
Il cellulare nuovo
Serie: Chat
- Episodio 1: Il cellulare nuovo
- Episodio 2: Dove sei Matteo
STAGIONE 1
Avevo il cellulare da meno di un mese, la prima volta che lui mi ha contattato. Imploravo quell’acquisto già da un annetto, ma i miei genitori non ne avevano mai voluto sapere.
Il leit-motiv era: “Sei troppo giovane.”
Sicuramente sarà capitato anche a voi, a dodici anni, di dover fare l’orecchio a questa musica.
Il risultato fu, naturalmente, che ogni giorno, più volte al giorno, la mia mente prendeva il sentiero del modello che avrei acquistato, di tutte le fantastiche opzioni, dei gadgets…
Alla fine, poco prima del mio tredicesimo compleanno, papà si è arreso. L’ho trascinato in un negozio, ho acquistato l’ambito modello, che lui – sia detto a suo onore – ha pagato senza fiatare, nonostante il prezzo fosse sinceramente imbarazzante. Si trattava comunque della metà di quello che avrebbe dovuto essere, per via che era un rigenerato, non un originale.
Ma non me ne fregava nulla, tanto nessuno l’avrebbe mai saputo.
Quel giorno per me ha avuto inizio una nuova vita. Molti dicono che il telefonino fa perdere la fantasia, ma secondo me non è vero. Semmai, le fa prendere un’altra direzione.
Verso cose che, senza, non avresti mai potuto raggiungere.
La prima volta che mi ha contattato, avevo appena riacceso il telefono dopo essere uscita da scuola. Giocherellavo in un gruppo whatsapp di compagni di scuola. Facevamo battute che cominciavano in un messaggio e finivano tre messaggi dopo. All’inizio avevo faticato un po’ a stare al passo con il ritmo degli invii: le mie risposte arrivavano un po’ troppo lente, di solito gli altri avevano già cambiato argomento… Era come essere quella che arriva ansimando alla fine del percorso proprio mentre gli altri si preparano a tornare indietro.
Poi però la mia migliore amica mi ha suggerito di evitare di leggere tutto, concentrandomi solo sulle parole chiave. Facendo così, ho trovato presto un mio ritmo. Non è male, anche se certe volte scoppiano delle liti, proprio per via del fatto che nessuno ha la pazienza di aspettare di aver capito, prima di rispondere…
Vabbè, non è mica una novità.
Litigavamo anche prima di avere i cellulari, o no?
Mentre alzavo gli occhi allo schermo della TV, che pubblicizzava un nuovo shampoo promettendo miracoli non meglio precisati (ma in compenso sottolineati dalla scintillante chioma della modella) è arrivato un messaggio.
“Ciao chi sei”
Per un attimo ho sentito come se un’ombra fredda mi avesse avvolto.
Non era uno di noi. Il suo avatar era la sagoma vuota di un essere umano, come se non avesse ancora scelto una foto-immagine.
Eravamo stati ammoniti cento volte, anche a scuola, sulla presenza in rete di pericolosi soggetti, che usavano le chat per adescare ragazzini come noi.
Il verbo era intrigante. Adescare. A quel punto, però, i discorsi degli adulti si arenavano come balene spiaggiate.
Mi sentivo come Cappuccetto Rosso, spedita nel Bosco senza consigli, se non il trionfale:
“Non parlare con il Lupo!”
Cosa volessero, questi lupi, come fossero fatti, e perché, tra tante cose al mondo, si fossero fissati proprio sull’adescare ragazzini nelle chat… L’ho già detto, mistero assoluto.
Certo, tra noi facevamo ipotesi. Ma era come viaggiare al buio.
Per questo, quando ho visto che uno sconosciuto, per di più anonimo, veleggiava a testa alta nella chat di classe, il mio primo istinto è stato di chiamare subito un adulto.
Ma il grido mi si è strozzato in gola.
Cavolo, e se mi avessero sequestrato il telefono?
Una volta, Carla era stata inseguita da un ragazzo più grande di lei fin sotto casa, lei si era spaventata e l’aveva raccontato a sua madre. Risultato: non aveva potuto uscire da sola per mesi!
Come se fosse colpa sua!
Invece di urlare, ho digitato cautamente:
“Sono Stella tu come ti chiami”
Qualche secondo, poi:
“Matteo”
Mi sono presa qualche secondo, poi ho buttato lì:
“Non sei della classe come sei entrato in questa chat”
Mi è sembrato quasi di sentirlo ridacchiare.
“Non è stato difficile cosa stai facendo”
“Secondo te guardo il telefono scemo”
“Anche io ci si annoia eh”
Non ci avevo mai pensato a quel modo. A me il telefono sembra il paradiso, però in fondo sì: spesso mi metto a guardare cose che non m’interessano per niente, solo perché scorrono sullo schermo del telefono.
Sembra meno da scemi che leggere un libro; e poi, puoi passare da una cosa all’altra senza metterci troppa attenzione.
Se ci provi con una storia, scopri che non ci capisci niente, se non stai proprio attento. Che pizza.
“dai facciamo qualcosa usciamo”
Mi si sono drizzati i capelli in testa, però di nuovo non ho chiamato nessuno. Stavolta ho pensato che avrebbero voluto vedere la conversazione, così mi avrebbero sgridato per essermi spinta tanto avanti, per non averli avvertiti subito… No, le soluzioni possibili erano solo due: potevo sganciarmi, oppure potevo continuare.
Non mi sono sganciata, ovviamente. Altrimenti non sarei qui a raccontarvi la mia storia; che è un po’ pazzesca, e fa anche paura, ma insomma.
Se vi state chiedendo il perché, non saprei dirlo. Anche la psicologa, una volta, me l’ha chiesto.
Mi ha detto:
“Ti rendi conto che non sarebbe successo niente di tutto quello che è successo, se tu ti fossi rivolta subito ad un adulto?”
Con il senno di poi, certo che mi rendo conto. Grazie tante, eh.
Insomma, se devo dire proprio la verità, tutto quello che è successo è sempre meglio del nulla che succedeva prima.
Ecco perché, credo, gli ho chiesto:
“Dove ci vediamo”
Una pausa, come se ci stesse riflettendo. Poi:
“Davanti alla chiesa di Sant’Agostino”
“Abiti lì”
“Tipo”
“Tra un’oretta ok”
“Ok a dopo”
Serie: Chat
- Episodio 1: Il cellulare nuovo
- Episodio 2: Dove sei Matteo
“uel giorno per me ha avuto inizio una nuova vita. Molti dicono che il telefonino fa perdere la fantasia, ma secondo me non è vero. Semmai, le fa prendere un’altra direzione.Verso cose che, senza, non avresti mai potuto raggiungere. “
❤️ 👏
Non ho capito se scriverai un seguito o meno, ma anche così com’è riesce ad avere un senso compiuto. Immagino però che a quell’appuntamento ci sarà andata (lo desumo dalla comparsa della psicologa). È scritto in maniera eccellente, fluido quanto mai. C’è qualcosa di irresistibile nel sentirsi contattare da uno sconosciuto, che sia lupo o agnello. Irresistibile come la paura e il desiderio di vedere cosa c’è dietro l’angolo col cuore che accelera.
“ma va, così non era sospeso, era orrendo!! XD XD”
Dissento picchiando i pugni sul tavolo. Ci sarebbe stato (mi è tornata la vista)
neanche la madonna di lourdes XD
Ti ho letta all’ultimo secondo disponibile, poco prima che mi dilatassero le pupille e non potessi vedere più niente (infatti non mi ci metto nemmeno a rileggere questo commento prima di inviarlo😂), e devo dire che mai tempo fu sfruttato meglio, l’ultima sigaretta prima della fine. Grazie 😅
“per via che era un rigenerato, non un originale.”
Qua viene fuori tutto il tuo talento, buttando giù una frase come l’avesse scritta un quasi tredicenne👏
ne frequento tanti e li amo tutti, non è stata una fatica… 🙂
“Cavolo, e se mi avessero sequestrato il telefono?Una volta, Carla era stata inseguita da un ragazzo più grande di lei fin sotto casa, lei si era spaventata e l’aveva raccontato a sua madre. Risultato: non aveva potuto uscire da sola per mesi!”
Questo rappresenta in pieno la psicologia della maggioranza degli adolescenti secondo me… o almeno io mi rivedo ragazzina fare ragionamenti molto simili. Spesso gli adulti ci sembravano troppo drastici, troppo esagerati… non ci rendevamo conto che era il mondo intorno a noi che richiedeva quel tipo di cautela. Questo racconto è davvero ben scritto, pochi arzigogolii come è giusto che sia per una situazione che ti lascia col fiato sospeso… per chi come noi sta tifando per questa ragazzina, che faccia la scelta giusta… ma che temo non abbia fatto in tempo.
grazie, staremo a vedere come ne esce 🙂
Brava Sara, per più motivi.
Sei riuscita a ricreare in maniera convincente il linguaggio non proprio corretto degli adolescenti.
Hai messo a fuoco alcuni particolari: le conversazioni via chat prive di ogni punteggiatura; la frenesia che appare in “evitare di leggere tutto…”; il passare da una cosa all’altra senza metterci attenzione.
Hai puntato il dito velatamente sulla mentalità distorta di chi vede nella vittima anche un colpevole (l’amica che non uscì più di casa per mesi).
Ipotizzo che anche quel “sarà capitato anche a voi, a dodici anni…” faccia parte del calarsi nella parte, dato che a molti frequentatori di questa piattaforma sicuramente non è capitato per motivi anagrafici 🙂
Ho capito che è l’inizio di una serie, però anche come finale aperto non è male.
“Molti dicono che il telefonino fa perdere la fantasia, ma secondo me non è vero. Semmai, le fa prendere un’altra direzion”
A mio parere si tratta di una frase azzeccata e che mi trova d’accordo nel suo significato. Demonizzare a prescindere è, purtroppo, segno di ignoranza, qualsiasi cosa si decida di demonizzare. Il racconto ha un ottimo ritmo, sostenuto da dialoghi ben riusciti. L’unico piccolo consiglio che mi piacerebbe darti, e lo puoi buttare nel cestino se vuoi, è quello di lasciar parlare di più la tua ragazzina, di lasciarla più libera. Secondo me ha molto da raccontare e lo vuole fare con il suo linguaggio che non ha briglie, proprio perché lei è una ragazzina. Aspetto con ansia di sapere cosa succede.
seeeee… se ce la faccio a sistemarla come serie…..
Cristiana, sono d’accordo con te sul fatto di non demonizzare. il problema però nasce quando ti accorgi che, a furia di non demonizzare, non hai più neanche il diritto di dire come la pensi. ad esempio è innegabile che per chi è cresciuto dentro il meccanismo delle chat e non ha mai conosciuto un mondo diverso il linguaggio è più povero, più ripetitivo… e non nel senso di più efficace e mirato, purtroppo. impoverire il linguaggio significa impoverire il pensiero, perchè come le pensi, le cose, se non hanno neanche più un nome?
anche di questo bisognerebbe parlare, secondo me. ci stanno rubando le parole, e noi lo permettiamo perchè ci costa meno fatica parlare come dei trogloditi e sperare che gli altri capiscano…
Per fortuna che, leggendo la tua risposta a Dea, ho letto che, in realtà, si tratta di una serie, perché mi stavo effettivamente chiedendo se si trattasse di un finale aperto o se ci fosse dell’altro dietro le quinte. 😁
Molto bello e significativo. Aspetto la continuazione. 👌
sì sempre sto problema della creazione della serie….
Mi è molto piaciuto come tu abbia preso il “terrore” di ogni genitore e ce lo abbia raccontato attraverso gli occhi dei diretti interessati, cioè ragazzina e adescatore (concordo, nome intrigante).
In realtà poi, ci ho visto anche un meccanismo universale, che va al di là dell’età o della posizione sociale.
Perché mille volte ci mettono (e mettiamo) in guardia e mille volte no, non ci si ferma. Bravissima a farci intuire il perché. Mi è piaciuto, complimenti.
grazie, ma io spero che sia chiaro che continua… mannaggia alla creazione della serie, adesso ci riprovo! 🙁
Ma infatti avevo avuto l’impressione…pensavo avessi volutamente creato un finale sospeso😅
ma va, così non era sospeso, era orrendo!! XD XD
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credimi: non faccio altro da mesi 🙁
“Ti rendi conto che non sarebbe successo niente di tutto quello che è successo, se tu ti fossi rivolta subito ad un adulto?””
Sempre sul pezzo gli addetti ai lavori😂