Il chiusino infernale

Sempre la solita storia: faccio la doccia e l’acqua non scende, lo scarico si blocca e mi tocca infilare la mano nelle viscere della piletta ed estrarre un ammasso di peli e capelli che neanche King Kong.
È cosí che venne l’illuminazione a Darwin. Aveva appena finito di sciacquarsi che… BAM! acqua alle caviglie e doccia intasata. Tira fuori un gomitolo di peluria e… cazzo! ovvio che discendiamo dalle scimmie!

Non accadeva da un po’ di settimane.
Solitamente era Silvia, la mia fidanzata, ad eseguire questa schifosa operazione chirurgica. Non perché i capelli fossero i suoi, tutt’altro. Ero io quello con l’incolta chioma. Ma a me faceva ribrezzo, e comunque un po’ di ristagno era nulla paragonato a quell’intervento da film dell’orrore. E poi, vatti a piegare: la pigrizia era insormontabile.

Chissá se ne era al corrente.
Beh, ha sempre saputo che la fiacca ricopriva le mie giornate di uno strato di polvere, di quello che vedi sul pavimento in controluce se non pulisci da settimane.
Ma chissà se Silvia, la mia ex-fidanzata, era consapevole di essere la sola a sturare la doccia.

Fatto sta che se ne è andata.
Non come questi capelli che invece, di andarsene, non ne vogliono proprio sapere.
L’acqua sale. Il livello raggiunge l’orlo.
May-day! May-day!

Ok, bando alle ciance.
Mi piego.

Apro il chiusino. Indice e pollice pronti a prelevare il materiale intoccabile.
Inizia l’estrazione di quelli che, in fondo, non sono altro che i miei capelli rossicci incrostati di shampoo all’aloe vera, una volta dolce e delicato, ma ormai collante di residui tossici.
Tiro, e i capelli si allungano.
Un dito di capelli.
Due dita.
Quattro dita.
Sembrano non finire mai.
Tiro, tiro, tiro e tiro cosí forte da cascare all’indietro e sbattere contro il box di questa minuscola doccia del cazzo che mannaggia la puttana non me ne va mai una giusta!
Ma i capelli non sono finiti, anzi, stanno come… prendendo vita!

Una massa informe di peluria emerge da quel minuscolo buco e si lancia contro di me. Mi avvolge, come un cobra avvolge la sua preda. Mi risucchia dietro di sé. Respiro ormai a fatica e dimenarsi non serve a nulla se non a rendere la presa ancora piú stretta e soffocante.

Sono loro.
Sono cibo per i miei capelli.
Bottino della mia noia, schiavo di me stesso e della mia pigrizia che mi tiene lontano dal barbiere e che mi ha portato via Silvia.

Sprofondo nel chiusino, in un buio infernale, ma che mi libera di tutto il dolore.

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