INSIDE

Serie: INSIDE


    STAGIONE 1

  • Episodio 1: INSIDE
  • Episodio 2: INSIDE

Eccoci arrivare a quel fatidico pomeriggio di Ibiza. Eravamo 5 ragazze di Roma partite per le vacanze anche se poi ci siamo divise, ma questa è un’altra storia. Noi tre avevamo conosciuto due ragazzi, due pr così carismatici da averci letteralmente fregato. Come? In ben due modi. Soldi e sesso. Io dalla seconda ne ero rimasta fuori. Il che non so se era stato un bene o un male. Mi avevano completamente lasciato in balia di un terzo ragazzo un po’ strano, non mi piaceva per niente. Alto, secco, canottiera e marsupio. Avrei dovuto intrattenerlo per il bene delle mie amiche, dal momento che quelle due erano sgattaiolate via, una in camera e l’altra in bagno. Avevo preso tempo, raccontando allo strano ragazzo qualche mia esperienza di vita, ma la cosa si stava facendo troppo intima. Avevo preso i bicchieri di sangria in mano, ed ero tornata dentro casa per allontanarmi un po’. Ma lui aveva deciso di seguirmi. Dovevo trovare al più presto una scappatoia o la sua lingua sarebbe finita dritta nella mia bocca, se non più giù. Così avevo cominciato a bussare in camera e in bagno, sperando nel buon senso di una delle mie amiche. Ed ecco che ad un tratto la vedo uscire. Era Sole. Un po’ sudata, un po’ eccitata o forse un po’ sconvolta. Non l’avevo ancora inquadrata. L’altra si era probabilmente persa nei meandri delle lenzuola. Speravo non avessero fatto niente in quel dannato letto. Era il mio letto e non avrei voluto trovare sorprese. Dopo aver cercato per mezz’ora di decifrare gli occhi di Sole, avevo deciso di cacciare i tre ragazzi, con tanto di cazziatone da parte di Beatrice. Era lei che faceva baldoria su quel materasso.

Avevo chiuso la porta, mi ero girata per sapere tutto e la faccia di Sole aveva cambiato completamente aspetto. Non ho mai capito cosa sia successo in quel bagno, credo che non l’abbiano davvero fatto. Ma l’assenza di precauzioni l’aveva comunque turbata. Stavo cominciando a pensare che fosse ipocondriaca. Non appena tornata a Roma, aveva cominciato a interrogarsi su quel pomeriggio e sul suo comportamento. Non accettava di aver fatto una cosa così stupida, con uno sconosciuto che probabilmente assumeva pure droghe. Si sentiva del tutto irresponsabile. Si addossava tutte le colpe, non si permetteva di sbagliare e aveva cominciato a “punirsi” da sola. Un modo tutto suo per fare ammenda. Forse per il terrore di poter deludere i suoi, o in fondo anche sé stessa. Quel mese di agosto era appena diventato un incubo. Aveva cominciato a sospettare di essere incinta, nonostante vi ripeto non lo avevano proprio fatto. Ma aveva letto su internet che questo poteva comunque succedere, con la probabilità dello 0.01%. E lei faceva sicuramente parte di quello. Ora capite perché vi dico niente internet. Così, un po’ scombussolata, aveva deciso di venire in giornata al mare da me. Non poteva più stare da sola a Roma. Provava a studiare, ma il pensiero tornava fisso sul suo presunto bambino. E questo la distruggeva, e come la distruggeva. Non appena l’avevo vista scendere dal treno, avevo notato qualcosa di terribilmente angosciante. Era come se lei non ci fosse. Presente ma assente. Bianca pallida il 15 agosto. Borse ed un enorme vuoto negli occhi. Avevo provato a farla ragionare. A me sembrava tutto così assurdo, ma lei non riusciva a convincersi. Così avevo preso la macchina, e l’avevo portata in paese. Eravamo entrate in una farmacia. “Vai Sol, è il tuo turno, vai e chiedi” le avevo detto. “No, vai tu mi vergogno.”. Le possibilità di convincerla erano sotto lo zero. Non ci avevo neanche provato. Ed è così che chiedevo per la prima volta in vita mia di acquistare un test di gravidanza. E non era neanche per me. Devo dire che era stato imbarazzante. Adesso vi spiego il perché. Nel momento in cui cercavo di convincere Sole ad andare al banco a chiedere, l’unica farmacista donna aveva iniziato a servire un altro cliente. Ecco, ero fregata. Mi toccava andare da un altro. La scelta era tra un 50enne brizzolato ed un 30enne con gli occhiali, probabilmente suo figlio. Cosa era meglio, una possibile ramanzina da una specie di padre o la faccia perplessa di una specie di coetaneo? Avevo optato per la seconda. Non avevo nessuna voglia di sentire nessun tipo di discorso. “Un test di gravidanza per favore”, non dico di essere diventata rossa, ma quasi. Lui era stato del tutto indifferente, per nulla sorpreso, il che mi aveva sollevata da un lato ma dall’altro mi aveva posto una domanda: “Quante ragazze entravano al giorno per chiederne uno? Era davvero così frequente? Forse non lo saprò mai, ma di certo avevo superato l’ostacolo. Dopo questa entusiasmante esperienza, avevo scoperto che i test di gravidanza erano pure cari.

Torniamo a Sole. Uscite dalla farmacia, avevo preso le chiavi della macchina per tornare a casa per farlo. Ma lei mi aveva fermato. Allora le avevo detto che potevamo andare in un bar. Ma anche qui la sua reazione spaventata mi aveva appena fatto capire che non voleva più farlo. La paura di cosa avrebbe potuto scoprire la divorava. Ma io ero così fottutamente convinta che non lo fosse che l’avevo presa per un braccio e l’avevo portata nel bagno del bar di fronte. Ci saremmo state per una ventina di minuti. Non so davvero cosa abbiano pensato i proprietari. Avevo chiuso a chiave, aperto la scatola e stavo leggendo le istruzioni. Cavolo, non le scappava. Avevo provato aprendo il rubinetto ma non funzionava. Serviva un po’ d’acqua. Così ero uscita dal bagno, avevo comprato una bottiglietta ed ero rientrata. Il mio imbarazzo era finito sotto ai piedi. Ma ecco che sentivo il rumore della pipì alle mie spalle. Avevo comprato l’acqua per niente? Ero uscita cercando di fare la vaga e perdendo quel minimo di dignità che mi restava inutilemente? Ebbene si. Ma per le amiche si fa anche questo. L’unica cosa che mi aveva ripreso era sapere che tutto sarebbe finito presto. Finalmente avrei potuto riavere la mia migliore amica, solare e positiva. La stava facendo, e aveva il fottuto test lì sotto. Io non ero nella pelle, non vedevo l’ora di farle vedere che si sbagliava. I due minuti seguenti erano stati i più brutti della sua vita. Glielo leggevo in faccia. Non riusciva davvero a calmarsi, stava perdendo le staffe, ma bisognava aspettare per scoprire la verità. Penso che abbia visto la sua vita scorrerle davanti proprio in quel momento. Probabilmente le era apparso davanti un futuro pieno di ansie, vergogna, delusioni e insoddisfazioni.

Ma poi, ecco che il risultato era appena apparso. Non era possibile. Non ci credeva, non dico tanto per, non ci credeva davvero. Guardava e riguardava il test per cercare di capire se fosse davvero così. Ed era proprio così.

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