Il sonno di Edo e la telefonata

Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Durante il pranzo l'attenzione del direttore della rivista si riversa unicamente sul poeta Stanislao, ignorando del tutto Edo. Ma quando poi gli viene proposto di supportare il poeta nelle stesure critiche su testi di altri autori, Edo si tira indietro, con un'aria ostile, poco prima di svenire.

«Quando Edo si riprese – fu merito del direttore, che lo schiaffeggiò con vigore, schizzandogli sul viso dell’acqua fresca direttamente dalla brocca, e poi dell’aceto, mentre io ero immobile, terrorizzato –, lo prendemmo di peso e lo portammo sul divano, dove Edo, avvolto in una coperta di lana, riprese colore e dopo pochi secondi si addormentò. Era da tempo che non provavo uno spavento simile. L’ultima volta doveva essere stato con mia madre, che perse i sensi all’improvviso nei pressi delle giostre, quando ero bambino. Il direttore si mostrò molto calmo, padrone della situazione. Anche questo aspetto contribuì ad accentuare la mia ansia e il mio disagio: il nostro dislivello emozionale.

«Una volta ritornati a tavola, io e il direttore vi rimanemmo per diverse ore, a parlare della rivista, dei suoi progetti, delle tendenze degli ermetici lirici, della crisi ricorrente delle avanguardie e dei nuovissimi, mentre mi faceva assaggiare diversi tipi di liquori alle erbe, che mi decantava come versi e che mi cullarono in una sorta di sogno fiabesco, facendomi sentire un grandissimo poeta e allontanandomi sempre di più dalla realtà ordinaria  della mia vita.

«Di ritorno a casa di Edo, mi dicevo, avrei gettato giù delle strofette, e intanto bevevo, fingendo di assecondare tutti i suoi progetti culturali e letterari legati alla rivista, quando i miei pensieri erano altrove, più lontani: a mia madre, a mio padre e alla misteriosa spossatezza di Edo, che dormiva profondamente, come un ragazzino travolto da un sortilegio» disse, prima di fermarsi, rimanendo sospeso, in un misterioso altrove, oscuro persino a se stesso.

«Continua a raccontare» gli disse Ariele «Sono curioso di sapere che cosa è avvenuto dopo il pranzo della domenica.»

«Oh, signori, ma quanta fretta» e intanto il poeta si guardò l’orologio, dicendo che erano già le undici.

«Possibile?» balzò in piedi l’avvocato Gustav «Sono passate già tre ore? Devo usare il telefono per cortesia. Vorrei controllare lo stato d’animo di mia moglie, è importante, amici. Spero che non si sia già addormentata. L’ho lasciata in condizioni allarmanti.»

«Aspetta che concludo» gli disse «Non manca molto alla conclusione. Non rovinare tutto, per favore», ma Gustav era già accanto al telefono a comporre il suo numero di casa, mentre il poeta ordinava al cameriere dei caffè con della torta.

«Lara, Lara, Lara, Lara… ti prego, Lara, per favore rispondimi! Ti prego di comprendere e di non recriminare, se ti è possibile. Era molto importante la mia presenza nella camera d’albergo del poeta. Ma per favore, Lara, dimmi almeno una parolina di troppo o di perdono, di comprensione, che non è mezzanotte, saremmo ancora in tempo. Dammi un segno di luce, almeno uno. Tanto io lo sento che stai dall’altra parte. Sento il tuo respiro, il suono della radio, capisco che sei arrabbiatissima con me, ma ora si tratta di comprendere il motivo profondo della mia assenza. Volevo dirti che una volta che la rivista comincerà a decollare, come noi tutti ci auguriamo, credo che per te vi saranno delle varianti importanti, intendo come moglie del poeta protagonista, mi capisci? Il nostro Stanislao, il poeta Stain Lopez, ti offrirà un ruolo centrale come dattilografa ufficiale, che è ben distante, come sai, dal ruolo di dattilografa comune che sei costretta a recitare tutte le mattine all’interno del girone infernale del tuo ufficio. Non starei più nella pelle, e nemmeno tu, fidati. Potresti toglierti diverse soddisfazioni, con quei balordi aguzzini del tuo ufficio. Credi che non me ne sia accorto quanto ti facciano soffrire? Quanto approfittino della tua buona fede, innocenza e onestà? E di tutte le angherie e le mortificazioni che ti hanno arrecato, solo perché qualche volta avresti sbagliato una parola, e noi sappiamo che può capitare a tutti una piccola distrazione, un refuso, un’ imperfezione, credo che sia umano. Pensa, Lara, anche Stanislao, un poeta così importante, ammette la possibilità dei refusi, e i balordi dei tuoi superiori, invece, quando capita un errore, non vogliono saperne e ti umiliano. Diventano violenti, mortificandoti davanti a tutti; ma tu, Lara, pensi che certe cose non le sappia? Che non sia informato sulle dinamiche raccapriccianti che avvengono nel tuo piccolo ufficio e che tu sei disposta a subire perché in fondo senza di loro non avresti l’autonomia e l’indipendenza economica di una donna moderna, lungimirante quale sei? Pensi che il mio tribunale e il mio studio legale siano delle isole, dei luoghi insonorizzati a tutto l’orrore che avviene negli altri uffici, soprattutto nel tuo? Credi che dalle mie aule di giustizia non venga a sapere che cosa capita nel tuo piccolo ufficio di tortura? Oh, ma non credere che io mi dia per vinto, e ti dico che una volta che gli accordi per la nostra rivista saranno codificati – i miei amici mi fanno un cenno di consenso con la testa, che mi spalanca il cuore, dovresti vederli –, insomma, come ti dicevo: non appena si partirà con il progetto poetico di Stanislao, presenteremo una bella letterina di dimissioni, fatta come si deve, e dalla mia carta intestata, naturalmente, dicendo ai tuoi superiori che tu sarai in grado di occupare ruoli assai più importanti ed edificanti, invece che essere sottomessa alle angherie di un ufficio di esseri abietti e retrogradi, e tu, stai ben certa che all’interno della rivista non batterei solo a macchina, ma avrai dei ruoli importanti e profondamente artistici… sì, mi fanno segno di smettere, stanno arrivando i caffè con un’ottima torta con panna, a quanto mi dicono, amore. Sapessi che gentilezza, e che classe il cameriere di Stanislao. E la qualità della cucina dell’albergo, poi… ma perché non parli, Lara? Sei ancora arrabbiata? Almeno una parolina a piacere; guarda che il tuo sacrificio di stasera ti ritornerà indietro, e allora sì che mi darai ragione e mi ringrazierai a vita per il baratro che sono riuscito a farti evitare. Adesso devo salutarti. Il resto te lo racconterò domattina, con maggiore calma, da vicino. Notte, Lara» quando col cuore gonfio di speranza e di paura, Gustav attaccò il ricevitore.

Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno


Avete messo Mi Piace1 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Spiazzante questo ritorno al tempo presente, nella stanza dell’albergo. Il monologo di Gustav mi ha fatta dubitare dei miei ricordi, ero certa di averlo lasciato in condizioni diverse, con uno stato d’animo non propriamente incline alla collaborazione tra Lara e la rivista. Ritrovo il particolare dell’orologio, il senso di straniamento tra la percezione di Gustav e l’ora reale. Immaginavo, leggendo, Edo dormire. Una sorta di sovrapposizione temporale, piani paralleli. Sarei curiosa di sapere come finisce il racconto, bloccato dall’urgenza di Gustav di sentire la moglie. Tra l’altro, il monologo telefonico mi ha fatta dubitare ci fosse realmente Lara dall’altra parte…

    1. Ciao, Irene. È anche questo un episodio di transizione e di traumi. Hai colto bene questo senso di ondeggiamento tra i piani prospettici, gli elementi spazio-temporali che continuano a sottrarsi a una forma autentica di controllo. È tutto ancora assiepato in un dormiveglia, dove l’occhio che racconta è aperto quel giusto per far trapelare la luce sulle forme, ma senza mai osare troppo e disturbare il mistero dello sfondo, con le sue contraddizioni e traslucenze. Anche i suoni, le voci al telefono, diventano delle ombre di una realtà apparente che solo a volte si concede, ma senza mai rivelarsi del tutto in modo definitivo.
      Grazie del tuo riscontro e della tua interessante prospettiva di visione.
      A presto
      Luigi