Il demone

Serie: Rose rosse


    STAGIONE 1

  • Episodio 1: Il timido
  • Episodio 2: Il demone

Il vaso in bilico è quasi pieno.

Una mattina la maestra si allontana dall’aula per dieci banali e fatali minuti lasciando i ragazzini soli. Non lo fa perché è una pessima insegnante ma perché a quell’età i ragazzini sono visti, come già accennato sopra, in grado di autogestirsi. Gli aguzzini vanno da lui con la spudorata intenzione di divertirsi alle sue spalle davanti a tutta la classe. È all’angolo e le battute si fanno sempre più pesanti e volgari. Volgarità che, vista la giovanissima età, il nostro ragazzino timido non ancora conosce e non sa neanche dove l’abbiano appresa i suoi tormentatori. Lui si guarda attorno, non in richiesta di aiuto ma soltanto per vedere gli altri e percepisce solo sguardi curiosi di sapere se si sarebbe piegato, ancora una volta, alle angherie dei suoi aguzzini e, sulle loro facce, nota anche qualche accenno di derisione.

Il vaso in bilico è colmo.

Una ragazzina, nonostante la giovanissima età, intuisce molto intelligentemente che la vittima sta arrivando a un punto di saturazione e corre a chiamare la maestra: “Maestra! Maestra! Corra che stanno prendendo in giro…”

La maestra non le fa concludere la frase in quanto s’avvia immediatamente in aula.

Nel frattempo, come se un demone invisibile, col suo ghigno malefico, pilotasse la situazione (perché soltanto un demone può creare simili fatalità), una folata di vento, in aula, fa urtare violentemente l’anta della finestra contro la parete mandando in frantumi il vetro. Una lunga scheggia affilatissima finisce ai piedi della vittima. Sembra che il demone, come se la stesse porgendo con le sue maligne mani, gli suggerisca di afferrarla e di fare quello che va fatto. Il ragazzino è esasperato. Quella situazione deve finire e, come se avesse ascoltato il demone, afferra la lastra. Tutti gli danno contro. Gli affibbiano l’appellativo di pazzo.

La goccia sta per far traboccare il vaso in bilico.

Le ingiurie continuano e a un certo punto viene colpito dal cancellino della lavagna a gessi.

La goccia ha fatto traboccare il vaso in bilico.

Il ragazzino timido avvicina la lastra alla sua gola e con la mano destra si lacera all’altezza della carotide sinistra. La lama vitrea entra nel suo tenero collo come un coltello caldo nel burro. Il sangue gli zampilla a battiti regolari mentre gli astanti lo osservano come se avanti avessero un mostro.

Il vaso in bilico, a causa del trabocco, può cadere.

Arriva la maestra e trova la classe nel marasma assoluto. Li per lì non si rende conto di quello che sta accadendo. Sono tutti attorno al ragazzino ognuno a rilasciare un commento e qualcun altro a fare, inconsapevole della gravità della situazione, battute di cattivo gusto. A terra si è formata una pozzanghera rosso vivo. Lo sguardo del ragazzino incrocia quello della maestra. È serio. Dopo qualche secondo, diventa stanco. La pelle del viso perde il dolce colorito roseo e acquisisce quello glaciale di colore bianco. All’improvviso si sente il rumore di un vetro frangersi a terra. Era la lama vitrea che aveva in mano e che, per stanchezza, ha lasciato cadere. Gli occhi si socchiudono. Cade a terra nella pozza rossa e, forse intorbidito dalla stanchezza, inizia a ripetere flebilmente una nenia: “È quasi finita! È quasi finita! È quasi finita…”. La maestra corre e vede il taglio al collo. Tenta di tamponare la ferita con materiali rimediati e contemporaneamente chiede, alla stessa ragazzina che l’aveva avvisata, di andare dal bidello per chiamare un’ambulanza. Intanto, inginocchio e con fare materno, la maestra gli prende la testa e la posa delicatamente sulle sue cosce. Il volto è bianco. Sembra di porcellana. D’un tratto il contorno degli occhi diventa scuro e il ragazzino smette di parlare cadendo in un sonno profondo. Arriva l’ambulanza e lo porta via in barella. In ospedale il sonno si trasforma in coma.

Il vaso in bilico, a causa del trabocco, inizia a vacillare.

La classe decide di andare al nosocomio a trovare il ragazzino ma vedono la mamma che, come in preda a una crisi di nervi, chiede di lasciarlo solo a riposare.

Il vaso in bilico, a causa del trabocco, cade e si frantuma.

Due settimane più tardi qualcuno bussa alla porta dell’aula. È un messo con un grosso mazzo di rose rosse. Domanda alla maestra: “Dove si trova il banco di…”

La maestra, impallidita, gli indica, immediatamente e senza dargli il tempo di pronunciarne il nome, l’unico posto vacante. Il fattorino porta i fiori e li posa delicatamente sul banco. Saluta la classe e silenziosamente va via.

Un’alunna si volta per osservare l’addobbo floreale e nota che è accompagnato da un piccolissimo ma ben visibile bigliettino bianco candido e quel suo candore, in mezzo a quel fascio di rose dalle tonalità scure, sembra farlo risplendere quasi come una stella in un cielo notturno. Un po’ presa dalla curiosità e un po’ per spontaneità si alza in piedi e dice: “Maestra, nelle rose c’è un bigliettino!”

La maestra, con voce tremolante, le dice: “Leggi cosa c’è scritto!”

La ragazzina lascia la sua postazione, si avvicina al bigliettino e legge le piccole scritte in corsivo di colore rosso porpora. Alla classe, durante la lettura e solo per quel lasso di tempo, sembra apparire, come un ologramma o un fantasma, il ragazzino che, con indosso il grembiule e il fiocco al collo, si rivolge agli astanti e con la sua voce dice: “Me ne sono andato. Vi lascio queste da deridere. Divertitevi!”

Dedicato a…

Serie: Rose rosse


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Discussioni

  1. Mi associo al pensiero di Micol, anche io non pensavo che finiva così. Racconto crudo, vero, ma devo dire che hai colto il segno e hai mandato un segnale forte.
    Ottima scelta per l’ambientazione… anni ’80, boom economico, benessere in contrasto con la sofferenza… non so se sono riuscito a spiegarmi. Complimenti.

  2. Speravo non finesse in questo modo, lo confesso… l’aria si respirava fin dal primo episodio, mi sono voluta attaccare all’illusione che per il protagonista ci fosse una sorta di “rivalsa”. Purtroppo esistono fragilità che andrebbero cautelate, in primo luogo in famiglia. Tutti noi siamo dei vasi, goccia dopo goccia rischiamo di tracimare. Un racconto difficile che non ha epoca: dovremo educare all’empatia, dote che è sempre più difficile trovare

    1. Il racconto ha una storia un po’ forte e tratta un argomento delicato. Infatti, dopo averlo scritto, non volevo pubblicarlo ma, dopo parecchi giorni, ho preso una decisione definitiva. Scusatemi per i contenuti piuttosto crudi e grazie per il prezioso commento.

    2. Hai fatto benissimo a pubblicarla. Quanto ai contenuti, a volte il messaggio deve essere “crudo” perchè venga recepito nella sua devastante realtà. Senza svolazzi, deve colpire il bersaglio e far pensare

  3. Un tema difficile da affrontare, purtroppo sempre attuale che come un male incurabile sta sempre pronto a provocare dolore, abbiamo noi tutti da lavorare e da pensare molto su questo reato, perchè il bullismo è reato e come tale va punito.
    Grazie per aver trattato questo tema.