Il souvenir di Pigalle
La pioggia batteva su Parigi da quando erano arrivati all’hotel International.
Ma il programma della gita scolastica doveva essere portato avanti ad ogni costo, ricordò ai due autobus zeppi di studenti bercianti l’implacabile professor Levantino.
«Adesso andiamo in camera a rinfrescarci, e poi tutti a visitare il Louvre e il quartiere Pigalle» proclamò il prof.
La comitiva di studenti si fermò alla reception per la somministrazione delle chiavi.
Dopo poco i tre studenti Valdo, Mauro e Zebo presero possesso della loro camera.
Un’ora più tardi tutti erano nuovamente sugli autobus, paralizzati dalla pioggia e dal conseguente traffico parigino. Arrivati al Louvre, furono dotati dei biglietti per l’accesso. La comitiva studentesca fu intrattenuta sui dipinti degli impressionisti dalla prof d’arte. Zebo scorse un gruppo di giapponesi molto indaffarato a fotografare un piccolo quadretto. Si staccò dalla comitiva per andare a sbirciare. E si trovò faccia a faccia con la Gioconda.
Mah, la immaginavo mooolto più grande, pensò. Che se la tenessero pure. E si riunì agli altri, intimamente deluso.
Anche la visita al Louvre terminò.
Di nuovo tutti sugli autobus, stritolati in un traffico ancora più intenso, ma stavolta senza pioggia, per lo meno.
A quel punto il professor Levantino accese il microfono vicino all’autista: «Benissimo, ragazzi, ascoltate. Ehi, voi in fondo, smettete di sminchiare e ascoltate. Ci stiamo dirigendo a Pigalle…»
Valdo, che era già stato a Parigi coi suoi genitori – e per questo se la menava con arie da guida turistica, ragguagliò Mauro e Zebo: «La giornata promette bene.»
«Pigalle è un quartiere tranquillo,» tuonò Levantino al microfono «tuttavia non date confidenza agli estranei e, soprattutto, non entrate in posti strani. Poi tutti di nuovo in albergo per riposarci, perché stasera andiamo a Montmartre. Chiaro?»
Tutti annuirono con sufficienza, fingendo di aver realmente capito i moniti del professore.
In effetti, Pigalle apparve ai loro occhi nient’altro che una zona urbana dinamica e turistica, con caffè, madonnari e strade affollate. I racconti che si facevano sulla sua trasgressiva vita notturna sembravano le solite panzane del cazzaro di turno. Soprattutto la leggenda metropolitana per cui, durante una gita di qualche anno prima, a Bedini di terza C una mulatta con gli occhi azzurri e la quarta di reggiseno aveva somministrato un sontuoso bocchino in un vicolo vicino, apparve a Valdo, Mauro e Zebo ancora di più una sonora stronzata. «Ma quante cazzate raccontava Bedini?» farfugliò Zebo scendendo dal pullman e lanciando un’occhiata disincantata ai negozietti di chincaglierie religiose di Place Pigalle. «Qua al massimo rimediamo una madonnina di plastica con dentro l’acqua di Lourdes da portare a mi nonna» gli fece eco Mauro.
Mentre la comitiva si sparpagliava, chi per negozietti e chi in un Mc Donald’s, Valdo era stato avvicinato da uno zingaro coi denti d’oro che sostava davanti a un locale chiamato “Le Chat Amoureux”: «Mauro, Zebo venite qua. Sentite che dice questo?»
Zebo e Mauro si avvicinarono a Valdo, proprio mentre lo zingaro dal sorriso aureo chiedeva: «Italiani?»
I tre annuirono.
«Viene, italiani. Fa divertire io,» disse lo zingaro facendoli accomodare nel locale.
I tre ragazzi non ebbero tempo di replicare che furono subito avvolti da un tendaggio di velluto rosso a forma di vagina. Il locale all’interno mostrava sedie e tavolini e un lungo bancone bar pieno di ogni genere di bevande alcoliche. L’arredamento, immerso in una penombra poco rassicurante, era curato ma un po’ rétro. Lo zingaro li fece sedere: «Tu italiano aspetta qui. Ora manda ragazze» e poi sparì dietro altre tende.
«Valdo ma che succede?» chiesero gli altri due.
Ma Valdo, che ci teneva al suo prestigioso ruolo di guida parigina, fece cenno di stare tranquilli: «Niente, adesso vengono delle ballerine che fanno una danza e si spogliano.»
«Ballerine? Spogliano? Ma sei scemo? Andiamo via subito!» replicò Zebo.
Ma Valdo si fece serio: «Zebo, siamo maggiorenni o no? Stiamo un po’, beviamo una cosa e stasera potremo raccontare cose turche. Roba che Bedini in confronto diventa un povero segaiolo.»
«Vediamo che succede,» rilanciò Mauro aggredito da una scarica di testosterone.
Da un tendone sbucarono tre donne sulla quarantina, in minigonna, che ridacchiavano fra se. Tutte e tre decisamente sovrappeso, mal truccate e coi denti gialli. Le tipe si sistemarono vicino ai ragazzi, accavallando le coscione, e mostrando delle giarrettiere di pizzo nero. Subito dopo comparve lo zingaro con un vassoio e sei bevande colorate: «Italiano, offre bere a ragazze?»
Valdo, Mauro e Zebo non ebbero tempo di dire altro che subito le donnone alzarono i bicchieri per fare un brindisi. I tre, guardandosi, sollevarono i bicchieri in modo speculare. Brindarono tutti, ma quando i tre provarono a deglutire quel liquame variopinto si accorsero che sapeva di colorante. E con una smorfia posarono il calice sul tavolino.
«Viva Italia!» urlò falsamente felice lo zingaro da dietro il bancone.
Mentre Zebo e Mauro, intimiditi, guardavano dappertutto meno che le donne al loro fianco, Valdo provò a chiacchierare con la sua: «Hi, my name is Valdo. I am italian boy. Do you like?»
«Bonsoir, mon petit italiano,» sussurrò la cicciona seminuda, guardando le altre colleghe che non avevano mai smesso di ridere in modo forzato e stridente, creando un clima di imbarazzo generale.
Valdo allora tentò di fare il capobranco, e alzò la voce in direzione dello zingaro: «Monsieur, quando commence lo spettaculo?»
A quel punto le donne si voltarono all’indirizzo dello zingaro, che, nel frattempo, aveva smesso di ridere e aveva replicato: «Quando tu dare argent? Compris? Denaro.»
«Ecco, lo sapevamo, questi vogliono i soldi» guairono in modo isterico Zebo e Mauro.
«Calmi,» replicò Valdo. Poi allo zingaro: « E quanto costare tutto questo?»
«Drink costare cinquescento euro, più mille euro per danza con ragazze.»
Dopo un’ora di estenuante contrattazione, investito dalle bestemmie degli altri due, Valdo riuscì a raggranellare quattrocento euro, cosa che permise loro di uscire da quel locale completamente al verde ma con le ossa intatte.
Sull’autobus di ritorno all’hotel, il professor Levantino accese il microfono e chiosò laconico: «Appunto.»
L’avventura di Valdo, Mauro e Zebo fu tramandata per gli anni a venire, fra le mura della scuola, col titolo de
“i tre allegri cazzoni di Pigalle”.
Ma il pompino del Bedini di terza C restò primo in classifica.
Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Ordinarie storie di italiani cazzoni in gita scolastica 😅 un’avventura simile a tante vissute dagli studenti italiani sempre poco benvisti all’estero. Scritta molto bene e grottescamente divertente.
Divertente e irriverente
👏🏼
Grazie tante Corrado!
Bellissimo racconto, divertente !
Grazie Nicola, buone feste.