipo di un quarto d’ora, che in una situazione del genere vale oro.
Corro a casa, ne parlo con mia moglie, studiamo la soluzione migliore, incastriamo i miei e i suoi impegni come una partita a Tetris, troviamo la quadra, lei andrà a lavorare in macchina e mi lascerà l’auto in stazione, io scenderò dal treno e farò il colloquio in macchina. Che fa molto uomochesiadattaadognisituazionenoncisonoproblemisolosoluzioni.
Ventiquattro ore per pensare, rimuginare, fantasticare, che passano in un lampo e allo stesso tempo non passano mai, ed eccomi di nuovo lì, su quel treno e su quei sedili che ormai hanno la mia forma. Che ritorno verso casa. Che corro incontro alla mia occasione. Che percepisco un evidente, imprevisto, deprecabile rallentamento. Che mi fermo in galleria, ad un passo dalla meta, senza che i vagoni accennino alcun movimento. Urla disperate nella mia mente, gelo sul mio volto. Dieci minuti di terrore, così, senza ragione, senza spiegazioni, senza un controllore che passi su cui poter riversare tutta la mia frustrazione, in cui mi maledico per non aver approfondito le teorie sulla telecinesi, poi un debole accenno di ripartenza. Fottuta trenitalia (si, con la t minuscola, è così che ti manifesto tutto il mio disprezzo, ora prova a dormirci su alla notte se ne sei capace), non riuscirai ad avere la meglio sulla mia vita.
Sfrutto quello 0,7 di campo che ho sul telefono, li chiamo e mi mangio la mia zolla fumante di letame. Scusatemi, sono in mezzo a due stazioni, ma sto arrivando, datemi altri 5 minuti.
Finalmente arrivo, scendo come un fulmine dalla carrozza 4 e mi precipito giù per le scale del sottopasso per arrivare al parcheggio dietro alla stazione. Quella santa donna di mia moglie, che gioca sempre nella mia squadra, mi ha anche mandato una foto per farmi vedere dove aveva lasciato l’auto, così da andare a colpo sicuro.
Zaino, ombrello, giaccone pesante intralciano la mia corsa. Rallenta, non ci arrivare con un enfisema polmonare, altrimenti non ti capiscono nemmeno quando saluti. Giusto, giusto. Riprendo fiato, mi tolgo quello che posso, ed entro in macchina.
Mi collego, sorpresona di benvenuto, ci sono tutti tutti ad aspettarmi, anche i due leocorni. Ma io non mi faccio cogliere impreparato, e in quella macchina, al freddo, a domanda rispondo, come una mitragliatrice, pungo come un’ape e volo come una farfalla, schivo pallottole come Remo Williams.
E alla fine va cazzo, e scusate il francesismo, me lo concedo da solo come licenza poetica dopo tutta questa corsa.
Questo è tutto, nessun finale a sorpresa, nessun colpo di scena, mi spiace se vi ho delusi.
Domani comincio, domani è un giorno nuovo.
Buon Natale a tutti!
Ah, ricordate il concorrente di colore? Ha passato le selezioni. Grazie Mary.
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Bravo Roberto, un bellissimo stralcio di vita vera. Un racconto dalla narrazione veloce, ottimi i dialoghi. Soprattutto un racconto motivazionale per chi, come me comincia in questo anno un nuovo lavoro. Hai descritto benissimo ansie e aspettative, il voler dare il massimo pur sapendo di non essere all’altezza e poi non stancarsi mai di studiare. Quanta fatica quando non si è più giovanissimi. Sto leggendo poco qui su Open rispetto al mio solito, ma stamattina sono felice di essermi imbattuta in veri gioielli, tra cui il tuo. D’impatto, ha vinto il titolo. Bravissimo
La stesura di questo racconto e quello che c’è dietro hanno avuto su di me e sulla mia vita un impatto che è difficile da esprimere a parole, ho davvero voltato pagina.
Direi con certezza che, dopo un complimento come il tuo, non ci sia modo migliore di iniziare il nuovo anno. Grazie.
Credo che quando raccontiamo di noi, vinciamo sempre
“Quello che voglio far emergere emerge sempre, questo è il mio obiettivo e lo raggiungo sempre, do il meglio, il responso è meramente accessorio.”
Grazie😃
Remo Williams! Ah! Ora mi tocca rivedere il film che hai ripescato da un ricordo antico che ero ancora nell’incubatrice neonatale con l’omogeneizzato al pop-corn. Bellissimo racconto, avvincente e coinvolgente. Grande Roberto!
Sapevo che in qualcuno avrei rievocato antiche memorie 😂. Grazie Emiliano!
Questa storia profuma di speranza e positività. Grazie. È un po’ come quelle commedie che appunto, si vedono in TV in questo periodo dell’ anno.
Grazie Rita, e pensa che è una storia vera. Talmente vera che quando l’ho scritta ero sicuro nessuno mi avrebbe creduto, per lo meno sono a quando non lo avessero visto coi loro occhi. È stata anche l’inizio di una tradizione, quella del racconto di Natale per gli amici. E pensare che, come ho già detto, non mi piacciono i talent show
A proposito di critiche… Ma sempre amichevoli e molto soggettive: io continuo a preferire il passato narrativo al presente.
Grazie per i commenti Giancarlo. E come promesso ti spiego il motivo del presente. Un po’ è un effetto di coinvolgimento e immedesimazione che ho cercato di dare. Un po’ è l’effetto “raga vi racconto sta cosa davanti a una birra”, come dicevi tu, perché è stato il mio modo per dire ai miei amici che avrei cambiato lavoro. Ho scritto questo racconto due Natali fa, l’ho stampato e col favore delle tenebre l’ho infilato di notte nella cassetta della posta di ognuno di loro. Una bella sensazione, un po’ come un Babbo Natale egoriferito. E un cazzo di freddo 😂!
Tanta tensione, alimentata da quell’eterno presente indicativo solo ogni tanto supportato da uno sporadico passato prossimo. Tanta tensione che sale strategicamente fino a sfociare in un bel lieto fine, seguito da un brillante looping che ci riporta alla domanda lasciata in sospeso nel primo episodio.
Bravo
Bello questo finale! La corsa in treno, l’ansia, e l’ironia per stemperare la situazione sono perfette da far sorridere ma senza dimenticare la tensione del momento. Un po’ troppo frettoloso il finale e il colloquio, mi sarebbe piaciuto leggere di più. Ci saranno altri episodi?
Ti ringrazio per i commenti, soprattutto per quelli più critici. A volte ho l’impressione che si abbia quasi timore a farli, quando in realtà sono quelli che aiutano a mettersi in discussione.
No, questa storia termina qui.
“uomochesiadattaadognisituazionenoncisonoproblemisolosoluzioni.”
È un po’ scomodo da leggere, ti posso suggerire di mettere tutto staccato tra virgolette?
Ciao Carlo, è una scelta consapevole, che vuole ironicamente coniare in un unico vocabolo la definizione di una personalità ipotetica; ma che paga certo il prezzo di una scomodità di lettura.