Il Viaggio dell’ombra
Mi sono abituato a essere un’ombra, un nome tra tanti, una presenza evanescente che svanisce con la luce del giorno. La mia vita, in una cittadina di mare, era scandita dal ritmo monotono delle onde. Nulla di straordinario accadeva, fino al giorno in cui una lettera irruppe come un fulmine nel cielo placido della mia esistenza.
L’invito era scritto con una calligrafia elegante, e il contenuto sembrava provenire da un altro mondo: “Vieni. Il viaggio che hai sempre cercato ti attende.”
Nella mia famiglia l’infelicità era un veleno invisibile. Non c’erano urla, né accuse. Solo un silenzio opprimente, fatto di sguardi che sfuggivano e parole mai dette. Quella lettera, con il suo invito enigmatico, sembrò una via d’uscita. Non mi chiesi chi l’avesse mandata né perché. Forse, era la mano del destino che finalmente mi offriva una possibilità di fuga.
Il villaggio dove arrivai sembrava sospeso nel tempo. Ogni pietra, ogni sorriso dei suoi abitanti, raccontava una storia lontana. Fu lì che lo incontrai: un uomo dagli occhi profondi e dai modi affascinanti. Parlava con una calma ipnotica, tessendo leggende di isole dimenticate, nascoste tra le onde. Mi parlò di una terra dove i sogni e i desideri più segreti prendevano forma. Mi propose di partire, di cercare l’isola insieme a lui.
I giorni nel villaggio si alternavano tra meraviglia e inquietudine. La bellezza del luogo era struggente: il mare al tramonto sembrava dipinto, le notti erano piene di stelle che parevano troppo vicine. Ma c’era un’ombra dietro la bellezza. Qualcosa nel modo di parlare dell’uomo, nella sua risata troppo perfetta, mi metteva a disagio. Chi era davvero? E perché aveva scelto me?
La barca ci aspettava al calare della notte. Non avevo mai visto il mare così buio, eppure c’era una forza che mi spingeva avanti. Salimmo a bordo, lasciando dietro di noi tutto ciò che conoscevamo. Non c’era ritorno possibile, e questo, in qualche modo, mi dava sollievo.
Le prime giornate in mare trascorsero in un silenzio quasi solenne. L’uomo parlava poco, e io non facevo domande. Poi arrivò la tempesta, ma non quella delle onde. Una notte lo cercai sulla barca, ma era scomparso. Rimasi solo, circondato da un mare che sembrava infinito. Mi ritrovai a combattere contro i miei pensieri, le mie paure, le mie stesse ombre.
Quando l’isola apparve all’orizzonte, seppi subito che non era un luogo normale. Non c’erano spiagge né porti, solo una giungla impenetrabile e ombre che sembravano respirare. Mi addentrai, seguendo un sentiero che pareva aprirsi da solo davanti a me. L’isola non era ciò che cercavo, ma ciò che mi cercava. Ogni passo rivelava pezzi di me stesso che avevo dimenticato o nascosto.
Una voce emerse dal buio, familiare e aliena al tempo stesso. Non era la voce dell’uomo, né quella di qualcuno che conoscevo. Era la mia voce, ma diversa, come se appartenesse a una versione di me stesso che avevo sepolto da tempo. “Chi sei?”, chiesi, ma nessuna risposta arrivò. Rimasi lì, circondato dal silenzio dell’isola e dal mormorio delle onde, che sembravano sapere tutto di me.
Ora, tornando a casa, capisco che quel viaggio non è mai stato verso un’isola. Era verso me stesso, verso una verità che non avevo mai osato guardare in faccia. Non sono tornato con un tesoro, né con risposte. Ma ho imparato a convivere con le domande, e a sentire che, nel loro mistero, c’è tutta la bellezza della vita.
Avete messo Mi Piace1 apprezzamentoPubblicato in Narrativa
Molto molto bello. Quello che più mi ha colpito è il fatto che il protagonista torni dal viaggio verso sé stesso senza risposte. “Convivere con le domande” … il senso dell’esistere in una sola frase. Bravissimo.
La ricerca dell’ isola che siamo è un tema antico e piuttosto potente, la sparizione della Guida mi sembra invece una tua innovazione, o sbaglio?
Già. Abbiamo veramente bisogno di una guida? O siamo capaci di perderci benissimo anche da soli?
“Nella mia famiglia l’infelicità era un veleno invisibile.”
È suggestivo che tu non descriva la famiglia.
Ciao Rocco, bella introspezione che merita di essere riordinata e approfondita. “Nella mia famiglia l’infelicità era un veleno invisibile” ottimo pensiero, mi piace!
sono d’accordo con te. sto pensando ad un’ampliamento della storia
Un brano a dir poco veritiero! Una cosa molto saggia è sostener che è restare nella domanda, il vero segreto. Non, darsi una risposta. Restare lì la vera magia, ciò che ha un infinito potenziale di creazione! Davvero molto bello! Forse per mio gusto personale è troppo “veloce”, inizia e finisce tutto subito, non c’è tempo per dettagli e/o quant’altro anche perché ovviamente stonerebbero nel contesto del “one shoot”. Devo dire che questi proiettili che spari, son belli tosti. Non posso che rinnovare ancora una volta i miei complimenti
Grazie Loris. Si tratta di un esperimento, quasi un esercizio. Ogni passaggio è preso da uno spunto di un famoso incipit. Purtroppo non ho potuto citarli in maniera corretta. Ho in mente però di approfondire e poi mi dirai cosa ne pensi