Il Caffè
Il tavolo era posto proprio davanti a una grande vetrata che dava sulla via del centro di Parigi.
L’arredo e il tempo uggioso rendevano l’atmosfera da caffè della Belle Époque.
Eravamo seduti così, davanti a due caffè.
“Perché mi vuoi bene?”
“Perché ti voglio bene e basta, non deve esserci necessariamente un motivo.”
“Io lo so perché ti voglio bene… c’è sempre un motivo.”
“E perché?”
Rimango un attimo in silenzio in modo da scegliere bene le parole.
“Perché mi piaci, cioè sei tutte quelle cose che sai che ti mancano ma poi lo capisci solo quando incontri due occhi come i tuoi. Perché sei passione, anche se fai di tutto per nasconderlo, perché sei tu con la tua presenza e con la tua assenza a fare la differenza nei miei pensieri.”
Rimane un po’ in silenzio mentre con le mani sfiora la tazza del caffè come a riflettere sulle parole, forse sul suo destino.
Si gira, mi guarda con la testa leggermente inclinata a far cadere i capelli di lato.
“Ti voglio bene ma io e te siamo l’effetto collaterale dell’amore.”
Torna a giocare con la tazza tra le dita, mi sfugge con lo sguardo come a volersi proteggere ma non da me; direi più da se stessa.
La pioggia ora batte violenta sulla vetrata e deforma tutte le immagini, trasformando la realtà in figure che si confondono tra di loro.
Mi alzo, pago i caffè e aspetto che si infili la giacca mentre prende alla rinfusa le sue cose sparse sul tavolino.
Mi guarda, sorride e capisco che vuole l’abbraccio non un abbraccio qualsiasi ma l’abbraccio quello che senza parlare le fa sentire che andrà tutto bene.
Siamo fuori dal locale, corriamo verso la macchina sotto la pioggia lei corre e ride. All’improvviso si ferma, mi abbraccia forte, mi bacia.
Nel frattempo ci bagniamo, i suoi capelli inzuppati e la pioggia che scende sui nostri visi si confonde con le lacrime.
“Lo sai, vero? Lo sai che finirà.”
“Sì, ma non oggi. Oggi ho ritrovato un po’ di me stessa e non voglio perdermi questo momento.”
Ha smesso di piovere, c’è un arcobaleno nel cielo, una speranza nel cuore.
Avete messo Mi Piace1 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
La città oltre la vetrina del caffè è bella come lo è questo amore. Mutevole, senza certezze, il tempo che cambia improvvisamente. Così deve essere, credo. O almeno, così piace anche a me.
Il porsi limiti è solamente una inutile costrizione, un benessere momentaneo e passeggero, tanto quanto lo è un acquazzone.
Molto bello 🙂
Mi è piaciuta l’atmosfera del racconto, semplice e intensa allo stesso tempo. Si sente bene il non detto tra i due personaggi, e quei piccoli gesti come il toccare la tazza o la corsa sotto la pioggia rendono tutto molto vero. Bello anche il finale con l’arcobaleno, senza forzature.