
IL CIELO DI NOTTE
Marta e Samuele si erano notati da subito, o meglio, si erano attratti come i poli opposti di una calamita. Lei al secondo anno di università, curiosa e aperta a tutte le esperienze che la vita le stava offrendo, senza eccezioni. Non poteva contare sul sostegno economico della famiglia e per questo aveva imparato a contare su se stessa. Aveva un bell’aspetto e non se ne faceva una colpa, anzi, spesso le porte si aprivano con maggiore facilità, la scelta si ampliava e giocare era più interessante.
Samuele, neo iscritto all’età di ventinove anni, jeans stretti e stivaletti alla caviglia. Un tipo anni ottanta, per intenderci, il cui arrivo aveva portato una ventata di novità nell’ambiente universitario. Conosceva il fatto suo e sapeva di piacere. Era piombato nelle vite degli altri studenti come un petardo scoppiato all’insaputa di chi non se lo aspetta. Aveva molto da insegnare a quel branco di ragazzini che pianificavano il loro futuro. Lui un pezzettino di futuro l’aveva visto e non gli era piaciuto. Cosa cercasse adesso nell’università non lo sapeva di preciso.
Fu presto circondato da molti colleghi che volentieri sedevano al suo tavolo in aula studio per chiacchierare della vita, argomento di cui era molto ferrato. Risultò da subito chiaro che gli piaceva stare al centro dell’attenzione, ma gli occhi, Samuele, li aveva messi su Marta e tutti lo avevano notato.
In pochi giorni Marta e Samuele si erano ritrovati a cercare gli angoli nascosti di quell’edificio antico nel centro della città, prediligendo i dipartimenti poco frequentati. L’odore del vecchiume si mescolava a quello della polvere e raramente intravedevi qualche professore o studente, volti anonimi risucchiati da un tempo passato.
Sedevano sui gradini delle scale poco illuminate da fioche lampadine, cercando un rifugio. Avevano parlato fra loro all’inizio, ma quel momento era durato poco. I baci di lui erano meglio delle parole, la sua lingua compiva lunghi e instancabili movimenti circolari nella bocca di Marta, e quando lei riaffiorava esausta da quel mare, doveva passare in bagno per riprendersi, sciacquarsi la faccia e sistemarsi i capelli. Dai baci alle mani ci avevano messo ancora meno, quelle andavano volentieri dappertutto e scavavano solchi nei jeans troppo stretti.
Sulle scale ci passavano buona parte della giornata e ogni tanto andavano a lezione o scendevano nelle aule studio da percorsi diversi, come due estranei.
«Sto perdendo la testa. Per colpa tua butto a puttane tutto il primo anno», erano le parole di Samuele.
Il loro rapporto era fatto di una sottile forma di violenza quotidiana esercitata a senso unico da un uomo verso la donna che scivolava inesorabilmente, ma consapevolmente in un isolamento sempre maggiore, allontanandosi dalle proprie amicizie e interessi.
Marta spesso non si presentava alle lezioni e nemmeno agli appuntamenti lavorativi perché lui, con la scusa di accompagnarla, la tratteneva poi nella macchina, ovunque fossero parcheggiati, anche ai lati delle strade trafficate della città e con le quattro frecce accese. Capitava di attirare l’attenzione di qualche passante curioso e il rischio di oltrepassare il limite era sempre dietro l’angolo.
Poi, il limite lei lo oltrepassò veramente e si lasciò trascinare in un vortice di esperienze che andavano oltre ciò che aveva sperimentato fino a poche settimane prima di incontrare Samuele. Non si spaventò, ma fu come se le avessero spento la luce.
Una mattina rientrando da un locale, come una secchiata d’acqua fredda sulla faccia, Samuele le chiese di sposarlo e lo fece con la stessa sicurezza con cui le aveva detto per la prima volta che voleva fare l’amore con lei.
«Sei completamente impazzito», fu la risposta di pancia. «E comunque per me il matrimonio è una cosa seria e non mi va che ci si scherzi sopra.» Marta sapeva, per una forma di educazione familiare, che non ci si sposa a ventun anni, con tutta la vita davanti e per giunta con uno che non puoi dire di conoscere abbastanza.
Poi, si prese un attimo di respiro e lo guardò negli occhi. Capì che non stava scherzando e tutto si fece complicato.
Marta tentò la fuga, ma si accorse di non avere dove scappare perché lui l’aveva così assorbita da farle terra bruciata attorno. Samuele, come un cane rabbioso, la braccava e cercava di trattenerla in tutti i modi. Fu un periodo molto doloroso e angosciante per entrambi. Marta cercava di allontanarsi, ma poi tornava sempre da lui perché non riusciva a rinunciare all’oscurità che condividevano. Il loro legame diventò una lotta corpo a corpo fino a quando sfiniti, si stancarono.
Una sera, davanti a una pizza, così come le aveva chiesto di sposarla, Samuele le disse che se lei non avesse accettato, lui lo avrebbe fatto comunque e con la prima di passaggio. Lei vide uno spiraglio di salvezza e pregò che, per quanto assurdo, ciò accadesse.
***
«E poi? Come è andata a finire?» Glielo stava chiedendo con il tono di chi si sentiva preso in giro.
«Se te lo raccontassi, comunque non ci crederesti, visto il tuo sarcasmo.» Rispose Marta all’uomo accanto a lei.
«E ci sei andata anche tu, a quel matrimonio?»
«Io no, ma alcuni nostri compagni di corso ci andarono. Mi dissero che lei era bella e alta e che indossava un completo bianco, giacca e pantaloni. Mi mostrarono una fotografia, ma gli sposi erano troppo lontani perché io potessi vederne i volti.»
«E ti dissero se lui fosse felice?»
«No, questo non me lo dissero e nemmeno lo chiesi. Non mi importava più. »
Ci fu un lunghissimo silenzio, in sottofondo Polly dei Nirvana.
«Perché sei qui seduta, adesso, a raccontarmi questa storia a cui credo poco, e non sono nemmeno sicuro di voler ascoltare?» Chiese Marco con una voce cupa e quasi atona. I suoi occhi erano socchiusi e fissavano la luce rossa dell’autoradio. Il ginocchio in movimento, preso da una specie di tic nervoso.
Sedevano in macchina, al buio, in una delle tante volte in cui lui la riaccompagnava a casa dopo una serata passata insieme. A volte le augurava la buonanotte con un bacio. A volte saliva da lei, ma il sesso era quasi sempre programmato, meglio se il giorno dopo non si fossero alzati troppo presto.
«Mi stai proponendo una convivenza, che è un passo importantissimo. Non lo farei mai senza rivelarti quella parte di me con la quale sono costretta a convivere.»
Lui non poteva credere a ciò che lei gli raccontava di sé. Marta era il suo raggio di sole, la donna perfetta a cui stava proponendo un primo passo verso un futuro insieme. Pensava a una famiglia con lei e anche ad avere figli, ma quella donna gettava via tutto in un modo così stupido. Seduti nella macchina, gli stava dicendo che lui l’aveva sopravvalutata e si era cucito addosso l’immagine di lei che più gli faceva comodo.
Marta abbozzò un debole tentativo di protesta: «Non ti è mai passato per il cervello il fatto che non siamo sempre neri o bianchi nella vita, ma che nel mezzo c’è un’infinita gamma di colori e sfumature? Ti sei aggrappato con troppa tenacia all’immagine che ti sei creato di me, basandoti su quello che ti piaceva sentirti raccontare.» Il segreto, pensava invece lei, è quello di saper ascoltare quando l’altro si mette a nudo. Esattamente ciò che non succedeva fra loro.
La chiusura di Marco nei suoi confronti era oramai palese e la sua mimica facciale non celava la tensione e, perché no? La profonda delusione. Era certo: lui era deluso e Marta non poteva fare nulla. Molte volte si era trovata sul punto di raccontare, ma aveva sempre vinto l’ipocrisia di entrambi, nascosta dietro alla paura di perdersi.
Marta capì che un’assurda e infondata gelosia si stava impadronendo di Marco e si rese conto che parlare era diventato inutile, anzi, peggiorava la situazione. La considerava sporca e non l’avrebbe più voluta accanto a sé.
Fra loro calò il silenzio e Marta si soffermò ad ascoltare la canzone in sottofondo lasciando che le parole la trasportassero indietro nell’abisso di quel momento della sua vita. Si rese conto che Samuele le mancava ancora, nonostante non avesse più saputo nulla di lui. Era parte di quel mondo che lei non desiderava cancellare e nemmeno rinnegare, piuttosto vi avrebbe guardato con compassione. Ciò che era successo, lo avevano voluto entrambi.
Marco scese dall’auto, le girò attorno e aprì lo sportello del passeggero. Senza mai guardarla, invitò Marta a scendere. Lei non disse nulla, fece come lui voleva e cominciò a camminare verso la fermata più vicina della metro. Timbrò il suo abbonamento e aspettò il primo treno, su cui salì, senza voltarsi.
Avete messo Mi Piace12 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Hai scritto un racconto denso di emozioni e carico di tensione psicologica. In bel ritratto delle dinamiche relazionali tossiche e della ricerca di libertà personale.
Due tematiche che mi stanno davvero a cuore e di cui mi piace parlare. Grazie Rocco
Bello, scorrevole. Personalmente la continua ripetizione dei nomi propri anche in frasi molto ravvicinate dopo un pò mi appesantisce lasciandomi desiderare altri appellativi. Che scrivi bene si vede lontano un miglio, in un modo o nell’altro però direi che la storia è molto semplice. Non succede nulla di che, nonostante l’arco temporale in cui tutto avviene è decisamente una lunga fase. Direi encefalogramma piuttosto piatto, nonostante dimostra che dimestichezza nello scrivere c’è n’è e non poca.
Grazie Loris, apprezzo come sempre e tantissimo le tue analisi molto precise e per nulla scontate. Mi fa sorridere la casualità per cui ti imbatti in miei racconti ‘datati’, diciamo quelli degli esordi. Poi, purtroppo, la piattaforma ne aggiorna la data nel caso in cui si decida di cambiare l’immagine. Un problema che ho più volte segnalato sperando che sistemino. Detto questo. Sono brevi racconti sperimentali, quando provi a metterti in gioco. Poi passa la famosa acqua sotto i ponti e tutto cambia. In ogni caso, queste occasioni mi danno l’opportunità di rileggermi e anche, a volte, sorridere un po’. Grazie ancora e una buona domenica☺️
Sono io che vado a ricercare i testi che più mi attirano, e si, immagino che i più recenti siano sicuramente più affinati. Grazie a te, a presto
È sempre e comunque un piacere. Bello è essere letti e gratificante ricevere un segno del passaggio. Ancora grazie.
“Aveva un bell’aspetto e non se ne faceva una colpa, anzi, spesso le porte si aprivano con maggiore facilità, la scelta si ampliava e giocare era più interessante.”
Mi ha fatto ridere, in maniera seria!
Perché dici che ti ha fatto ridere? 😅 Sai quante volte succede, purtroppo o per fortuna? Non sta a noi giudicare, solo raccontare. Grazie Giuseppe
Infatti ho aggiunto in maniera seria.
È scritto molto bene.
Grazie Andrea 🙂
Ci ho visto un pezzo della mia vita, mi ci sono immersa completamente e un sincero grazie è dovuto.
Scrittura molto lineare e coinvolgente!
Grazie Annalisa, è molto bello quando il lettore si sente coinvolto. Sono convinta che la scrittura, quando parte da dentro di noi e si basa sul proprio vissuto, sia quella che riesce ad abbracciare universalmente le persone.
Concordo!
Una scrittura pulita e coinvolgente capace di emozionare portando alla riflessione.
Ritmo veloce ma al tempo stesso delicato, perfetto per far immergere il lettore in questa finestra di umanità. Bravissima!
Cara Sara ti ringrazio. Si tratta in realtà di un vecchio racconto, magari un pochino ingenuo, che è stato erroneamente ridatato dalla piattaforma per aver cambiato l’immagine. In ogni caso, ti ringrazio moltissimo per il tuo apprezzamento che mi fa davvero piacere 😊
Concordo con Dea :).Mi è piaciuto il cambio improvviso anche se il modo narrativo iniziale non è messo in prima persona e il cambio risulta una vera e propria inversione a U
Grazie Giulio. Esatto, volevo passare in maniera brusca da un momento narrativo classico a un dialogo al presente che però fosse agganciato in maniera quasi ‘inesorabile’ a un passato che non si può cancellare. Grazie 😊
Un racconto ne bianco ne nero, ma fatto di sfumature e colori dai confini incetti, proprio come i rapporti, gli amori, il modo in cui non siamo mai ne giusti ne sbagliati, ma semplicemente umani.
Mi ha messo i brividi il tuo modo esatto di descrivere i meccanismi alla base dei due tipi di relazione, quella tossica e quella più sicura. Quel complicatissimo motivo per il quale a volte ti puoi sentire giusta nella relazione sbagliata e sbagliata nella relazione giusta.
E non temere la nostra oscurità, l’ essere fatti di luci e ombre. Bravissima.
Grazie Dea e grazie mille volte perché hai colto sfumature, perché hai visto oltre e perché hai capito che il mio intento non è mai quello di giudicare. Semplicemente capire, addentrarmi e rispettare, sempre, soprattutto quando parliamo della sfera dei sentimenti. Quel mondo tanto pasticciato e altrettanto meraviglioso. Un abbraccio
❤️
condividere un’ “oscurità” – come tu la definisci – è una condizione dello spirito che attrae come la forza di gravità. Il rapporto fra Marta e Samuele ne era impregnato e in questo stava il fascino di quella relazione. Può far paura, certo, e soprattutto può non essere gradito a chi cerca nell’altra, come Marco, una serenità che Marta non è in grado di donargli. Non tutti sanno accettare e comprendere: il gesto eloquente di aprire lo sportello e invitarla a scendere significa forse “mi hai deluso” ma senz’altro c’è di mezzo anche l’invidia per un’intensità di sentimento di cui Samuele sa di non poter essere il destinatario.
Grazie Francesca per aver dedicato il tempo della lettura a un mio ‘vecchio’ racconto. La frase ‘mi hai delusa’ calza a pennello nella testa di chi è calcolatore e vorrebbe avere lui il controllo. Io so che Marta si è sentita molto più libera fra le catene di un amore tossico piuttosto che sotto uno sguardo compiaciuto. Difficile sapere, difficile giudicare. Solo lei lo sa. Un abbraccio
Ciao Cristiana, eccomi qui dopo quelli che mi sembrano secoli. Il tuo racconto ha innescato una riflessione amara: alcune persone, particolarmente giudicanti, marchiano altre per ciò che hanno vissuto in passato. Nessuno è “sporco”, siamo il frutto delle nostre esperienze, positive e negative: purtroppo la parte più difficile e non attribuirsi da soli quello stigma.
Grazie Micol per aver fatto un salto indietro nel tempo leggendo uno forse dei primi racconti che pubblicavo su Open. Ho preso l’occasione e l’ho riletto anche io riscontrando in realtà molte ingenuità che però fanno parte di un cammino doveroso. In ogni caso il tema è purtroppo e come sempre attuale. La dipendenza, il sentirsi inadeguati e giudicati, quasi depennati. Grazie ancora per il tuo passaggio.
Cristiana, un bellissimo racconto, coinvolgente e molto riflessivo. La discussione finale, quando Marta fa quella riflessione sull’essere bianchi e neri ma grigi e di essere accettati anche per le esperienze più scomode che comunque c’hanno formato mi è piaciuta particolarmente. Anche la prima esperienza descritta, l’ho vissuta indirettamente. Non è così raro quello che accade, e per esperienza, noto che è molto più accentuata nelle ragazze ed è molto difficile uscirne o farsi aiutare. Molto molto interessante. Complimenti!
In effetti è più facile per noi lasciarci “ingabbiare” e a volte facciamo troppo per piacere agli altri. Il problema, spesso, è riuscire a fermarsi in tempo e uscirne fuori. Non facile 😞. Sono contenta che tu abbia apprezzato anche questo mio racconto un po’ cupo. Magari nel prossimo ci metto qualche colore. Grazie!
Purtroppo le relazioni di dipendenza nascono soprattutto fra persone irrisolte da entrambe le parti e possono avere due esiti: la condanna a ripetere all’infinito la stessa sequenza di errori o raggiungere una più alta consapevolezza di se stessi. Nel mezzo, una battaglia.
E veramente di battaglia si tratta, dove solitamente si perde in due. Poi si cresce e magari gli stessi errori non si compiono due volte. O almeno ci proviamo, per quanto siamo fallibili. Ti ringrazio per aver letto e lasciato un commento. Solitamente non sono così “buia” nel mio raccontare. Se avrai voglia di sbirciare fra i miei racconti, ti accorgerai che c’è anche molto colore e leggerezza. Io ti seguirò volentieri, perché sei proprio brava. Alla prossima lettura!
Un bel racconto sulla complessita` della donna, della difficolta` maschile di comprendere e penetrare davvero, fino in fondo, nella profondita` del suo essere, per poter cogliere ogni suo desiderio, aspirazione e sentimento, con tutte le sue volonta` (razionali e irrazionali), e contraddizioni, tipicamente femminili. Come cantava e ancora canta Fiorella Mannoia, “dolcemente complicate…” Marta siamo siamo tutte noi, che nella nostra complessita` possiamo trovare la nostra forza.
È proprio difficile, a volte, “staccarci” dall’altro per quanto ci sforziamo di raggiungere la nostra indipendenza e credo che questo valga in entrambi i sensi. Che poi noi siamo particolarmente complicate, questo è fuori discussione. Marta ha assaggiato le due estremità della mela, fortunatamente in mezzo c’è il frutto con le sue mille sfaccettature. Come ti ho già detto, nei tuoi commenti mi dai sempre modo di soffermarmi ulteriormente a riflettere. Grazie!
Due relazioni sciagurate, con due persone profondamente idealizzate e che si sono rivelate diverse, molto diverse dalle attese, e profondamente diverse fra di loro… ed un finale aperto, nel quale mi piace vedere quella corsa in metro come l’inizio di un percorso diverso per Marta, senza più cercare di indossare le vie degli altri. Bel racconto, Cristiana, brava !
Grazie Nyam, un racconto non facilissimo da confezionare. Il tema è sempre delicato e soprattutto ogni storia è personale. Quando ci sei dentro, gli occhi sono i tuoi e non sempre siamo bravi a usarli nel migliore dei modi.
Certi passi importanti vanno fatti per forza in maniera ponderata? A volte serve necessariamente, altre volte no. Forse dipende anche dal carattere, dalla capacità di accettare i compromessi e di mettersi in gioco. A mio parere non c’è una regola… io ho fatto fidanzamento, convivenza, figli e matrimonio tutto in due anni e mezzo 😀 L’argomento principale del racconto in ogni caso non è questo, ma la percezione del prossimo. Si, spesso accade che si veda il proprio o la propria partner con occhi diversi, accecati dall’innamoramento o dalla scarsa capacità di empatia. Quel “filtro” pero’ prima o poi cade…. Marco non è stato attento.
Bel racconto, mi è piaciuto.
Ti ringrazio Francesco per la sensibilità verso un tema che non è facile da digerire. Spesso non ci accorgiamo della maschera, nostra o dell’altro, e comunque, quando la maschera cade, bisogna che sotto ci sia qualcosa di solido, diversamente si perde.