Il Dentista

Era di fronte a me, sfogliava veloce una vecchia rivista, leggendo a malapena i titoli e dando un’occhiata qua e là alle foto.

Il gesto affettato della mano e un Rolex da qualche migliaio di euro componevano un’immagine.

La vecchia era immobile e si grattava in continuazione il dorso della mano, provando, tra un prurito e l’altro, un senso di remoto piacere.

Per spezzare la solitudine la vecchia disse volgendo lo sguardo all’uomo:

“È proprio bravo Mario. Io sono cinque anni che vengo. Ne ho cambiati tanti, ma con lui non ho mai sentito dolore”.

L’uomo le rispose:

“I denti sono tutto signora. È meglio investire soldi in bocca anziché in case”.

La signora sorrise:

“Sono d’accordo con lei: ci si guadagna in salute”.

Cadde nuovamente il sipario del silenzio.

L’uomo chiuse la rivista lanciandola sul tavolinetto e si ricompose accavallando le gambe. L’orlo dei bianchi calzoni di lino si ritirò, portando alla luce una smilza caviglia tatuata e abbronzata. La signora guardando fuori la finestra forzò un sospiro e poco dopo esordì:

“Lei che lavoro fa?”

Il tipo scosse il polso per sistemarsi l’orologio e rispose:

“Sono manager di una multinazionale.”

E la signora esclamò:

“Che bel lavoro, complimenti! Una buona posizione nella vita è tutto. Sa, io ho un nipote che si è appena laureato e, se non sbaglio, proprio per fare il suo stesso lavoro”.

L’uomo la ringraziò due volte forzando un breve sorriso: “Grazie, grazie”, poi prese un’altra rivista anch’essa datata, senza aggiungere altro.

La vecchia mi fissò compiaciuta e mi chiese sorridendo:

“E tu ragazzo? Lavori anche tu o ancora studi?” io le risposi:

“Non faccio nulla”.

L’uomo per un istante alzò gli occhi fissandomi, ma l’attimo dopo ricaddero sulla rivista. Non mi aveva mai guardato, era un’ora che stavamo seduti e il suo sguardo non incontrò neppure le mie scarpe.

Un nuovo silenzio, diverso dal precedente, pervase la sala d’attesa. Era più intenso, anche se può sembrare un ossimoro dirlo, ma lo era, ne sono certo.

L’assistente paffutella entrò nella sala e rivolgendosi in maniera molto gentile, anzi gentilissima ma frettolosa, scandì frase per frase un solo concetto:

“Signora Del Bianco – buonasera come sta – tutto bene – venga – si accomodi – ora tocca a lei”, quello di entrare.

Lo stretto corridoio con affissi acquarelli perfettamente distanziati le risucchiò.

Ora era il trapano a dire la sua, si distingueva quando andava in profondità e quando lavorava in superficie, quaranta mila giri al minuto non sono pochi sono i chilometri che farebbe la tua macchina in tre anni, nel caso tu ne possegga una.

Non sapevo più cosa pensare e come passare il tempo, sarei stato l’ultimo paziente, l’ultimo della giornata, l’ultimo. Dopo aver sfogliato una rivista, senza andare oltre le dieci pagine la riposi sul tavolinetto. L’uomo tatuato era impegnato a scrivere messaggi e con disinvoltura utilizzava i due pollici con la velocità di un dattilografo, dondolando di tanto in tanto la gamba accavallata mentre attendeva le risposte.

Il tempo passò e riapparve paffutella che fermandosi sul ciglio della sala conferì con l’uomo abbronzato e mostrandogli un sorriso ortopanoramico espresse lo stesso concetto, ma questa volta in modo copulatorio come farebbe una colomba in calore:

“Signor Stefano come sta? Che piacere vederla! La trovo bene. È da un po’ che non ci vediamo, passato bene queste vacanze?”.

L’uomo dai bianchi pantaloni di lino portandosi le mani sui fianchi addrizzò la schiena e mentre i due continuavano la copulazione scomparvero nel corridoio.

Tentai con altre riviste, ma non ci fu verso. Mi mi misi in finestra a guardare gli impiegati che lavoravano nell’edificio di fronte e mi venne il pensiero che anche oggi non avevo fatto nulla.

Ora toccava a me.

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Discussioni

  1. Un argomento narrativamente insolito ci offre uno spunto diverso sulla vita. È l’esempio che vuole comunicare che lo scrittore è ovunque ed ogni argomento può essere visto come un filone concettuale di spirito, purché si attivi un certo tipo di vista, che qui tra le altre cose ho visto anche come ironico e divertente. Detta tra noi, quando andrò dal dentista avrò meno ansia, e se c’è l’avessi la scriverò

  2. A me questo racconto mi fa pensare a una sequenza di immagini, messe in fila per mostrarti qualcosa. La sala d’attesa, i particolari dell’abbigliamento orologio compreso, i giri del trapano, le poche parole spese nei dialoghi. Il ragazzo, l’ultimo a dover varcare la soglia del dentista, pare non fare nulla a differenza degli altri (sia quelli in sala, sia la paffutella, sia gli uomini che scorge negli edifici davanti) eppure è come se dentro il racconto fosse lui a muovere attraverso i pensieri tutta la scena in assenza di trama. L’ho apprezzato.