Il marinaio e la sua sposa (parte prima)
Serie: Brevi minime di quotidiana transitorietà
- Episodio 1: Balera
- Episodio 2: Temporale estivo
- Episodio 3: Il marinaio e la sua sposa (parte prima)
STAGIONE 1
In una tranquilla cittadina costiera vivevano Antonio e Sara. Un marito e una moglie. Un padre e una madre.
Immersi nelle sfide quotidiane della loro vita, a tratti frenetica e a tratti muta, si ritrovavano sempre più distanti. Le domande consuete venivano tralasciate e la distanza emotiva cresceva come una silenziosa marea. Entrambi si sentivano come se stessero annegando nel flusso costante delle responsabilità, trascinati in un vortice di solitudine.
Antonio, pescatore esperto, trascorreva le giornate in mare, cercando di portare a casa il pescato sufficiente per mantenere la famiglia. Di giorno si trascinava come un’ombra; la notte, insonne, si fondeva con le onde che battevano sulla carena. Le sere erano un poco allietate dal fruscio di libri letti a metà tra un’esca lanciata e una ripresa.
Tornava quasi sempre a notte inoltrata, con l’odore del mare attaccato alla pelle. Quella fragranza che un tempo portava gioia ora sembrava solo un peso. Non chiedeva più a Sara come stesse, né si curava di sapere cosa la turbasse. Forse non aveva il coraggio di conoscere la risposta.
Le notti erano piene di pensieri e rimpianti, e quando lui, raramente, tornava a casa in anticipo, Sara già dormiva. Non voleva disturbarle il sonno. Si limitava a fare una doccia, poi la abbracciava brevemente, cercando nel suo respiro un sussurro che lo cullasse.
Sara viveva l’assenza del marito, e padre della loro Aurora, come una ferita aperta. Anche lei smise di chiedere come stesse, dove fosse stato e quanto. Era una donna sensibile, creativa, con un sorriso che un tempo contaminava il mondo. Ora quel sorriso sembrava svuotato. Si sentiva persa in un mare di vuoti, circondata da volti che non conoscevano il suo dolore.
Lavorava in una scuola elementare come insegnante di arte. Tra faccende domestiche e responsabilità verso Aurora, fantasticava una famiglia quasi normale, non come quelle delle pubblicità, ma una in cui anche il babbo accompagna i figli a scuola, torna a casa per cena e partecipa a conversazioni dove le parole scorrono libere.
Sara desiderava che Antonio portasse la bambina a scuola, nonostante le notti fuori. Ma la realtà era un mutuo da pagare e la fatica di giornate che si susseguivano senza un vero scopo, segnate da una separazione spirituale, giornate incapaci di conciliare i loro impegni con le loro anime.
I giorni passavano indifferenti come la scogliera battuta dalle onde; ma anche la scogliera, poco a poco, viene consumata e sgretolata da quella indifferenza.
In una tranquilla cittadina costiera vi erano due parti di letto identiche, separate solo da una inanimata maglia d’acciaio e qualche doga. Riposavano un marito e una moglie. Condividevano il letto, ma abitavano case mentali distanti, separati da un abisso di incomprensioni.
Antonio, dopo la doccia, si girava verso di lei e la abbracciava brevemente.
Sara, nonostante si sentisse sola, adorava quel momento di vicinanza, breve ma pieno di quell’amore velato da un silenzio doloroso. Poi tornava a dormire dopo quel sussulto d’affetto e, quando anche lui entrava nelle sue poche ore di sopore, il sonno li separava nuovamente.
Rare erano le volte in cui i genitori riuscivano a fare colazione insieme e, per il dispiacere della piccola Aurora, quelle mattine erano un rituale di solitudine condivisa. I genitori preparavano il caffè osservando fuori dalla finestra, intravedendo nel riflesso del vetro un’ombra di quello che erano stati. Non si guardavano negli occhi, sembrava non si preoccupassero quanto fosse il peso che portavano sulle spalle, oppure temevano di scoprire troppo nella profondità dello sguardo dell’altro.
Si distraevano parlando con la figlia, chiedendole dei suoi programmi tra scuola, amiche, compiti e allenamenti.
Aurora rispondeva, un raggio di sole in una casa sempre più fredda. I suoi occhi brillanti, simili a quelli della madre di un tempo, portavano un po’ di gioia nelle grigie giornate della coppia. Tuttavia anche la bambina iniziava a percepire la tensione tra i genitori e le sue risate, che un tempo riempivano le stanze di quella casa, venivano sostituite sempre più spesso da silenzi e sguardi evasi.
Un sabato sera, durante il fermo pesca, la famiglia si sedette attorno al tavolo per una cena priva di slancio, dove il tintinnio delle posate copriva le parole di circostanza. Un dialogo rivolto ad Aurora per sapere della sua giornata tra scuola, amiche, allenamenti e una brevissima uscita in compagnia al parco.
Aurora raccontava, ma si sentiva persa. Amava entrambi i genitori, e desiderava che tornassero felici, come quando giocavano sulla spiaggia e costruivano castelli di sabbia. Pensò poi che un castello di sabbia, anche se si rompe, si può sempre ricostruire.
Quella sera, però, qualcosa si ruppe davvero. Dopo aver accompagnato la bambina a letto, Sara sistemava i capelli davanti alla specchiera, osservando Antonio nel riflesso. Lui era lì, sdraiato sul letto, ma la mente altrove. Non poteva più sopportarlo. Il fiato le si spezzò in gola.
“Antonio…” sussurrò.
Poi più forte: “Non ce la faccio più!”
Le parole le sfuggirono dalle labbra e lacerarono il silenzio della stanza come un’onda improvvisa. Antonio alzò la testa, gli occhi sgranati, un nodo gli stringeva la gola.
“Siamo come due estranei,” incalzò lei, “che condividono solo lo spazio in questo letto. E lo condividono male.”
“Non è così semplice,” rispose lui, spiazzato. “Ho il pesce da portare a casa, le spese da pagare. Ogni giorno è una lotta. Per me, per te, per noi.”
“Come se io non avessi le tue stesse preoccupazioni,” ribatté lei con tono accusatorio. “Mi occupo anche di Aurora mentre tu sei in mare dal pomeriggio a notte fonda.”
Poco dopo si calmò, ma non riuscì a nascondere del tutto la rabbia e la delusione: “Non voglio vivere così. Non voglio aspettare che sia troppo tardi per ritrovare ciò che è perso.”
Antonio abbassò lo sguardo che divenne ancora più arrendevole, restò muto.
Sara, fin troppo abituata al silenzio, pensò che quella fosse la risposta. Si sdraiò girandosi all’opposto di lui, convinta che quello fosse il punto di non ritorno. Puntini di sospensione, divenuti un punto di interruzione.
Serie: Brevi minime di quotidiana transitorietà
- Episodio 1: Balera
- Episodio 2: Temporale estivo
- Episodio 3: Il marinaio e la sua sposa (parte prima)
Bravo! Mi piace come riesci a esprimere, in questo testo, tutta la complessità di un rapporto di coppia normale!
Grazie mille, spero possa piacere anche la seconda parte che caricherò a breve. Cercherò di recuperare il prima possibile “A piedi controcorrente”
Non ce fretta Mattia. Se nessuno lo leva, “A piedi controcorrente”, rimane lì. 😉