Il fuoco della rabbia

Serie: Le mille vite di Mary


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Mary porta Adam al parco dove Mia giocava da piccola, i due passano una mattinata serena. Questa tranquillità però non è destinata da durare perché quando Mary torna a casa trova suo padre ad aspettarla.

– Che cosa ci fai qui? – sbottai subito.

– Mary ti prego fallo per me, parla con lui – solo dopo che sentì la sua voce, mi resi conto che in quella stanza ci fosse anche mia madre.

– Mamma non posso – dissi secca – se tu vuoi riallacciare i rapporti con lui fallo, ma io e Mia restiamo fuori da questo –

Stavo per entrare nella mia stanza, quando sentii qualcuno tirare da dietro il mio braccio, pensando che fosse mio padre mi divincolai, ma un lieve lamento in risposta al mio gesto, mi fece capire che era mia madre.

– Ci sono sempre stata per te Mary – disse con gli occhi lucidi – fallo per me ti supplico .

– Sei ingiusta mamma – dissi sospirando – sai che non posso negarti nulla e te ne approfitti.

– Non mi importa essere giusta o meno, mi basta che parli con tuo padre.

Con il fuoco nelle vene, rientrai in quella cucina.

– Sono qui solo perché mi ha convinta mamma – dissi affrontandolo a testa alta.

– Lo so – rispose fissandomi con quei caldi occhi marroni, che durante l’infanzia furono il mio posto sicuro nel mondo e che poi mi lasciarono sola, in balia della tempesta – perdonami Mary.

– Non posso … perché tu non mi hai rispettata neanche dopo avermi abbandonata.

– Non capisco – disse aggrottando le sopracciglia.

– Hai preso un volo di dodici ore, sei atterrato in America, sei andato a Jacksonville e hai parlato con Adam … e non provare a dirmi che l’hai fatto d’impulso, perché durante il viaggio hai avuto tempo e modo per ripensarci.

– Non è stato un gesto impulsivo infatti – disse alzandosi e muovendo due passi verso di me – andare da Adam è l’unica cosa giusta che ho fatto nella vita.

– Sono passati anni, perché proprio ora – sbottai indietreggiando, per mettere nuovamente tra noi quella distanza, che lui aveva guadagnato.

– Ho sbagliato tutto Mary, sono stato un cattivo padre con te, non voglio giustificarmi, perché non c’è una discolpa per i miei atti, ma voglio dirti comunque come sono andate le cose; io ti vedevo come la mia bambina e quando mi hai detto di essere incinta ho perso completamente la brocca – disse abbassando lo sguardo – poi non ti capivo, non riuscivo a comprendere il perché non volessi parlare con Adam, eri disposta ad andare in comunità pur di non dirgli nulla … mi immaginavo le chiacchiere della gente, ne ero talmente tanto ossessionato, che erano le protagoniste dei miei incubi e alla fine non ce l’ho fatta.

– Dici che non vuoi giustificarti, ma le tue sembrano proprio delle scuse.

– Non è così, sto semplicemente provando ad essere sincero con te; così come lo sono stato con Adam.

L’ultima frase che uscì dalla sua bocca fu troppo per me. Sentivo che la lava pura avesse preso il posto del sangue nelle mie vene; potevo percepirne la furia prorompente, mentre spazzava via ogni razionalità e scioglieva tutti i freni inibitori presenti in me.

Mi avventai contro di lui e iniziai a picchiare ogni centimetro del suo corpo, che riuscivo a raggiungere.

– Tu non avevi alcun diritto di parlare con Adam – gli tirai un pugno in un occhio e lui non lo schivò.

– Te ne sei andato e ora torni a incasinarmi la vita – gli graffiai la guancia e non mi fermò.

– Ti detesto – dissi e questa volta lui bloccò le mie mani.

– Non dire cose di cui potresti pentirti un giorno – mi disse mentre cercavo di divincolarmi dalla sua presa – Hai ragione, non avevo alcun diritto di parlare con Adam, ma fatti questa domanda … Mia stava meglio prima?

Sentendo quelle parole mi bloccai all’istante. Se avessi potuto avrei fatto qualunque cosa pur di non ammetterlo, ma dovevo farlo, perché non ci voleva una laurea per capire che Mia era l’immagine della felicità, da quando era tornato suo padre.

– Non è questo il punto – dissi provando a sviare il discorso.

– Invece lo è perché non sei più solo una figlia Mary, sei anche una madre e il tuo primo pensiero deve essere Mia.

– Perché io sono stata il tuo primo pensiero? – tuonai – non hai alcun diritto di venire qui e dirmi queste cose, perché tu con me non hai fatto il padre.

– Lo so … credimi, so perfettamente quali sono i miei sbagli e non smetterò mai di pentirmi per averli commessi, ma proprio per questo, non voglio che li faccia anche tu.

– Io non abbandonerei mai mia figlia.

– Forse hai ragione, ma ti stavi comunque comportando da egoista con lei.

– Vattene via – dissi tremando.

– Mary …

– VATTENE! – lo spinsi con tutte le forze che avevo e quasi riuscì a farlo cadere.

– Me ne vado – sussurrò – promettimi solo che penserai a quello che ti ho detto.

Non appena ebbe abbandonato l’appartamento, mi fiondai in camera mia.

Sbattei fortemente la porta, volevo che mia madre sentisse quel rumore, per me simbolo della mia frustrazione e che si sentisse colpevole di avermi costretta a quel confronto.

Mi tolsi frettolosamente il ciondolo di Leon e nella foga del momento ruppi la cerniera della catenina. Una parola poco gentile uscì dalla mia bocca nel rendermi conto di questo, perché l’avevo estratto dalla scatola solo quella mattina e già aveva fatto quella fine in mano mia; tuttavia decisi che non l’avrei gettato via, non perché mi piacesse particolarmente, ma per via del suo acquirente. Lo riposi con cura nuovamente nella scatola, poi passai a togliermi gli orecchini che misi nel mio portagioie di vetro.

Decisi di cambiarmi d’abito.

Quella mattina avevo avuto la strana e incombente necessità di agghindarmi a festa, ma in quel momento specchiandomi e guardandomi infagottata in quel vestito di lana verde, mi sentii ridicola, quindi mi spogliai e mi misi in tuta, poi con le cuffie alle orecchie uscii di casa per distrarmi.

Serie: Le mille vite di Mary


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