Il piano
Serie: Planavamo a stento
- Episodio 1: L’incontro
- Episodio 2: L’inizio della frequentazione
- Episodio 3: La nascita dell’amicizia
- Episodio 4: L’aeroclub
- Episodio 5: Il volo
- Episodio 6: Il gruppo storico
- Episodio 7: Le ragazze
- Episodio 8: L’appuntamento
- Episodio 9: L’impatto con gli esami
- Episodio 10: Il primo esame
- Episodio 1: La bottiglia
- Episodio 2: Secondo tentativo
- Episodio 3: L’esame
- Episodio 4: L’Interrail-La partenza
- Episodio 5: Interrail-Il viaggio
- Episodio 6: Si ricomincia a studiare
- Episodio 7: Il piano
- Episodio 8: Un’audace incursione
- Episodio 9: Il colpo di mano
- Episodio 10: Effimera tranquillità
- Episodio 1: Nuove difficoltà
- Episodio 2: La sconfitta
- Episodio 3: Il colpo
- Episodio 4: La fuga
- Episodio 5: Una specie di addio
STAGIONE 1
STAGIONE 2
STAGIONE 3
Il giorno dopo riguardai il compito di esame e i fogli della brutta copia che mi ero portato, e mi rendevo conto che non ero stato perfetto come avrei dovuto e che avevo commesso piccoli errori. Per di più, l’ultimo problema era stato solo impostato e non ero arrivato a finirlo né riuscivo a capire come doveva essere svolto anche pensandoci con calma a casa e con il tempo limitato, era davvero difficilissimo riuscire a concluderlo.
Sfogliai il libro, gli appunti e alcune dispense, ma non trovai nulla e così chiamai Carlo e scambiai con lui le mie impressioni. Decidemmo di andare il giorno dopo all’Università per cercare in una delle librerie universitarie qualche eserciziario dove si potesse trovare qualcosa che ci aiutasse a capire quello strano problema. Poi potevamo anche passare al Dipartimento di Matematica dove ci sarebbe dovuto essere in bacheca l’avviso per la data in cui il professore ci avrebbe restituito i compiti con i risultati.
Così facemmo e la mattina del giorno dopo ci trovammo a vagare per i locali dell’Università e parlando con altri studenti, ma nessuno però sapeva bene quale fosse la soluzione di quell’esercizio. Poi pensammo di passare al Dipartimento di Matematica che si trovava dentro un ex convento addossato a una chiesa, a qualche centinaio di metri dalla nostra Facoltà. L’edificio sorgeva in cima a una collina e ci si accedeva percorrendo una ripida salita su un viale costeggiato da alti cipressi. In cima alla collina tutto intorno alla sede del Dipartimento c’erano alberi folti e verdissimi e quella sistemazione, unita al tipo di materie che ospitava, davano a quel luogo un’aria di bellezza austera, che contrastava con lo squallore della nostra Facoltà e dei dintorni.
Salimmo la breve scala da cui si arrivava alla porta di ingresso ed entrammo. Nell’atrio non c’era nessuno e provammo a guardare nelle bacheche per vedere se c’era qualche avviso, ma non trovammo nulla.
Ci accostammo allora alla porta di quella che sembrava una portineria e dietro una scrivania spoglia vedemmo un signore che ci chiese cosa ci serviva. Gli chiedemmo se potevamo vedere il professore di Analisi, ma lui ci rispose che non c’era e che probabilmente sarebbe mancato per diverse settimane per motivi di salute. Per quanto continuassimo ad incalzarlo con le nostre domande, l’impiegato non ci seppe dire nessuna possibile data in cui avremmo potuto sapere l’esito dell’esame scritto e quindi la possibilità di sostenere l’orale. Ci sentimmo improvvisamente destabilizzati di fronte al vuoto che avevamo davanti: non avevamo alcuna scadenza, nessun appiglio a cui puntare per uscire da quel terreno viscido e paludoso in cui ci sentivamo immersi tutto a un tratto. Ci consultammo nell’atrio e poi decidemmo di andare a vedere davanti allo studio del professore nel caso che ci fosse qualche cartello con maggiori informazioni.
Non trovammo niente di tutto questo, ma anzi vedemmo che la porta dello studio era aperta. Visto che la stanza si trovava al centro di un lungo corridoio e che, data l’ora e il periodo, non vedevamo nessuno né da una parte né dall’altra, provammo a bussare leggermente e entrare sulla soglia della porta per guardare all’interno.
Di fronte alla porta c’era una grande libreria con molti volumi e quaderni, sul lato destro c’era un piccolo divanetto e una poltroncina e sul lato sinistro c’era una scrivania ingombra di documenti. Mentre guardavamo incuriositi l’interno dello studio, stupiti dal fatto che fosse tutto aperto, anche senza nessuno dentro, Carlo sbarrò d’un tratto gli occhi e mi fece un cenno con la mano. Indicava uno dei lati della scrivania dove c’era un cumulo di fogli: sembravano proprio i nostri compiti di esame!
Avvicinandoci, capimmo che era proprio così: i nostri compiti erano lì incustoditi ed evidentemente il professore li aveva lasciati il giorno del compito invece di portarli con sé per correggerli. Ci guardammo ed entrambi fummo travolti dall’ansia di trovarci in una situazione illecita, così uscimmo velocemente dallo studio e ci avviammo rapidi verso la macchina per dirigerci verso casa.
Durante la settimana successiva io e Carlo rimanemmo in attesa di qualche novità dal Dipartimento, ma anche se telefonammo più volte, sia io che lui, ci dissero che non avevano notizie. Noi intanto giravamo a vuoto, senza punti di ancoraggio, senza obiettivi concreti, senza scadenze temporali: cercavo di studiare per l’orale, ma mi chiedevo se serviva a qualcosa, se avessi superato lo scritto e quando e se ci sarebbe stato l’orale. Continuavo a provare a sfogliare il libro, leggendo alcune parti, ma senza riuscire a memorizzare nulla.
Un pomeriggio di uno di quei giorni eravamo in camera sua, io ero in piedi davanti alla finestra e Carlo seduto di traverso sul suo letto. Guardavamo verso l’esterno dove c’era un cielo biancastro e omogeneo da cui proveniva una luce diffusa e nell’aria si addensava un’umidità sottile che si espandeva tutto intorno: sentivamo avvicinarsi l’inverno ed entrambi avevamo lo stesso umore ansioso e la stessa sensazione di inconcludenza.
Cominciammo di nuovo a parlare di quello che avremmo dovuto studiare e delle ipotesi su quando il professore si sarebbe finalmente fatto vivo e ci arrabbiavamo verso quell’arroganza del sistema dell’università che permetteva che fossimo trattati come sudditi che dovevano attendere le disposizioni di un qualsiasi feudatario.
Quella volta però coi nostri discorsi cercavamo di trovare una via di fuga per scuoterci dal senso di stasi da cui ci sentivamo oppressi. Improvvisamente, come un lampo che illumina la notte, mi apparve nella mente un’immagine incredibile e dissi “I compiti d’esame sulla scrivania!”
“Cosa vuoi dire?” disse Carlo, tirandosi su dal letto e guardandomi con aria interrogativa.
“Lo studio del professore è aperto e i compiti sono lì sul tavolo da giorni, incustoditi: entriamo dentro, li prendiamo, facciamo un paio di correzioni degli errori che sappiamo di aver fatto e li rimettiamo a posto!”
“Ma sei pazzo? È un rischio pazzesco. È vero che quando siamo andati lì sembrava che ci fosse poca gente, ma per trovare i nostri compiti e per fare le correzioni abbiamo bisogno di molto tempo e qualcuno potrebbe passare e vederci e allora sarebbero guai molto seri. Potrebbero addirittura espellerci dalla Facoltà o denunciarci.”
“Ma non dobbiamo per forza rimanere lì.”
Cominciavo a vedere tutto sotto una luce più precisa e la replica di Carlo mi stava aiutando a mettere a fuoco meglio i particolari di quell’idea che era nata come un’intuizione improvvisa.
“È vero”, disse Carlo con lo sguardo concentrato che gli veniva quando qualche argomento cominciava ad appassionarlo.
Io allora lo incalzai: “Basta che entriamo e prendiamo tutto il pacco, poi lo nascondiamo dietro altri libri, o nella borsa, e poi usciamo tranquillamente.”
“E anche se qualcuno ci vede e ci chiede qualcosa potremmo dire che ci siamo affacciati perché la porta era aperta e volevamo vedere se c’era il professore”, disse Carlo.
Cominciava a sorridere e capivo che l’idea cominciava ad accendere il suo entusiasmo.
“Sì, giusto”, risposi.
“Poi possiamo andare in bagno, ci chiudiamo dentro e facciamo tutta l’operazione con comodo. Alla fine, basterà entrare di nuovo per qualche secondo nello studio e lasciare sulla scrivania tutto il pacco.”
“Sì”, dissi. “Se ci accorgiamo che qualcosa va storto possiamo sempre lasciare il pacco dei compiti in bagno e scappare, o se vediamo che c’è qualcuno nello studio quando dobbiamo entrare di nuovo, possiamo andarcene coi compiti nascosti e poi abbandonarli da qualche parte.” “L’esame sarebbe annullato, ma noi non avremmo conseguenze”, ragionò Carlo.
Si era allontanato dalla finestra e camminava avanti e indietro per la stanza. Poi si fermò e sembrò che fosse attraversato da un dubbio.
“Certo che però è una azione illegittima, saremmo scorretti, verso l’istituzione e verso gli altri studenti.”
“Forse sì, ma anche dare esercizi che non si sono mai trattati a lezione o negli altri esami, con l’unico scopo di sorprendere dei poveri studenti che avevano cercato di studiare tutto il materiale che era stato assegnato è sleale”, dissi con un tono sempre più infervorato. “Eppure è la seconda volta su due che ci capita.”
“È vero: sembra che all’Università, perlomeno in questa, ci sia solo la preoccupazione di mettere in difficoltà gli studenti e non quella di verificare se hanno studiato.”
“Proprio così”, incalzai io. “E allora se questo è un campo di battaglia, anche noi dobbiamo colpire, quando ne abbiamo la possibilità.”
Ed era così in quei giorni, da soli noi planavamo a stento e tornavamo presto a terra, senza riuscire a concretizzare le intuizioni che ci nascevano in mente, ma insieme riuscivamo a passarci e rilanciarci quelle idee rendendole sempre più concrete e precise finché le nostre spinte reciproche non le facevano decollare decise come aeroplani.
Io avevo una maggiore propensione alla ribellione verso quel sistema che avevo scoperto all’Università, ma Carlo si sentiva più in pericolo, sentiva che se non avesse passato quell’esame i suoi gli sarebbero saltati addosso per rinfacciargli la scelta di quella Facoltà e lui non voleva cedere e quindi si era ormai fatto prendere da quella folle idea.
Serie: Planavamo a stento
- Episodio 1: La bottiglia
- Episodio 2: Secondo tentativo
- Episodio 3: L’esame
- Episodio 4: L’Interrail-La partenza
- Episodio 5: Interrail-Il viaggio
- Episodio 6: Si ricomincia a studiare
- Episodio 7: Il piano
- Episodio 8: Un’audace incursione
- Episodio 9: Il colpo di mano
- Episodio 10: Effimera tranquillità
““È vero: sembra che all’Università, perlomeno in questa, ci sia solo la preoccupazione di mettere in difficoltà gli studenti e non quella di verificare se hanno studiato.”
Parole sante