Il colloquio in garage

Serie: Squadra Operativa Eventi Insoliti


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Benny ha appena letto un annuncio di lavoro bizzarro dove si parla di Eventi Insoliti, che cosa saranno? In cosa consisterà questo lavoro?

«Benedict Busceglia dunque, perché si è candidato?» mi chiese Randall, era il suo il nome scritto nell’annuncio.

Era un signore alla mano che si stava palesemente sforzando di darmi del lei per suonare professionale, per quanto potesse esserlo all’interno di un garage fatiscente pieno di scartoffie e di computer impolverati. Decisi di rispondere sinceramente.

«Ho bisogno di soldi, e mi sembra un lavoro pagato bene.»

Ero divertito dalla personalità di quel vecchio così impegnato a dare un’immagine seria di sé, sembrava avesse un disperato bisogno di nuovo personale.

«Ah, vedo che le cose non le mandi a dire» disse sorpreso. «Hai almeno letto l’annuncio?»

«Certamente. E non vedo l’ora di iniziare, sembra un lavoro stimolante.»

Non sembrava perplesso nei miei confronti, anzi era incuriosito.

«Senti un po’ Benny…»

Mi ha già dato un soprannome?, pensai. Dov’è finita la professionalità? Mi sta prendendo per il culo o cosa? Le domande mi si accavallavano in testa una dopo l’altra. Probabilmente si tratta di un test, Immaginai.

«…il tuo desiderio è certamente comprensibile, ma sappi che se questa è la tua unica e sola motivazione, crollerai presto.»

Mi disse questa frase con una serietà disarmante, anche se non mi stava giudicando per quello che gli avevo detto. Soprattutto quel crollerai. Non poteva scegliere un altro termine meno grave?

Mi guardava fisso negli occhi come per cercare di capire di che pasta fossi fatto, aveva un’espressione che sembrava dire di aver vissuto cose che non potevo neanche lontanamente comprendere, infatti era così.

«…questo lavoro è una cosa seria, e cancella già qualsiasi aspettativa o speranza creatasi in quella tua testa bacata da buonannulla.»

Ok mi stava prendendo solo per il culo. Probabilmente feci un’espressione attonita che fece sorridere Randall, abbastanza sadico da gioire per la mia reazione spontanea.

«Ecco io…»

Non riuscivo a rispondere. Ecco che mi aveva già fatto capire chi comandava, nonostante il garage fatiscente, il contesto informale e tutto il resto, mentre io ero il coglione novellino che doveva capire in che guai aveva deciso di cacciarsi. Ora la sua espressione si era fatta più amichevole, e mi rilassai giusto un po’.

Nel frattempo la mia curiosità mi aveva già spinto ad osservare tutto quello strano garage pieno di oggetti bizzarri, libri, dossier e foto: in queste Randall prendeva sempre sotto braccio quelli che sembravano i colleghi. C’erano una ragazza bionda, un uomo nero muscoloso dall’aspetto gentile e una donna che vista la stazza poteva essere sua sorella se non fosse stato per il colore della pelle. Erano tutti così spontaneamente sorridenti.

Vidi un libro intitolato: “Piscologia degli Stravolti, sul trattamento del PTSD. Randall E. D.”

Bene, sono al cospetto di uno psicologo che mi sta già analizzando dalla testa ai piedi… ma almeno c’è una ragazza carina, pensai.

«Lo so, è carina. Non montarti la testa, se ci tieni a questo posto di lavoro.»

Ma che cazzo?, avevo dato un’occhiata troppo veloce per essere stato notato, e stavolta, potesse cadermi una tegola in testa in questo momento, non avevo fatto neanche espressioni facciali strane. Sarà solo protettivo, pensai.

L’anziano continuò: «Dimmi un po’ Benny, io capisco tutto di te, quindi non provare a dirmi cazzate, chiaro? Ora voglio sapere se sei in grado di resistere alla tentazione di scappare in situazioni pericolose, perché questo è proprio quello che non vogliamo succeda nel caso ci sia un’emergenza, capisci Benny?»

Mi venne in mente subito il mese appena prima, che mia madre decise di prendere un coltello e puntarselo alla gola dicendo che era tutta colpa mia se lei era così frustrata, senza lavoro e senza possibilità di avere una vita dignitosa. Tutta colpa mia. Era una sensazione normale ormai, intendo il senso di colpa per essere nato.

Nel momento esatto in cui stava per fare quella cosa, la presi per un polso e lei, per riflesso, mi scansò con una forza inaspettata tagliandomi l’avambraccio.

Dopo un momento di esitazione, mi coprii istintivamente la cicatrice con la mano sinistra, e mi preparai a rispondere al vecchio trattenendo in gola una palla da rugby emotiva.

«Cazzo… ne ero sicuro, non sei uno che scappa. Basta il fatto che sei ancora qui a parlare con me intorno a tutta questa merda, giusto ragazzo?» disse Randall visibilmente dispiaciuto.

Non ne sapevo il motivo, ma sembrava avesse colto in un attimo quello che stavo provando in quell’istante, e la cosa ancora più inquietante era che sembrava capire anche il perché del mio stato d’animo. Ebbi un brivido.

Io, sempre più scosso, ero ormai un timido ramoscello su una sedia.

Avrei messo qualcosa sul piatto? O avrei continuato ad intascare qualcosa qua e là per i supermercati sperando di non essere preso? Avrei sopportato a lungo le scenate di mia madre per la fame oltre che per la sua già troppo forte sofferenza?

Mi ripresi un attimo.

«Qualsiasi cosa siano le emergenze di cui voi vi occupate, non scapperò.» risposi.

«Era quello che volevo sentire Benny, ti aspetto qui domani, alle ore 21.00. Questo è il contratto, firmalo ora o mai più» disse il vecchio con un affetto inaspettato.

Firmai senza neanche leggere, l’istinto mi diceva di fidarmi di quel vecchio, e avevo già intuito che se avessi letto quel contratto, forse non avrei mai firmato.

Capii solo che avrei dovuto fare formazione, tanta formazione.

«Anche io firmai senza leggere» affermò Randall con una velata fierezza, «sappi che te ne pentirai, e che non te ne pentirai.» concluse.

Lo guardai con l’espressione di chi pensa di aver fatto un enorme sbaglio di intuizione. Lo ringraziai, ci salutammo e andai via.

La luna era piena e per strada l’aria mi rinfrescò abbastanza da non crollare per un colpo di calore, in quel garage non c’era neanche uno spiffero di ossigeno.

Non ricordo come ci salutammo, ma l’indomani mattina vibravo dall’entusiasmo, nonostante fosse stato un colloquio decisamente incomprensibile.

Ora vado a dormire, ora che ci penso Randall  ti assomigliava un sacco, Anna. Tu sei solo più gentile.

a presto.

Benny

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