
Il mio campo
Ho sempre vissuto in un campo di margherite, o almeno queste è quello che io penso; non ho nemmeno un ricordo in cui io non sia qui. Ho passato maggior parte della mia vita qui da sola, a cercare di curare questi fiori sfortunati: dove vivo non piove mai, e il sole sembra non volerci aiutare. Le mie margherite erano sempre mogie mogie con il capo verso il basso e i petali ingialliti, ma io ho sempre dato tutto quello che potevo per loro. Ci tenevo davvero tanto a loro, sai? Passavo tutte le giornate a piangere, magari anche facendomi del male se necessario, così avrei potuto nutrirle con le mie lacrime. Raccontavo loro storie di bellissimi posti lontani ed immaginari, che nessuna di noi aveva visto, ma era bello sognare, di luoghi in cui il verde era rigoglioso e in cui c’erano giorni pieni di pioggia e gioia. Avrei potuto emigrare, certo, ma poi chi si sarebbe preso cura dei miei fiori? Sarebbero sicuramente morti, e io questo non lo potevo accettare, quindi non mi sono mai allontanata dal mio misero campo.
Un giorno però per la prima volta in tutta la mia vita, vidi qualcuno avvicinarsi verso di noi. Era una ragazza che sembrava essere della mia età; risplendeva, come se fosse fatta di luce stessa. Si avvicinò sempre di più fino a quando non si accorse della mia presenza, mi fece un cenno di saluto con la mano e mi sorrise “Ehilà!”. Io non sapevo bene come comportarmi, non mi era mai successa una cosa simile prima d’ora, ma quello che so è che in quel momento ho provato davvero tanta felicità. Vedere il volto di un altro essere umano era davvero rassicurante, che mi ha donato un avvolgente calore nel mio cuore. Iniziammo a parlare, e scoprii che lei viveva in un campo non troppo lontano da qui, un campo di rose rosse. Dove viveva lei pioveva, non c’era il sole, ma per lei non è mai stato un problema, perché la luce che emetteva era abbastanza per tutte le sue “creature”, come le chiamava lei. Rendendosi conto della mia situazione, mi promise che sarebbe venuta da me con l’acqua piovana delle sue terre dopo ogni giorno di pioggia. Mi promise che non avrei più avuto bisogno di piangere e di procurarmi dolore, perché lei avrebbe aiutato me e le mie “candide margherite”, come le chiamava lei. E così fu; ogni tanto tornava da me con secchi pieni d’acqua, e insieme alla sua luce i miei fiori finalmente diventarono pieni di vita, con il loro capo puntato verso l’alto. Ogni volta si fermava per molto tempo per poter parlare con me. Parlavamo di qualsiasi cosa ci venisse in mente, e io stavo così bene. Dopo un po’ d’incontri iniziò a donarmi alcune delle sue rose rosse, e ne ero davvero lusingata, anche se non mi capacitavo di come riuscisse a fare una cosa del genere alle sue creature; non avevo mai avuto il coraggio di strappare il gambo a uno dei miei fiori, semplicemente non potevo, erano troppo importanti per me. Lei mi diceva spesso che una corona di margherite sarebbe stata perfetta da mettere sui miei capelli castani, e che avrebbero esaltato i miei occhi verdi, ma le ho sempre ripetuto “No no, il mio aspetto non potrà mai valere più della loro vita”, allora lei annuiva sorridendo, accarezzandomi i viticci e sussurrandomi “Per te mille rose rosse raccoglierei; ti ci farei un stupendo vestito con i loro petali. Tutto quello che è mio sarà anche tuo, perché la tua bellezza è sprecata per restare confinata qui da sola”. Avrei voluto anch’io regalarle le mie margherite e viaggiare con lei, vedere il suo campo rigoglioso pieno di meraviglia, ma non potevo; non avevo abbastanza coraggio, per quanto le sue parole e il suo tocco mi facevano venire dei brividi confortanti, ogni volta che me lo proponeva. Ogni volta che se ne andava già pensavo alla prossima volta in cui l’avrei rivista; pensavo tutto il giorno a lei, e tutte le notti la sognavo. Mi chiedevo come avevo fatto a vivere così a lungo senza questa magnifica presenza, che senso aveva avuto la mia vita fino a quel momento? Questa, questa era la sensazione che ho sempre voluto provare, e mi è arrivata come per miracolo, senza nemmeno dover cercare. Ero convinta che se Dio esistesse, lui era finalmente dalla mia parte.
Di solito tornava entro una settimana, ma da un giorno all’altro, smise di tornare, senza nessuna spiegazione, senza nessun addio. Il primo mese lo passai con una minima speranza in un suo eventuale ritorno, un mese in cui non mi sono data pace nemmeno un secondo. Ci stava mettendo davvero così tanto a piovere? O le era successo qualcosa? Oppure non mi voleva più vedere? Avevo detto qualcosa di sbagliato? Avevo fatto qualcosa di sbagliato? Ho perso la mia bellezza? Non mi desiderava più? Non capivo e questa cosa mi ha distrutto partendo dall’interno. È stato un mese in cui non ho nemmeno più avuto la forza di accudire le mie amate margherite, non mi degnavo nemmeno più di piangere su di loro anche se non riuscivo a fare altro. Ripensai a tutto quello che avrei potrei aver sbagliato, ma continuavo a non capire, forse era davvero tutto nella mia testa? Le settimane passavano e io malapena riuscivo a muovermi; se Dio esiste, che se ne è fatto della mia unica speranza? Se Dio esiste perché deve essere così crudele? Perché mi ha dovuto illudere così? Forse per farmi capire che io questa felicità non la merito.
“Magari se al suo ritorno troverà un mazzo delle mie candide margherite mi perdonerà per qualsiasi cosa io abbia fatto, e mi amerà di nuovo” pensai un giorno, e senza pensarci raccolsi più fiori che potevo, per prepararli per il suo arrivo. Che ne sarà del vestito di rose che mi ha promesso?E di quella corona di margherite che volevamo fare? E dei suoi capelli neri che non potrò più intrecciare? E delle sue mani pallide e affusolate che non mi accarezzeranno più? E di tutte quelle belle parole che mi ha detto che me ne faccio adesso? Son sempre state prive di significato? O forse il fine sono sempre state le mie candide margherite, che io però mi sono sempre rifiutata di dare? Che stupida stupida stupida! Che stupida che sono stata, sarebbe stato così semplice! Avrei soltanto dovuto darle qualche margherita e lei non mi avrebbe mai lasciato, ne sono sicura, dovrà essere stato per forza questo l’evento scatenante. L’aspettai ancora per altre settimane, ma lei non tornò mai più nel mio campo disperato, ed ora spoglio. Le margherite che lei tanto amava ora sono morte, e la mia bellezza che lei ammirava è disintegrata. Questo campo non ha più un valore, e così io e la vita stessa. Ho avuto un assaggio della gioia, dell’amore, ma non sono stata capace a custodirla; o forse non è mai stata fatta per me in primo luogo.
Se Dio esiste, mi ha messo al mondo con lo scopo di farmi vivere in queste condizioni, per scontare la pena di qualche peccato che non ricordo di aver commesso.
Avete messo Mi Piace1 apprezzamentoPubblicato in Narrativa
La speranza si perde sempre, alla fine dei tuoi racconti. Credo che la bellezza di un’esistenza non risieda nella felicità che siamo sicuri di non meritare, quanto piuttosto nella sua stessa ricerca. Credo nella speranza, non nella felicità. La speranza diventa un motore, cose e persone vanno e vengono, ma questa è un’altra storia. Complimenti Salvia perché sei capace di aprirti in una maniera così spontanea e semplice, sai guardarti dentro.
Allegoria esplicita maa non per questo meno poetica. Commovente senza essere melenso. Un bellissimo racconto.