IL REGALO PERFETTO

“Proserpina: ci sta nel 20 orizzontale.“

Le suggerì la voce che proveniva dal lato del finestrino.

“Giusto! Grazie.“ Sara ricambiò la gentilezza con un sorriso e riprese la concentrazione.

Fare la settimana enigmistica in treno le piaceva da sempre, la distendeva.

“Dove è diretta?”

La voce di prima la ridestò, sorprendendola.

“Prego?”

Sara faceva fatica a dare confidenza alle persone. Non era da lei fare conversazione con gli estranei.

“Mi scusi, non volevo essere inopportuno”, l’uomo percepì di aver fatto una gaffe.

“Non si preoccupi, non fa niente.”

Sara aveva abbassato lo sguardo, fingendo di riprendere le parole crociate da dove era stata interrotta, ma di colpo la pagina si era riempita di un carosello di lettere sconclusionate. Perdeva il senso delle parole e con esso l’orientamento generale delle cose. Si sentiva osservata dall’uomo che le sedeva accanto.

Qualcuno entrò nella carrozza facendo risuonare di un tonfo sordo la porta che si richiudeva. La folata di aria gelida che aveva raggiunto Sara la fece trasalire.

“Questo Natale si preannuncia come uno dei più freddi, probabilmente nevicherà. Così dicono le previsioni”, commentò l’uomo.

“Già!”, gli rispose laconica Sara.

In un’altra circostanza avrebbe giudicato molesta la presenza di quell’uomo, ma quella mattina sentiva una strana sensazione di benessere, come di un calore inatteso a fugarle il freddo dalla pelle e dal cuore.

Quel viaggio le serviva ogni giorno per prendersi la sua tregua, per frenare la sua corsa contro il tempo. Perché il tempo da allora, le si era fermato in gola, come un rantolo, come un rigurgito.

“Scendo a Pavia.”

L’uomo le sorrise.

“Se lo ricorda il mito di Proserpina?”

“Quello del ratto? Di lei che fu rapita dal dio degli Inferi…” Sara abbassò lo sguardo diventato di colpo cupo.

“Già! Proprio quello! Anch’io la rapirei, se fossi Plutone…”

Sara lo guardò stranita. Poi di colpo si mise a ridere, di una risata convulsa, quasi isterica.

“Poi però dovrebbe farmi ritornare sulla terra per almeno sei mesi!”

L’uomo le si avvicinò, le sfilò la cuffia di lana dalla testa scoprendo il cuoio capelluto oramai senza capelli, bruciati dalla chemio e glielo accarezzò con la mano calda e ferma.

Sara chiuse gli occhi mentre il treno proseguiva la sua corsa.

Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Ciao Grazia, leggo il tuo racconto proprio mentre mi appresto a fare un viaggio in treno. Intenso al punto giusto, ho gradito la delicatezza con la quale hai trattato il tema della malattia.

  2. Trascinata fino a giù, in fondo al racconto, e poi fino a su quando ho sentito anche io la carezza dell’uomo e quel gesto di una delicatezza unica di toglierle il copricapo. L’originalità del tema, l’apprezzabile freschezza della tua scrittura, i dialoghi ottimamente costruiti, il finale molto azzeccato. Mi è piaciuto tutto di questo piccolo gioiellino.

  3. Molto ben riuscito. Breve, penetrante. Mi piace “quel tuo gioco micidiale” (Nannini): ma per vincere bisogna pompare in ogni riga potenti getti d’intensità. Condicio rispettata.

    Ho particolarmente apprezzato il richiamo del celebre mito; non ultimo, la scrittura sciolta.

  4. Eh già, con i tuoi racconti riesci proprio ad entrarci dentro, nella pancia. Brava, Grazia, brava. Ti seguirò con piacere.