
Il club degli Alleati
Serie: Tre anni in Nigeria
- Episodio 1: Famiglia unita
- Episodio 2: Nuovo anno, nuovo mondo
- Episodio 3: Gomma alla liquirizia
- Episodio 4: L’amore di una madre e il dovere di un figlio
- Episodio 5: Cuore tricolore
- Episodio 6: Mai fermarsi
- Episodio 7: Benvenuti in Nigeria
- Episodio 8: Comprendere
- Episodio 9: Coccodrilli e libellule
- Episodio 10: Il club degli Alleati
STAGIONE 1
Dal PC sulla scrivania arriva una vibrazione. Appena due secondi dopo altra vibrazione ed infine una terza. Che palle, quanto sono insistenti. Mi giro e attraverso camera mia per raggiungere il PC. Ecco. Lo sapevo, le mie sorelle hanno mandato talmente tanti trilli su Messenger che ora si è bloccato. Esco e rientro nell’applicazione e clicco sulla chat con quelle due ficcanaso. Con la scusa della lontananza sono fin troppo presenti adesso. Ci sentiamo tutti, e dico tutti, i giorni, anche se non succede niente di particolare. Beh, dipende dai punti di vista, la storia del coccodrillo per me non era niente di rilevante, l’hanno saputa da mamma e ovviamente mi hanno sgridato perché non gli ho raccontato nulla. Cosa dovevo dire? Ho fregato una pallina ad un coccodrillo. Fine. No, loro invece vogliono la descrizione di ogni singola azione.
«Come se fossimo lì con te.»
Quando non bastano le descrizioni, pretendono la Webcam. Questo è uno di quei momenti e motivo dei maledetti trilli su Messenger. Che sia maledetto chi ha inventato sti trilli.
Clicco sull’icona della telecamera e aspetto qualche secondo perché carichi.
Appena vedo la mia immagina allargo le braccia con la faccia sconsolata.
Le mie due sorelle si muovono a scatti ma, lì sedute, percepisco i loro pensieri attraverso quei sorrisi forzati: il mio costume è ridicolo.
Sono vestito da fantasma per la festa di Halloween di Tom. Non siamo riusciti a trovare niente e così mamma ha preso un vecchio telo più giallo che bianco, ha fatto i buchi per gli occhi ed ecco qua: sono Casper con la febbre gialla.
Le mie sorelle mi augurano una bella serata e mi ordinano di raccontare tutto in una e-mail appena arrivo. Per avere il video abbiamo dovuto rinunciare alla voce, meglio potersi vedere con la Webcam anche se è scomodo dover scrivere. Al telefono le sento una volta la settimana, più o meno. Alla fine, in questo modo, mi hanno pure fatto da babysitter alcune sere che mamma e papà erano impegnati in qualche ricevimento ufficiale.
Ancora un mese e mezzo e verranno qui per le vacanze di Natale, ma per il momento, mi tocca sopportare questi fastidiosi trilli.
Scendo al piano di sotto, ad aspettare che si preparino mamma e papà. È una festa per ragazzini, ma pur sempre un’occasione mondana per gli adulti. Proprio perché informale è perfetta per stringere contatti e papà, da quando ha imparato a giocare a golf e riesce a fare alcune buche con Neil, è entrato a pieno titolo tra gli Alleati, il ristretto cerchio magico degli addetti militari che ottengono le informazioni giuste. Papà però si lamenta che, nonostante i suoi sforzi, Roma è completamente indifferente o reagisce tardivamente ai suoi solleciti o alle sue proposte. Dell’Africa subsahariana, e in particolare della Nigeria, al governo italiano non importa niente.
Aspetto in uno dei divani del salone grande, vicino al tavolino con la scacchiera in marmo che ha regalato l’addetto militare brasiliano. Quasi tutte le sere io e papà giochiamo, ma con la sua vecchia scacchiera in legno che ha comprato in America tanti anni fa, prima che io nascessi. Gli scacchi sono il gioco di famiglia ormai, io sono la quarta generazione ad essermi appassionato. Il mondo della diplomazia è esattamente come una partita a scacchi, bisogna avere pazienza e alcune mosse daranno i propri frutti solo alla fine. Per papà, il governo italiano gioca a dama, ad essere gentili. Mamma e papà scendono, sono nervosi. Hanno litigato, è evidente. Da un po’ di tempo litigano spesso, ma è stato un periodo molto frenetico. La storia del coccodrillo ha fatto infuriare mamma.
«Siamo pronti?» chiede spazientito papà, controllando l’orologio.
«Non mettermi fretta, santo cielo, devo ancora mettere l’Autan» ribatte mamma tirando fuori lo spray antizanzare.
«Dai ma’! Quel coso puzza!» ribatto io.
Mamma alza un dito minaccioso.
«Ma stiamo al chiuso, non c’è pericolo!»
«E come vai in macchina? Forza, niente storie.»
Agguanta il mio costume e mi spruzza quel coso puzzolente su tutto il corpo. Mamma ha una paura incredibile della malaria quindi ogni volta che usciamo dopo il tramonto spruzza addosso litri di antizanzare.
«È il nostro profumo per tre anni, Eau d’Autan» ama ripetere in continuazione.
Quando poi ha ragione, diventa insopportabile, come questa sera. La festa non si svolge al chiuso come pensavamo, ma all’interno del compound americano, una piccola base che ospita la maggior parte dei funzionari dell’ambasciata statunitense.
Quando parcheggiamo vicino al luogo della festa, a bordo vasca della piscina olimpionica, noto che nessuno è mascherato. Faccio un respiro di sollievo e mi tolgo di dosso quel vecchio calzino. La maggior parte degli invitati sono americani e inglesi, ma anche alcuni europei amici di un cittadino delle precedenti nazionalità. Papà si mette subito al lavoro e attacca a parlare con un inglese sposato con una francese. Mamma non la sopporta, si veste in maniera troppo provocante e ha una certa fama che io non posso ancora capire ma che invece capisco, credo. Papà dice che è una donna molta allegra. Arriva April, la moglie di Neil, a salvare mamma e con una scusa la porta a vedere alcuni fiori. La francese sorride e finge di avere un imprevisto con i tacchi delle scarpe. Mi diverte vedere queste scene, soprattutto tra donne. Gli adulti sono veramente strani. Mentono tra loro così spudoratamente e fingono di non mentire mentendo a loro volta per ignorare il fatto che qualcuno gli abbia appena mentito. Scuoto la testa divertito e mi dirigo nel gazebo dove ci sono i tavolini con gli stuzzichini. Sono tutti a tema: piccoli hamburger a forma di zucca, biscotti a forma di mostri, pasticcini con glassa rossa ad imitare il sangue e tanto altro. Prendo un biscotto a forma di pipistrello e vengo raggiunto da Harry.
«Vieni, devo farti vedere una cosa» mi dice serio.
Addento un’ala del pipistrello poco convinto ma Harry insiste.
«Forza, è importante!» e mi prende un braccio.
Mastico quel biscotto troppo zuccherato mentre Harry mi guida lontano, usciamo dalla piscina e ci incamminiamo lungo una stradina buia a ridosso del muro esterno.
«Che succede?» sbraito io provando a liberarmi dalla presa di Harry, ma sono decisamente poco credibile con un mezzo pipistrello di zucchero in mano.
«Sssh, siamo quasi arrivati.»
Mi porta in un prato in mezzo ad alcuni alberi alti e con tronchi enormi. Altri tre ragazzi ci stanno aspettando.
«Eccoci» dice Harry, unendosi agli altri.
Tutti e quattro mi stanno esaminando. Deglutisco, un po’ impaurito, ma quel biscotto non era così male e mi si sta sciogliendo lo zucchero in mano così addento la testa del pipistrello.
«Pensi che sia pronto?» dice la figura al centro, più alta di tutti.
«Te l’ho detto, è uno forte, ha cacciato via i gemelli del male, Tom» ribatte Harry.
Un’altra figura si fa avanti, è Amber, ha un anno più di me ma siamo nella stessa classe di Matematica e Scienze. È intelligente e simpatica, ha il padre californiano e la madre nigeriana.
«Fidati Tom, lo conosco anch’io, è dei nostri.»
Tom sospira, e sbiascicando parole con la cadenza texana si rivolge all’altra figura.
Roman, il figlio dell’addetto militare rumeno, fa un passo avanti. Morde la testa di Frankenstein a biscotto e alza le spalle palesemente indifferente.
«Per me è okay.»
«Okay, siamo tutti d’accordo allora» conclude Tom avvicinandosi a me.
«Alex, ti vogliamo nel nostro club super-iper-segreto, il club degli Alleati» mi dice con tono maestoso e prendendomi le spalle.
Guardo gli altri ragazzi, Harry mi fa segno con il pollice alzato, Amber mi osserva con uno sguardo strano e Roman sta trangugiando l’occhio di Frankenstein.
«Okay» balbetto incerto.
Tom mi guarda poco soddisfatto.
«In questo club ci impegniamo a difenderci sempre l’un l’altro e a proteggere i più deboli dalle prepotenze dei bulli come i gemelli russi, come hai fatto tu con i fratelli Abdullah, ci stai?» mi ripete Tom con tono grave.
Ci penso qualche secondo e mi tornano alla mente le parole di papà il primo giorno di scuola.
Allungo la mano appiccicosa di zucchero.
«Sono dei vostri.»
Tom sorride finalmente e tutti gli altri mi circondano.
Sputano sul palmo della loro mano e la allungano in mezzo al cerchio, l’una sopra l’altra.
«Forza» mi incita Amber con un sorriso.
Mah, sporca per sporca, sputo sulla mano zuccherata e la metto in cima alla pila.
Sono un Alleato ora.
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- Episodio 10: Il club degli Alleati
Mi chiedo perchè una volta adulti si perda di vista ciò che è veramente importante ed i bambini sanno per istinto. W il club degli Alleati.
Eh, bella domanda. Il club degli Alleati è di fantasia anche se alcuni membri sono ispirati a ragazzi reali. Mi sono ispirato ovviamente al mio passato e alle mie esperienze, dove non ho mai conosciuto il bullismo, quello vero. A scuola, in piscina e in altre circostanze con ragazzi e ragazze di ogni provenienza e quartiere della città. Ricordo si facevano degli scherzi, qualcuno più pesante di altri e si aveva l’accortezza di chiedere scusa, ma in generale ho vissuto in un “club degli alleati”. Come si perda questa attitudine, è un mistero, anche se non la vedo così tragica. La pandemia e la guerra mi hanno fatto vedere una solidarietà che credevo estinta alla generazione dei miei nonni!
Condivido anche io il parere a proposito di una scrittura visiva, d’impatto, un “kino eye” in grado di dare un vero ritmo e slancio ai racconti, un ritmo che è dato anche da tratti ironici e dialoghi incalzanti. Ho letto con piacere.
Grazie David, detto da te che sei il maestro di una scrittura visiva è veramente una bella soddisfazione
È così bello questo capitolo e così ricco, che potrebbero essere adattato per la sceneggiatura di un film. Il divario fra adulti e ragazzi si sta facendo sempre più grande. Mi sa che questi adulti tutto parvenza ed etichetta sono destinati a fare da sfondo alle imprese di questi piccoli eroi. Bravo!
Grazie Cristiana! L’hai preso alla grande, è proprio una sceneggiatura! Quando scrivo di solito non ho mai nulla di dettagliato, decido solo a grandi linee quello che deve succedere poi parto a scrivere “visualizzandomi in testa un film” e semplicemente scrivendo quello che “vedo”. Sono contento ti stia piacendo questa serie, e si, i piccoli, anche un po’ imitando gli adulti, li stanno sicuramente oscurando!
Ciao Carlo, questo racconto denso di particolari zuccherini, mi sta stimolando un forte desiderio di dolce.
La lentezza naturale della vita in territorio d’ Africa porta la narrazione ad assumere il giusto ritmo slow, nelle lunghe giornate nigeriane trascorse dal protagonista. Come in un romanzo, la situazione si svela gradualmente, senza fretta, tenendoci in attesa di fatti sempre nuovi e sorprendenti. Leggendo dell’ incontro per formare l’ alleanza, mi e` tornato in mente I Ragazzi della Via Pal, pur essendo ambientato a Budapest, pubblicato all’ inizio del 900 e con una trama ben diversa. Ti auguro lo stesso successo con questa tua opera, che si prospetta lunga e ricca di temi su cui riflettere.
Grazie infinite Maria Luisa, ormai mi conosci, sai che me la prendo moooolto comoda 😂 ho letto i ragazzi della via Pal, bellissimo, spero di non deludere con i prossimi episodi! Un abbraccio