Il giorno in cui non dovevo decidere
Cominciava così, sempre. Un soffio d’aria che gli usciva dalla testa. Poi la luce cambiava, anche a occhi chiusi. Il corpo lentamente si irrigidiva. Sentiva la postura perdere di comodità. Una alla volta le aree del suo corpo manifestavano la loro presenza. A cominciare dalle dita dei piedi per salire fino alla vita. Il bisogno di orinare, forte e impellente. Poi lo stomaco. Vuoto e brontolone. Per poi arrivare alla schiena, le spalle, il collo. E finalmente la testa. Un leggero dolore sulla fronte, proprio sopra agli occhi. E la luce che aumentava, sembrava bussare a una porta chiusa.
Socchiuse le palpebre, penombra. Le pesanti tende che coprivano la finestra erano leggermente distanziate e una lama di luce entrava colpendolo proprio in faccia. Poi il trillo, strano, insolito. Sconosciuto. Era la sveglia. Girò lentamente la testa e vide i grandi numeri rossi a cristalli liquidi indicare le otto. Allungò un braccio, schiacciò un paio di pulsanti a caso e il trillo tacque.
Completò la ricognizione visiva della stanza. Non la riconosceva. Ne percepiva le dimensioni. Spaziosa, soffitto alto, un bel lampadario. Sulla sinistra la già vista finestra mentre dall’altro lato un grande armadio. Tutto sembrava nuovo, ben tenuto. E poi l’odore. Odore di chiuso, di sonno. Ma anche in sottofondo quel caratteristico odore di nuovo.
Tutto freddo e straniero.
Abbandonare il calore del letto costa fatica, ma si alzò. Infilò le ciabatte ai piedi del letto, sapeva che erano lì. Uscì dalla stanza e si diresse in cucina, sapeva dove andare. Non ebbe difficoltà a prepararsi un caffè e trovare un pacco di biscotti. Così come il bagno, il vestirsi. La colazione lo fece sentire meglio anche se quel piccolo fastidio alla fronte non sembrava volerlo lasciare. Guardò la grande TV a schermo piatto, spenta. Pensò per un attimo di accenderla ma qualcosa di netto, di esterno, glielo impedì. La stessa sensazione che gli impedì di utilizzare lo specchio sia per guardarsi che per controllare l’abbigliamento. Era come se certe azioni e certi oggetti fossero fuori dalla sua portata.
Uscì allora di casa. Non aveva alcun obiettivo. Passò più di un’ora a zonzo nel quartiere. Camminava senza mete particolari. Incrociò alcune persone. Qualcuna lo guardava, gli faceva un cenno o borbottava un saluto. Hal li fissava ma non ricambiava, quelle facce non gli dicevano nulla.
Rientrò quindi in casa, la fronte continuava a dargli fastidio. Se la toccò con una mano e sentì qualcosa di ruvido sotto le dita. E il dolore aumentare. Sì c’era qualcosa. Andò in bagno e combatté la repulsione verso lo specchio. Vi si avvicinò con gli occhi bassi. Alzandoli piano piano concentrò lo sguardo solo sulla fronte escludendo tutto il resto. Sì, un taglio. Partiva da sopra il sopracciglio sinistro e scendeva in diagonale verso quello destro. Sembrava anche abbastanza profondo. Era stato disinfettato, si vedeva chiaramente l’alone giallastro della tintura di iodio. Guardò allora nell’armadietto dei medicinali che si trovava proprio accanto allo specchio. Ebbe l’immediata conferma. Il piccolo flacone della tintura di iodio era fuori posto e aveva il tappo semi aperto, Hal automaticamente lo richiuse e rimise il flacone al suo posto. Dovette sedersi sul bordo della vasca da bagno, un lieve capogiro. E il pensiero, chiaro. Netto. Lui non lo avrebbe lasciato così.
Uscì dal bagno, quasi barcollava. Si spostò in salotto e, sempre toccandosi la ferita, si sedette sul divano. Aveva di nuovo la Tv davanti a sé. In qualche modo lo infastidiva. Pensò di nuovo per un attimo di accenderla. Spostò lo sguardo sul piccolo tavolino di vetro a fianco del divano, cercava il telecomando. Lo vide. Ma non vide solo quello. Sotto il telecomando un bigliettino, accuratamente ripiegato.
Di nuovo il capogiro, adesso gli tremavano anche un po’ le mani. Dimenticò la Tv, prese il bigliettino. Lo aprì, riconobbe la propria grafia. Poche righe:
Quando sarai lì, vorrai fermarli.
Non farlo.
Quello che senti adesso non è nuovo.
È il motivo per cui ho deciso ieri.
Il segno sulla fronte fa parte della preparazione.
Non è un errore.
Non chiedere spiegazioni.
Non chiedere tempo.
Resta fermo.
Lascia che procedano.
Rimase interdetto. Gli lasciò un senso di inquietudine.
Nel frattempo si accorse che erano ormai le due. Doveva andare in ospedale. Lo aspettavano. Lo sapeva. Si rimise quindi in ordine, mangiò solo un frutto in quanto la fame lo aveva abbandonato e uscì per recarsi al normale appuntamento.
Un medico lo accolse con un grande sorriso, Hal ricambiò. Gli sembrava giusto farlo.
«Sono contento di vederla Hal, temevo non si presentasse» disse «vedo che anche il taglio si è ben rimarginato».
Hal non capì il senso. Seguì le istruzioni dell’infermiera e, dopo essersi spogliato e aver indossato un leggero camice, si stese su un lettino. In quel momento entrò un altro medico, più anziano, l’infermiera lo chiamò primario. Si rivolse a Hal:
«Durante il trattamento di ieri abbiamo preso una decisione importante. La malattia di cui soffre è degenerativa e anche molto aggressiva. Noi possiamo trattarla tutti i giorni come stiamo facendo ma stiamo solo posticipando l’inevitabile».
Hal si sentì mancare, le parole degenerativa e inevitabile erano inequivocabili.
«Abbiamo quindi stabilito» proseguì il primario «di adottare la soluzione drastica. Come da sua esplicita richiesta provvederemo all’intervento di rimozione oggi stesso. Le voglio però ricordare, come già detto, che l’intervento non è esente da rischi e quello che ieri ha firmato conferma che lei lo ha compreso e accettato. Mi sento però in dovere di rifarle la domanda. È sempre convinto della decisione presa?»
Hal chiuse gli occhi. Aveva deciso di sottoporsi all’intervento ma aveva anche temuto di non avere il coraggio di accettare il rischio. L’unica soluzione era stata affidare all’amnesia la sua decisione. Ora il medico gli stava offrendo una via di fuga. Gli venne però in mente il messaggio. Si ricordò chiaramente quelle parole che l’Hal di ieri gli aveva scritto… non è un errore, resta fermo, lascia che procedano.
Guardò il primario dritto negli occhi e, senza esitare, disse:
«Procediamo pure».
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