Il cancello che non porta a niente
Serie: A piedi controcorrente - Cronache semiserie di un fuggitivo pandemico -
- Episodio 1: Il primo passo è il più scemo
- Episodio 2: Animali in gabbia e pellegrini smarriti
- Episodio 3: Il cielo dietro gli abeti
- Episodio 4: Il portone socchiuso
- Episodio 5: Venti Centimetri di Cielo
- Episodio 6: Risveglio e nuove luci
- Episodio 7: Gli Dei contro di me (spoiler: ho vinto io)
- Episodio 8: Il cancello che non porta a niente
STAGIONE 1
Ero ai piedi di una salita e intorno a me c’era solo campagna. I campi erano incolti, con l’erba alta e qualche fiore selvatico che si piegava ancora sotto le gocce residue della pioggia. L’aria era fresca e pulita, e il cielo si stava aprendo in un azzurro tenue, punteggiato da nuvole bianche che si rincorrevano lente.
Mi sedetti su una pietra piatta ai bordi della strada sterrata, appoggiando lo zaino accanto a me. Il terreno era morbido e umido, e il profumo della terra bagnata si mescolava a quello delle erbe selvatiche. Il silenzio era rotto solo dal canto di qualche uccello e dal fruscio leggero del vento tra le foglie.
Presi un respiro profondo, cercando di assaporare quel momento di pausa. Il peso dello zaino si faceva sentire, ma lo spirito si rinvigoriva. Guardavo la salita davanti a me, consapevole che sarebbe stata dura, ma anche che ogni passo sarebbe stato una conquista.
Mentre sistemavo il telo impermeabile sopra lo zaino, sentivo il sole scaldare la pelle ancora bagnata. Era come se la natura stessa mi incoraggiasse a proseguire. Quel luogo, semplice e silenzioso, sembrava un piccolo rifugio nel mezzo della fatica: un respiro prima della prossima sfida.
Dopo qualche minuto mi rimisi in piedi, strinsi le cinghie e iniziai a salire. Ogni passo era un piccolo trionfo. La strada, vista da sotto, era una serie di curve che seguivano i bordi delle colline. Per un attimo mi sembrò di essere finito in una scena del Signore degli Anelli: mi aspettavo Frodo che usciva dalla sua casa sotto la collina per indicarmi la via. E, a essere onesti, un Gandalf che mi alleggerisse la salita con un incantesimo non mi sarebbe dispiaciuto. Ma niente stregoni. Solo le mie gambe. Quindi via, passo dopo passo.
La salita sembrava non finire mai. E, per come la ricordavo in quel momento, non c’era nemmeno un albero, una siepe… niente che offrisse un minimo di riparo. Il sole di fine primavera picchiava come se fossi nel deserto del Niagara, pur non essendoci mai stato. Ero ancora mezzo fradicio; lo zaino, grazie al sole, si stava asciugando così in fretta che, se mi fossi girato, avrei probabilmente visto una nuvola di vapore salire verso il cielo. Non mi voltai — troppa fatica — ma sono certo che quella nuvola ci fosse. Almeno nella mia testa.
Per un attimo pensai di riprovare la “magia” di quella mattina: una bestemmia e, puff, arrivava la pioggia a rinfrescarmi. Ma era troppo presto per giocarmi il jolly meteorologico, così lasciai perdere.
Poi, all’improvviso, senza bisogno di jolly, apparve qualcosa dietro una curva: un muretto di pietra con una pianta di rose. A ogni passo se ne aggiungeva un’altra. La distanza tra le piante era troppo precisa per essere naturale. Anche il muretto, con l’estremità alta in mattoni, era troppo ordinato per essere opera della natura. E quando comparvero la rete metallica verde e la siepe d’alloro, capii: portavano a un cancello.
Le gambe erano stremate e, anche se lo zaino ormai asciutto doveva pesare meno, sentivo comunque il suo peso sulle spalle. I bastoncini non sembravano aiutare più di tanto. Ma la vista di quel cancello mi diede una piccola speranza: oltre ci sarebbe stata una casa, qualcuno che magari avrebbe avuto un bicchiere d’acqua, o un’ombra, o qualsiasi cosa che nemmeno io sapevo di volere.
Arrivato davanti, però, scoprii che oltre il cancello c’era solo una strada costeggiata da pini che portava… al nulla.
Per un attimo pensai: «Ecco. Questo è il motivo per cui sei partito. La risposta che cercavi: niente.»
Mi fermai a riflettere. Quel cancello, spuntato dal nulla lungo una salita infinita, rappresentava perfettamente il mio viaggio fino a quel momento: dove cazzo stavo andando? E soprattutto: perché?
Seguii la strada con lo sguardo, la vidi restringersi insieme ai pini, sempre più piccoli. Nessuna risposta.
Poi un uccellino — non so di che specie, non ne capisco — mi passò davanti agli occhi. Il suo volo libero mi distrasse dallo smarrimento.
Lo seguii con lo sguardo. E in quel momento capii.
Alla destra del cancello, nascosta tra le siepi d’alloro, c’era una fessura. Mi affacciai e, finalmente, trovai l’ombra che cercavo da ore. Da lì partiva un’altra strada.
Serie: A piedi controcorrente - Cronache semiserie di un fuggitivo pandemico -
- Episodio 1: Il primo passo è il più scemo
- Episodio 2: Animali in gabbia e pellegrini smarriti
- Episodio 3: Il cielo dietro gli abeti
- Episodio 4: Il portone socchiuso
- Episodio 5: Venti Centimetri di Cielo
- Episodio 6: Risveglio e nuove luci
- Episodio 7: Gli Dei contro di me (spoiler: ho vinto io)
- Episodio 8: Il cancello che non porta a niente
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