
In viaggio sotto una luna storta
Aveva preso prima il nove, poi il quattro e poi il ventuno, poi di nuovo il nove e dopo era sceso al porto e aveva preso l’uno e lo aveva preso per tutto il suo tragitto, era poi rimasto altri venti minuti lì dove finiva la corsa e poi era tornato al porto dove lo aveva preso ma scese alle poste e da lì era rimasto alla fermata ad aspettare un altro numero.
Era stanco adesso. Le gambe avevano lavorato poco e le sentiva pesanti e intorpidite e la mente pure l’aveva usata poco e ora non ricordava dove l’avesse vista l’ultima volta.
Si sedette alla panca della pensilina e si erano fatte le dieci di sera quando da lontano vide la grossa sagoma arancio e ne distinse quasi le scritte. Notò che si trattava di un numero a due cifre. Chiese a una signora che era lì alla pensilina a aspettare il suo numero.
– È il dieci quello lì?
– Dovrebbe.
– Se non è il dieci è l’undici!
– Sicuramente sarà il dieci – la signora disse – io aspetto il dieci, e l’ora dovrebbe essere questa. – Si guardò l’orologio.
– Lo sa, con questi orari non si è mai certi – disse la signora.
– Sicuro.
Ora era certo si trattasse del dieci. Le luci delle macchine che lo precedevano andavano scomparendo lasciando solo la luminosa scritta gialla avvicinarsi alla pensilina. Era sicuro ora, si trattava senza dubbio del dieci.
– Non sono sicuro di prenderlo – disse – non ricordo bene di averla mai vista sul dieci.
– Cosa?
– La morte. – Rispose
La signora rimase silenziosa a guardare quel piccolo vecchierello tutto curvo sotto i tanti giacconi che portava indosso e con la lunga barba grigia e ispida. I lunghi capelli scendevano da sotto il cappello di lana scuro e aveva in mano quelle tre grosse buste rigonfie di chissà cosa. Poi la signora parve riaversi.
– Io salgo.
Il dieci era arrivato alla fermata e già si stava svuotando dei tanti passeggeri che venivano dal paese. Quando la signora stava per salire, il vecchio la chiamò e disse.
– se la vede alle prossime fermate, mi faccia un fischio. Mi raccomando è urgente.
– ma certo – e immediatamente la signora si voltò verso l’autista e il vecchio chiamò di nuovo.
– mi pensi, più intensamente possibile e io lo saprò. Lo faccia solo se la vede salire alle prossime fermate. Non ho tanto tempo a disposizione.
– sicuro, le farò sapere.
– buon viaggio – disse il vecchio – faccia come le ho detto e ne riceverà parte della taglia anche lei. Io mantengo sempre la parola data.
Le porte del dieci si chiusero e lasciarono il vecchierello sotto la pensilina e con le grosse buste ancora in mano. Cominciò a piovere a piccoli tocchi, poi aumentò e le gocce cominciarono a ingrossarsi. Il vecchio tornò alla panchina e si sedette, lasciando per terra le grosse buste e prendendo da una di esse un gratta e vinci stropicciato con sei numeri già segnati. Ne aveva di parecchi in quella busta, l’atra era sigillata e non gliene veniva di ricordare cosa contenesse. L’intensità della pioggia aumentò ancora e per la strada le macchine si facevano più rade. Il vecchio aveva strappato il gratta e vinci dopo un’attenta analisi e ora ne prendeva un altro dalla grande busta aperta. Come primo numero era segnato il quindici.
Davvero aveva la mente stanca. Non gli veniva proprio di ricordare se esistesse un numero quindici.
Non aveva nessuno a cui chiedere, sotto la pensilina. Sotto la pioggia era solo, con le sue buste in mano e non c’era verso di ricordare se esistesse un numero tale nella sua città. Poi ricordò che fuori la pensilina c’era l’elenco di tutti i numeri che passavano di lì. Uscì e subito cominciò a bagnarsi e vide l’elenco e vide che nessuno quindici passava di lì ma passava un diciotto che era proprio il numero dopo il quindici sul gratta e vinci. Doveva essere proprio quello pensò. Era sicuro si trattasse di quello ora.
Avrebbe avuto il premio che gli spettava di diritto adesso. Avrebbero rosicato tutti vedendo la gloria che ora gli toccava. Non aveva mai fatto troppo caso alle risa degli altri. Si fottano pensò. È un mondo migliore quello che voglio creare e di certo lo faccio prima per me, si disse.
Da dove veniva lui la morte era stata già uccisa. Per anni gli aveva dato la caccia lui stesso e poi il premio gli era stato tolto proprio sotto il muso da un altro, più giovane di lui allora. Ora aveva la sua età ma questo significava solo più esperienza a parer suo. Il mondo da dove veniva poteva vantare cacciatori di morte molto preparati e più famosi di lui.
Avrebbe aspettato sotto la pioggia nella pensilina il diciotto. Sapeva di trovarla lì. Questa volta non gli scappava. Pensava al suo potere una volta compiuta l’impresa. Davvero non ricordava quell’uomo che per un soffio gli usurpò il premio. Ne ricordava certo l’accaduto, ma cosa ne fu di lui davvero non gli tornava alla mente. Aveva sperato troppo quel momento e sulla soglia qualcosa era successa e lui l’aveva sentita. Come è inevitabile e pure ricordava che poi il mondo era stato meglio di quanto non lo fosse stato prima. Ma proprio non ricordava cosa ne fu della sua precedente vita.
Una macchina sfrecciò davanti la pensilina e sollevò schizzi d’acqua che bagnarono le buste del vecchio sotto la panchina. Il vecchio non si bagnò ma parte dei gratta e vinci ora erano inservibili. Si spappolarono al primo contatto con le sue mani che avevano lavorato poco quel giorno e non erano ancora delicate e precise. In lontananza una luce forte e scritte gialle che avanzavano e venivano, andavano e venivano e il numero di fianco era fisso e sovrastava la luce dei veicoli che le stavano davanti. Il vecchio si chiese che numero fosse e aveva smesso di pensare ai numeri al lotto e al fatto che ora erano fradici e inutilizzabili. Era concentrato nell’aguzzare la vista e scorgere il numero giusto, questa volta avrebbe vinto ,si disse. Avrebbe vinto la lotteria ora. O forse era meglio che no. Forse era giusto che la vista non funzionasse così bene come un tempo, come quando aveva perso l’occasione di fare tredici e poi però aveva vissuto una vita più calma e non doveva fare viaggi estenuanti e ripetuti in cui il cervello non lavorava e le sue gambe neppure e a casa era sempre stanco quando tornava e scambiava poche parole con pochi stolti che di fatto non lo ascoltavano. Ora voleva prendere una decisione e voleva fosse quella giusta.
Alla pensilina era arrivato un uomo tutto bagnato e con la giacca che usava per coprirsi il capo. Il vecchio le disse.
– Sa che numero è quello?
L’uomo aguzzò anch’egli la vista e il vecchio aveva capito qualcosa. Ora poteva far cambiare il numero e così poteva portare la morte da un’altra parte e lontano. Lontana da lui e con il suo diciotto lontana dal mondo.
– Mi spiace è ancora lontano-disse l’uomo.
– Lo so- disse il vecchio.
Poi guardò l’uomo e disse.
– Quello però non è il diciotto.
– Sicuro- disse l’uomo- guardi ,sono convinto che non passi di qui.
L’uomo si sporse sotto la pioggia e poi disse al vecchio che il diciotto non passava per quella fermata.
-Le conviene salire lì, in fondo a destra e arrivare alla piazza ,all’altra pensilina –disse l’uomo- arrivi in fondo, lì passa il diciotto.
Il vecchio ora era sollevato.
-Mi spiace –disse l’uomo- ha aspettato a vuoto. La lista è vecchia e andrebbe cambiata, neppure il sei passa più qui. È da questo che lo ho capito.
-Sicuro- rispose il vecchio. –è tutto come previsto. Non aspettavo il diciotto io. Ecco …
In lontananza ora si distingueva bene il numero che era di una sola cifra di fianco la scritta che correva.
– è il nove –disse l’uomo.
– Io aspettavo il nove davvero. Ora è arrivato.
-Si , il nove –disse l’uomo.
Il vecchio stette in silenzio e l’uomo guardò altrove e dietro gli alberi di fianco la pensilina. Poi il vecchio disse.
-Lascerò il compito a qualcun altro. Era un lavoro troppo estenuante.
-Lei fa l’autista?
-No –disse il vecchio. –Aspettavo la morte per farla fuori e per questo viaggiavo nei pullman. Tempo fa la condannai a morte ma fuggii e poi fu trovata da un altro che faceva il mio stesso mestiere ma meglio di me e la uccise.
– Certo –disse l’uomo. –Deve essere andata proprio così.
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