
Il Container
Pietro Tralicci sta guardando un talk show. Non lo fa quasi mai. Non è interessato più di tanto a ciò che il mainstream ha da dire. «Ogni tanto si può fare» dice fra sé «è l’eccezione che conferma la regola» aggiunge sorridendo.
Sono circa le 22.30 quando, durante un acceso dibattito, sente una frase ripetuta spesso «ma di che stiamo parlando! La tua libertà finisce dove inizia la mia!». I toni usati sono quelli usuali di un comune dibattito moderno, ma è la frase, ripetuta più volte come una sorta di formula magica, a colpirlo. «Perché mai due persone dovrebbero arrabbiarsi parlando di libertà?» si domanda «dovrebbe essere un concetto univoco e universalmente accettato».
Decide di cambiare canale, per poi spegnere definitivamente la televisione.
Guarda l’orologio sopra la scrittoio in arte povera con il piano d’appoggio verde e i contorni color oro.
Segna le 23.00.
Vive in una sorta di monolocale in un vecchio edificio degli anni trenta. Camera da letto e salotto sono un unico ambiente. Fanno eccezione una piccola cucina e il bagno.
Si sveste e si appoggia allo schienale del letto. E si mette a pensare. O a “non pensare”, come a volte scherzosamente dichiara ad amici e conoscenti. Poi si addormenta.
Viene svegliato da un forte rumore che, ancora assopito, non riconosce nell’immediato: è il suono metallico e sgradevole del campanello. Guarda l’orologio sullo scrittoio: sono le 6.00.
Barcollando raggiunge il citofono.
«Chi è?»
«Signor Tralicci, Corpo Speciale per la Libertà, dovrebbe scendere immediatamente. Altrimenti saremo costretti a intervenire e potrebbe non essere piacevole». Pietro rimane immobile con il citofono in mano senza rispondere. «Corpo Speciale per la Libertà? Alle 6 del mattino?» pensa mentre gli sfugge un sorriso ironico e rimanendo incredulo.
Ma decide di scendere, incuriosito e convinto che si stesse trattando di uno scherzo di qualche suo amico buontempone. Appena uscito dal portone, si avvicinano tre individui in tuta grigia con il simbolo di un uncino sulle spalle. Lo immobilizzano. «Signore, la sua libertà finisce dove inizia la nostra. Dobbiamo andare». Altri 6 soggetti in uniforme controllano l’operazione. Poi con un cenno si spostano tutti insieme.
Pietro è attonito. Viene fatto salire su un furgone dello stesso colore delle divise e con, sulle fiancate, lo stesso simbolo. Viene fatto accomodare, con modi più o meno gentili, su una panca nel vano posteriore del furgone. Durante il tragitto viene fatto spostare almeno cinque volte. Sembra che gli individui che lo hanno prelevato non siano d’accordo fra di loro su dove far accomodare il Tralicci. Sì…perché durante tutto il tragitto non viene mai chiamato per nome, ma sempre per cognome. Come accade per gli imputati accusati di un delitto.
Non sa dove lo stiano portando e nessuno parla con lui, se non quando gli chiedono di spostarsi.
«Ma dove mi state portando?» prova a domandare.
«Non siamo autorizzati a dire nulla» risponde uno di loro.
Poi finalmente il furgone giunge a destinazione. Pietro viene fatto scendere, scortato dai 3 individui. Si guarda intorno. E’ un enorme piazzale, mai visto prima di quel momento. Sono presenti tanti container, di colori diversi, uno vicino all’altro. Viene spinto verso il terzo, che in quel momento si sta aprendo.
«La sua libertà finisce dove inizia la nostra. Entri per favore o saremo costretti a farla entrare con la forza».
Pietro sa che non può fuggire. Non sa neppure dove si trova. E anche se riuscisse a scappare non andrebbe molto lontano. Quindi decide di entrare. Il portone del container si chiude dietro di lui con un forte rumore metallico. La luce al neon illumina l’ambiente: pareti interne dello stesso colore esterno, una cucina simile a quelle che si trovano nei bungalow dei campeggi, un piccolo angolo con doccia e wc, una branda con un vecchio materasso e una coperta come quelle che si usano nelle caserme e una scrivania metallica con numerosi libri. I titoli sono curiosi…”La Nuova Cultura”, “I Confini Della Libertà”, “Il Concetto Di Arbitrio” ed altri ancora scritti da autori di cui non ha mai sentito parlare.
C’è un odore diffuso simile a quello che si sente, di solito, dopo aver concluso la pulizia delle scale e delle parti comuni di un condominio.
Prova a gridare «Hey! C’è nessuno qui intorno?». Ma non riceve risposta.
Passano alcune ore e una piccola feritoia posta sul lato sinistro del container si apre. Un piatto con il pranzo viene fatto entrare attraverso l’apertura. Pasta in bianco con del formaggio, una piccola pagnotta di pane, una borraccia con dell’acqua e una mela. A parte, un piccolo contenitore con delle compresse vitaminiche e un foglio di carta.
Pietro legge il contenuto del foglio ad alta voce «Siete caldamente invitati a prendere una compressa al giorno».
Stesso copione molte ore più tardi. Stesso menù. L’unica cosa che manca è il contenitore di compresse. E’ presente un altro foglio “Terminato il flacone di compresse, siete pregati di riporlo sul vassoio. Sarà nostra cura sostituirlo. Si ricorda la pulizia settimanale del locale. Riceverete le relative istruzioni e il materiale per provvedere”.
Pietro perde lentamente la cognizione del tempo. Nel container non ci sono orologi. Non sono ammessi telefoni cellulari e comunicazioni con l’esterno.
E così passano i giorni, forse le settimane o, molto probabilmente, mesi.
All’improvviso il portone del container si apre. La luce che giunge dall’esterno acceca per qualche istante Pietro, che è ancora sulla branda.
«Venga fuori Tralicci!».
Pietro si alza e si avvicina.
«Non abbia paura, Tralicci, ora è libero!».
«Ma che sta succedendo?»
«Nulla signor Tralicci, lei è semplicemente libero!».
«Ma voi chi siete?» domanda Pietro.
«Coloro che hanno sconfitto i Paladini Della Libertà!»
Pietro non comprende ed esce dal container. Si guarda intorno. Una folla si è radunata. Hanno tutti una maschera che raffigura un animale: topi, maiali, mucche, galline, asini.
L’individuo che ha aperto la porta del container indossa la maschera di un topo «ci hanno chiamato sorci, maiali, sporchi, brutti, cattivi, somari, isterici. Ora un sorcio le sta aprendo le porte della libertà. Colga questa occasione, signor Tralicci. Anzi, mi permetta di mostrarle una cosa».
«Che cosa?» domanda Pietro.
«Venga, Tralicci». L’uomo mascherato da topo si avvicina ad uno dei container ed apre una piccola finestrella. Il vetro spesso permette di vedere all’interno ma non consente di sentire «si avvicini e osservi con attenzione». Pietro guarda attraverso il vetro «ma…ma…ma! Ma è Roberto Germi! Il noto medico!»
«Vedo che se lo ricorda ancora, nonostante sia passato così tanto tempo. Prego, mi segua…»
Pietro è allibito. Lo strano individuo con la maschera da roditore si avvicina a un altro container. Stessa procedura.
«Ora guardi un po’ qui».
«Ma…ma….MA! E’ Gloria Fuschelli! La giornalista che ripeteva sempre che la libertà dell’individuo finisce dove inizia quella degli altri! L’ho sentita anche la sera prima che mi portassero in questo posto assurdo!»
«La sua memoria è ottima. Evidentemente le vitamine che le hanno somministrato sono servite a qualcosa» afferma l’interlocutore ridendo «ma non è finita qui». Fa cenno a Pietro di seguirlo «le chiedo ancora un attimo di pazienza». Si avvicinano all’ultimo container, più grande degli altri. Il vetro dal quale osservare all’interno è più largo «guardi, signor Tralicci, guardi pure!»
Pietro assiste a una scena assurda. Volti più o meno noti corrono da una parte all’altra del container. Sembrano litigare tra loro, ma non riesce a capirne il motivo.
«Che cosa stanno facendo? E perché sono così tanti tutti insieme?» domanda.
«E’ stata una scelta voluta. Abbiamo deciso di lasciare a loro come e se conquistarsi il proprio spazio. E lo dovranno fare tutti insieme. Ogni santo giorno. Una sorta di contrappasso».
«Ma perché?». Pietro avvicina le mani come se stesse accennando una preghiera.
La risposta gli giunge da un coro «perché, ora, la loro libertà termina dove inizia la nostra!» poi parte un applauso.
Pietro inizia a correre. Davanti a lui scorrono le maschere come se fosse dentro un film. Ad un tratto viene bloccato da un uomo con la maschera da mucca che gli sussurra ridendo «la sua casa è stata venduta all’asta. Ma quella della signora Fuschelli è libera. Se la prenda, tanto non uscirà mai più da lì».
Pietro riprende a correre. Senza una meta, fino a quando non cade a terra sfinito.
Una voce lo sveglia. «Signor Pietro! Finalmente!».
Si alza di scatto, ansimando e si guarda intorno «dove mi trovo?»
«Stia tranquillo, signore, ora qui è al sicuro».
Pietro si sdraia di nuovo, poi un cartello appeso alla porta attrae la sua attenzione “Pia Dimora Dei Liberi. Ostello 70. Camera 30.”. Si alza e si precipita alla porta.
Ma è chiusa a chiave.
Avete messo Mi Piace1 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
La libertà è un concetto universale solo all’apparenza, alla pari della verità ognuno di noi ne ha una propria visione che ritiene assoluta. La “mia” e la “tua” libertà, spesso, hanno pesi diversi. Se così non fosse non litigheremmo per Dio, politica e altro.
Molto divertente m con finale a sorpresa. Bravo
Grazie della lettura e dell’apprezzamento. Ti ringrazia anche Pietro Tralicci 🙂