Il furto dell’insalata

Suona la campanella che annuncia l’intervallo. Le classi si svuotano. Finalmente un po’ d’aria. Esco, mi accendo una sigaretta. Chiacchiero con chi capita. È come stare in una grande famiglia, dove gli insegnanti e chi lavora in segreteria sono i genitori violenti che amano punire e traumatizzare i propri figli. Solo qualche zio o zia si salva.

Nonostante il Sole sia alto nel cielo, fa un cazzo di freddo. Probabile che sia dovuto alla posizione elevata dell’istituto. Posizione elevata come quella di un monastero, con vista sul mondo secolare. Ovvero: percorso di penitenza, autoflagellazione e preghiera. Prego perché finisca tutto presto. La spina nella carne.

Odore di cannabis: non tutte le sigarette rollate sono accettate. Pacchetti da dieci: li infili ovunque, costano meno. Prima di arrivare a casa le fumi tutte e non ti fai beccare. Si vede subito chi ha appena iniziato: movimenti goffi trasportano la sigaretta alla bocca, qualche colpo di tosse dopo aver aspirato. Avranno tempo per abituarsi. Qualcuno è a secco e tenta di scroccarne una. La maggior parte si rifiuta. Non girano molti soldi, quindi nessuno spreca niente. Una buon’anima – o un idiota – gliene concede una delle sue. Grosso errore: d’ora in avanti il barbone gli si accollerà quando avrà bisogno di una sigaretta. Cazzi suoi.

Tento di introdurmi in una discussione. La maglietta di una band. Vengono quest’estate a Milano. Sarebbe bello andarci. Non c’ho soldi. Ho un amico che mi porta in macchina. Poi mi fermo a dormire da un altro. Li ascolto da un po’. Molto bello il secondo album. Il primo un po’ acerbo. È nel secondo che ci sono le hit. Una mia amica li ha visti in Germania. Concerto pazzesco.

Finisco la sigaretta e rientro. Giro per il corridoio alla ricerca di qualcuno con cui perdere tempo. Incontro S. vestito da cuoco (ovvero: giorno di pratica), mi viene incontro. “La F., la bidella, si sta preparando una biella di insalata” dice sghignazzando. “Quanto mi dai se gliela frego?” mi chiede. “Nulla, ma sarai il mio idolo a vita “ gli dico.

Si avvicina alla sala bar dove i professori possono andare quando vogliono e pretendere un caffè dagli alunni-camerieri in servizio quel giorno. Io mi allontano per avere una visuale più ampia, e per far finta di non essere complice della cosa. Mancano pochi minuti alla fine dell’intervallo. Svegliati cazzo. Non voglio perdermi la scena.

Dura pochi secondi. Approfittando di un momento di distrazione, S. entra veloce come un fulmine, prende la biella di insalata e scappa nella mia direzione. Non passarla a me, non passarla a me. Non me la passa. Mi supera e sparisce dietro l’angolo.

F., la bidella alta un metro e cinquanta per centotrenta e passa chili, mi viene incontro sudata e ansimante. Sembra che stia per avere un infarto. A circa un metro e mezzo di distanza da me si ferma, estrae un fazzoletto e si asciuga la fronte. Mi guarda. Articolando in malo modo la bocca mi chiede se ho visto “quel bastardo che è corso via con la mia insalata”. Mi faceva molta pena. Le rispondo dando le indicazioni sbagliate.

Suona la campanella. Finito l’intervallo. Si torna in classe. Un misto di soddisfazione e senso di colpa mi prendono lo stomaco. 

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Discussioni

  1. Cinismo scolastico alla Paz di Andrea Pazienza, scenografie che vedevo come in un manga e una narrazione che, a livello personale, ho immaginato antropomorfizzata nel personaggio maschile di American Beauty, il ragazzo con la telecamera. La personalità c’è e si vede, ma occhio a maneggiare questa caratterizzazione, la tua prosa angolosa è sapientemente pungicante in dei punti specifici, quando il personaggio parla a sé stesso, ma l’ho vista poco morbida in dei snodi narrativi che forse avrebbero avuto bisogno di più olio, più morbidezza. Mi permetto di dirti questo perché apprezzo molto, però a mio viso passeresti meno inosservato se aggiungessi una locandina

    1. Grazie mille!
      Sarò sincero: non sono sicuro di aver capito tutto, in particolare la prima parte del tuo commento. Ti andrebbe di approfondire?

      Per la seconda parte, invece, concordo. Ammetto che al momento non mi sentirei sincero nello scrivere con più morbidezza alcuni snodi, ma noto che, rileggendolo ad alta voce, in alcuni punti in effetti perde.

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