Il Demone

Serie: Lungo il fiume


In un intreccio di ombre e morte, Marco è perseguitato da un demone che lo costringe a confrontarsi con i suoi peccati. Tra inseguimenti, visioni inquietanti e incontri sovrannaturali, Marco si immerge in un viaggio oscuro alla ricerca della redenzione e della verità nascosta nel suo passato.

Caron dimonio, con occhi di bragia
loro accennando, tutte le raccoglie;
batte col remo qualunque s’adagia
(Inferno III 109-111)

 

Passi svelti. Passi veloci sul porfido bagnato. Il riflesso tremolante delle morbide luci dei lampioni veniva oscurato da un’ombra snella e precaria. Quei passi divennero sempre più veloci, più insistenti. Adesso l’uomo correva, sfrecciava sotto la pioggia scrosciante. Attorno a lui, gli strilli dei clacson e il picchiettio costante dell’acqua.

 

Marco si fermò. Si nascose in un vicolo. Vicolo del Canale. “Dove mi trovo?” si chiese mentre si portava le mani sul volto. Era sconvolto: tremava e sudava copiosamente. Lasciò scivolare le dita sulle guance e sentì sul viso un liquido viscoso. Riaprì gli occhi e osservò le sue mani incerte. Erano sporche di una sostanza scura, olio forse. Era buio, non riusciva a distinguere. Tirò fuori un moccichino di stoffa bianca e si ripulì il volto. Era rosso, il liquido che aveva sul naso e sotto gli occhi era di colore rosso, e sul piccolo panno bianco risaltava come se fosse stato fluorescente.

Nascose alla svelta il fazzoletto e si appiattì lungo la parete: in lontananza, squillò una sirena; singhiozzò, temette per un istante di aver commesso qualcosa di terribile. 

 

Il dolore al fianco destro, nel frattempo, gli diede un altro morso, una nuova ondata di bruciore lo avvolse in fiamme ardenti. Strinse i denti e si rituffò in Piazza dei Mercanti. Arrancava. La mano premuta sul fianco e la fronte coperta dalla cortina di capelli bagnati. Qualcuno lo stava inseguendo. Ne era certo. Poteva sentire i passi svelti della creatura. Li sentiva nonostante il rumore della pioggia e delle gomme che stridevano sull’asfalto. Riprese a correre; sbucò in Via del Porto e si immobilizzò. Ce l’aveva davanti. La creatura era lì, dall’altro lato della strada. 

Il dolore al fianco aumentò, ma Marco non ci badò e scappò via. Corse lontano cercando di mescolarsi alla folla, alle vetture, ai rumori. La creatura che era come polvere bagnata, scivolò lungo la strada, lo inseguiva ferocemente; era ormai a pochi passi dalla sua preda. Marco inciampò e rovinò addosso a una corpulenta signora infagottata in un pesante cappotto di lana beige. Si rialzò in fretta, dolorante, lasciando la povera malcapitata stesa per terra. La bestia era vicina. Sentiva il suo alito rancido. Sentiva quell’odore pungente che aveva associato al dolore, alla morte. Riprese a correre con i polmoni che reclamavano ossigeno. Marco svoltò e ritornò sul Lungotevere Ripa. 

 

Non poteva scappare per sempre, lo sapeva. Prima o poi avrebbe dovuto affrontare quella creatura immonda che gli dava la caccia ormai da qualche ora. 

Era il giorno del suo trentatreesimo compleanno. 

Mentre correva a perdifiato, i ricordi del suo primo incontro con la strana entità cominciarono a pungerli la testa: era il primo pomeriggio di una giornata che adesso gli pareva lunghissima. Aveva comprato della pizza per festeggiare il suo compleanno quando aveva sentito bussare alla porta. Ricordò di aver aperto la porta e di esser rimasto paralizzato con la pizza che sia afflosciava nella sua mano. I suoi occhi si erano colmati dell’immagine sbiadita di un fantasma, di un’essenza. Non era carne, non era solido. Era nebbia, fuliggine. Ricordò di come il fantasma aveva urlato e riassaporò le migliaia di brividi che avevano incatenato la sua schiena in quel momento.

“Ti redimerai dai tuoi peccati” aveva urlato con voce agghiacciante il fantasma, che si era gettato su di lui, lo aveva inghiottito e avvolto nelle sue tenebre. Ricordò di essere stato come in uno stato di trance. Ricordò che nonostante il sole, era diventato tutto buio e che aveva scorto fulmini vermigli in lontananza, poi, sempre avvolto e inghiottito dalla mole polverosa del fantasma, aveva visto l’immagine di una donna, incantevolmente morta. Il corpo della donna era tumefatto e livido. Poi le tenebre erano sparite e rammentò di essersi ritrovato a fissare il viale vuoto e buio di fronte casa e di quel pomeriggio non ricordava più nulla.

 

Adesso era già sera e il buio stava inghiottendo Roma. Marco correva, disperato. La creatura fantasma lo inseguiva veloce, più veloce di prima. Lui arrancava, aveva il fiatone e il dolore al fianco gli dimezzava le forze. Poi si fermò esausto. Si voltò in direzione del fantasma e urlò sotto la pioggia scrosciante.

La creatura gli era addosso. Il fantasma cambiò sembianze e Marco rimase scioccato. Lunghi arti spuntarono dal nulla. Arti muniti di due paia di artigli affilati come coltelli. Comparve anche la testa, poi il corpo e le braccia del demone. Le lunghe corna rigiravano su loro stesse prima di terminare in pericolosi aculei. La testa da toro, le braccia umane e le ali. Non setose e morbide ali piumate, ma ripugnanti strati di pelle malconcia, vene e sporcizia tenuti insieme da uno scheletro di ossa nere.

«Hai compiuto il tuo dovere?»

La sua voce baritonale vibrava nei timpani di Marco. Non aveva mai udito un tono di voce come quella: sembrava meccanica, fasulla. Marco girò le mani e mostrò i palmi al demone che sorrise soddisfatto. Una piccola ombra però scurì lo sguardo del demone.

«Controllerò e ci vedremo presto, molto presto» disse avvicinando il suo muso peloso alla faccia di Marco. Poi sparì diradandosi come nebbia.

Marco se ne stava immobile e sudava. “Cosa avevo fatto?” si chiese mentre i suoi occhi fissavano il sangue rappreso sulle mani.

Si avviò lentamente verso casa. Non abitava lontano. Bastava attraversare un paio di quartieri per raggiungere il luogo dove si isolava completamente dal resto del mondo, un mondo che avanzava selvaggio senza di lui.

Giunse davanti alla porta, era distrutto anche se il dolore al fianco destro si era attenuato di molto.

Serie: Lungo il fiume


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Discussioni

  1. Bella scrittura! Precisa nei termini e nei movimenti. Costruzione che mantiene vivo l’interesse e già questa è una gran capacità. Al tuo posto avrei usato un altro termine solo per “riassaporò” che, secondo me, ha accezione positiva e quindi toglie durezza alla frase. “…Ricordò di come il fantasma aveva urlato e riassaporò le migliaia di brividi che avevano incatenato la sua schiena in quel momento…” “sentì ancora nella carne le migliaia di brividi che avevano incatenato la sua schiena in quel momento…” poi sono quisquiglie e te ne puoi infischiare, il racconto è bello!

    1. Grazie mille per il commento e per il suggerimento. Effettivamente è un termine usato spesso per descrivere qualcosa di positivo. Non nascondo che l’ho usato un po’ volutamente per provare a dare una nota agrodolce alla sensazione, ma devo ammettere che la tua proposta è molto più efficace e rende meglio durante la lettura.