Il fantasma dell’Adelina
Serie: L'Adelina
- Episodio 1: Fausto
- Episodio 2: Un figlio e il suo Papi
- Episodio 3: Il fantasma dell’Adelina
- Episodio 4: Un uomo fa quello che deve fare
- Episodio 5: Gli opportuni aggiustamenti
- Episodio 6: Una storia impossibile
- Episodio 7: Una gran brutta faccenda
- Episodio 8: Il racconto di Ljuba
- Episodio 9: Mettendo a posto i pezzi
- Episodio 10: Il cacciatore
STAGIONE 1
Camminarono lungo un sentiero fino all’acqua. Papi legò ad un ramo basso la sacca con i panini e le bibite.
Davvero non si sentiva preso in giro? Non ce l’aveva con lui perché era grasso e incapace come una femmina?
“Per le formiche” spiegò Papi, fraintendendo lo stupore sul suo viso. “Sai che festa, con i nostri panini!”
Fausto sorrise debolmente.
“Aspettami lì. Vado a vedere dove comincia l’acqua fonda.”
In due bracciate, Papi aveva raggiunto il centro della corrente. Metteva sotto la testa e quando emergeva sbuffava come un elefante. Fausto sospettava che fosse per farlo ridere.
Si chinò per togliere le scarpe, sfilò la maglietta da sopra la testa, poi timidamente fece qualche passo dentro l’acqua. Oh, ma non era affatto gelida, come l’aveva sempre immaginata!
Una specie di gioia imprevista e silenziosa gli strisciò dentro. Andò avanti, fino a quando l’acqua gli lambì le spalle.
Se ne stava immerso fino alla gola nel fiume quasi tiepido, mentre il sole si abbassava lento sull’orizzonte, gocciolando nell’acqua sangue e tuorlo d’uovo, come un tributo…
Voleva dire a Papi quanto fosse tutto incredibilmente straordinario, come lo facesse sentire bene, forte, sicuro di se stesso.
Papi gli fece ciao con la mano. Sorrideva, beato.
“Bella la vita, eh?”
Fausto rise, felice.
Un animale starnazzò, da qualche parte lungo il greto, forse disturbato da quel suono bizzarro.
Subito dopo, spiccò il volo.
Quella sera Fausto vide per la prima volta l’Adelina.
Era tardi, avevano finito di cenare da poco. Guardava dalla finestra del salone, forzando gli occhi oltre la linea buia che premeva intorno all’arco delle luci esterne.
Non la vide arrivare, ma ad un tratto era lì.
Urlò.
La donna insanguinata scomparve, all’indietro, verso le tenebre. Ma prima l’aveva guardato. Fisso, come si guarda qualcuno che si conosce.
Papi era accanto a lui ancora prima che avesse finito di gridare. Fausto indicò l’esterno, balbettando il miglior riassunto che riuscì a mettere insieme.
“Chiuditi a chiave e non uscire per nessun motivo!” ordinò lui.
Afferrata una potente torcia, schizzò fuori. Era scomparso ancora prima che le gambe avessero permesso a Fausto di raggiungere la porta e di obbedire, barricandosi dentro.
I minuti non erano mai stati così lunghi, mai, in tutta la sua vita. La preoccupazione per Papi rischiava di farlo diventare matto.
Quando lui bussò alla porta, Fausto fece un salto. Corse ad aprire.
Aveva un aspetto stravolto, ma almeno non era ferito. Al pensiero che potesse morire, là fuori, al buio, da solo, Fausto si sentì di colpo tutto molle e bagnato di sudore.
Papi lo mise seduto e gli fece bere un po’ d’acqua.
“Ti devo dire una cosa importante, Fausto.”
Gli raccontò che c’era una leggenda, sulla cascina.
“Una specie di fantasma di donna. La chiamano l’Adelina. Se ne va in giro coperta di sangue…”
“Ma è la donna che ho visto!”
Si sentiva stranamente sollevato. Era più facile accettare una cosa che, per quanto spaventosa, almeno aveva nome e cognome.
Papi schioccò la lingua.
“L’ho persa nel buio…”
Pareva se ne rammaricasse. A Fausto, la sola idea di chiudere le mani su quell’orrore gli faceva venire voglia di svenire di nuovo.
“Meglio così, Papi.”
La voce gli tremava. Papi lo abbracciò.
Che strano. Era la mamma, quella che abbracciava.
Per un momento rimase rigido. Papi sapeva di sapone e dopobarba, e gli era rimasto qualcosa addosso, forse l’aroma dell’inseguimento, che aveva un ché di metallico…
“Adesso calmati, l’Adelina non ha mai fatto male a nessuno. Si limita ad apparire, a spaventare le persone. Però, nei prossimi giorni restami vicino. Non vorrei che quella… quella cosa fosse ancora qui attorno.”
Cinque giorni più tardi, c’era stato un secondo delitto.
Un agente della polizia, giovane, con l’aspetto di uno che ha passato la notte peggiore della sua vita, portò la notizia alla cascina.
Fausto vide la macchina entrare nell’aia e d’istinto corse fuori.
“Ciao” disse l’agente, con un sorriso esausto. “C’è la tua mamma?”
Fausto si sentì quasi offeso, perché quell’uomo lo trattava come un bambino piccolo. Ma poi pensò che non poteva sapere delle gite al fiume; né del fatto che ormai riusciva ad annaspare per parecchi metri prima di appoggiare di nuovo i piedi sul fondo.
E non poteva sapere del martello e dei chiodi, né della cintura da lavoro, che Papi aveva promesso di comprare per lui, appena fosse andato dal ferramenta.
“Provati la mia. Vedi un po’ come te la senti, così mi regolo sulla misura.”
Il ricordo del martello che pendeva lungo la sua coscia troppo corta lo mandò in estasi per un attimo. Guardando la sua immagine riflessa nello specchio intero sull’anta dell’armadio, persino lui aveva dovuto ammetterlo: somigliava a Papi, gli somigliava davvero!
Stava pensando a come spiegare tutto questo al giovane poliziotto, quando Papi comparve sulla porta. “Buongiorno.”
“Buongiorno” rispose l’agente. “Stiamo facendo il giro delle cascine isolate perché la popolazione sia informata…”
A quel punto, si trattenne, con un’occhiata a Fausto. Lui non poté trattenersi dall’emettere un piccolo sbuffo dal naso, e Papi sorrise. Sembrava divertito dal disagio dell’altro.
Mise una mano sulla spalla di Fausto.
“Dica pure. Se c’è qualche pericolo, è meglio che il ragazzo lo sappia da voi, così non rischia di prenderla sottogamba. È grande, ormai. Pensi che mi sta aiutando a rimettere a posto la casa!”
L’agente parve leggermente perplesso. Non aveva l’aria di uno pratico di ragazzini. Avrebbe voluto sembrare amichevole, invece comunicava solo disagio.
Fausto decise di concentrarsi su ciò che aveva detto Papi, perché l’orgoglio che ne ricavava era una cosa viva che gli camminava addosso, come uno di quei grossi insetti che cambiavano colore alla luce, prima verde, poi blu, poi di nuovo verde… Coleotteri, li aveva chiamati Papi. Un nome lungo, per una faccenda tanto corta…
“… l’hanno trovata stamattina presto, poco lontano dallo stradone, dalle parti di Soraga…”
Oh, accidenti. Si era distratto di nuovo.
“Chi, hanno trovato?”
Papi gli lanciò un’occhiata sorpresa, e il poliziotto sembrò decisamente a disagio. Guardò verso Papi, prima di rispondere, poi scrollò appena la testa, come a dire il figlio è tuo.
“La donna assassinata.”
Fausto rimase lì per qualche secondo, con la bocca spalancata.
La prima cosa che pensò fu che quella era veramente l’estate più straordinaria della sua vita.
La seconda fu che non doveva starsene lì a bocca aperta, perché sicuramente gli dava un’aria stupida. Papi si sarebbe vergognato di lui.
Disse la prima cosa che gli venne in mente.
“Vuoi un caffè?”
L’improvviso passaggio al tu parve sciogliere di colpo qualunque forma di disagio. Appena il giovane mise piede nel salone, ruotò gli occhi in giro, affascinato.
Fausto gli si mise accanto, mentre Papi andava dritto in cucina. Indicò la scala che portava di sopra.
“Le stanze sono su, ma ancora non sono pronte. Per adesso dormiamo qui.”
Indicò i due materassi stesi sul pavimento, un groviglio di cuscini e sacchi a pelo.
L’agente lo guardò per la prima volta con espressione sincera.
“Chissà quanto ti diverti, eh?”
Fausto annuì, colpito che avesse fatto subito centro. Senza riflettere, gli tese la mano grassoccia.
“Io sono Fausto” si presentò.
Il giovane la strinse.
“Luciano” rispose.
Non era stato difficile.
Fu solo verso sera, mentre si preparavano per andare al fiume, che gli tornò in mente l’Adelina.
“L’Adelina c’entra con questa storia, secondo te?” domandò, pensieroso, mentre camminava dietro Papi lungo il sentiero.
Gli sembrò che sbuffasse. “Ci hai pensato tutto il giorno? Ti sei impressionato…”
“Che c’entra!” si affrettò a negare.
Qualcosa di istintivo lo avvertiva che, nel mondo di Papi, impressionato era un po’ come debole. Occorreva correre subito ai ripari!
“Pensavo solo che forse dovevamo raccontarlo a Luciano… magari è importante…”
Papi continuava a camminare.
“Non so. Sai, credo che avrebbe pensato ad una sciocca superstizione…”
Fausto si bloccò a metà di un passo. Era furioso.
“Ma l’hai vista anche tu!”
Un dubbio lo attraversò in quel momento: che Papi non avesse visto niente, che fosse corso fuori a quel modo solo per dargli corda, per prenderlo un po’ in giro…
O, peggio, per farlo sentire importante.
“Vero?”
Papi si fermò e tornò indietro. Sembrava altissimo, con quella corona di rami sopra la testa.
“Ho visto una figura che si muoveva” rispose. “Ma non so se fosse l’Adelina. Mai vista, prima.”
“Ma allora… perché hai detto che avevo ragione?”
Papi sospirò.
“Tu hai detto che di aver visto qualcosa, e a me sembrava lei, da come l’hai descritta. Mi sono fidato. Dopotutto, sei tu l’esperto di mostri…”
Il fiotto di orgoglio che si rovesciò dentro di lui da chissà dove fu così dirompente da farlo oscillare fisicamente avanti e indietro.
Papi gli sorrise, un sorriso quasi timido, prima di voltarsi per ripartire.
“Comunque, meglio se questa faccenda la teniamo segreta” disse. “Il nostro amico Luciano, sia detto tra noi, non mi pare mica tanto sveglio, eh. Non vorrei che ci mandasse tutti e due al manicomio. E chi la sente, poi, tua madre!”
Fausto rise, divertito. Naturalmente e immediatamente complice.
Serie: L'Adelina
- Episodio 1: Fausto
- Episodio 2: Un figlio e il suo Papi
- Episodio 3: Il fantasma dell’Adelina
- Episodio 4: Un uomo fa quello che deve fare
- Episodio 5: Gli opportuni aggiustamenti
- Episodio 6: Una storia impossibile
- Episodio 7: Una gran brutta faccenda
- Episodio 8: Il racconto di Ljuba
- Episodio 9: Mettendo a posto i pezzi
- Episodio 10: Il cacciatore
Discussioni