Insieme

Serie: La bugia


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Chiara ha incontrato Daniele ad un reading e lo ha invitato a casa

Il giorno dopo lo chiamai e lo invitai a casa mia.

«Perché?»

«Per lavorare. Scrivere. Migliorare quello che hai fatto. Se vuoi che qualcuno ti prenda sul serio, devi iniziare a prenderti sul serio anche tu.»

Daniele accettò con una timidezza che mi fece sorridere. Arrivò nel pomeriggio, con una borsa a tracolla e l’aria di chi non sa se restare o scappare. Lo feci entrare e gli mostrai il mio appartamento: un soggiorno caotico pieno di libri, una cucina piccola e ordinata, e una scrivania accanto alla finestra, il mio angolo di lavoro.

«Ti piace?»

«È bello. Vivo in un appartamento molto più piccolo» rispose con un tono che nascondeva un pizzico di vergogna.

«Adesso hai un posto per scrivere» dissi indicando la scrivania.

Esitante, si sedette. Io presi posto su una sedia accanto a lui e appoggiai i suoi fogli sulla scrivania. «Cominciamo da qui. Il primo racconto ha bisogno di ritmo. Alcune frasi sono troppo lente, come se il tuo personaggio si stesse perdendo nel suo stesso silenzio. Ma la trama funziona. La solitudine non ha bisogno di essere spiegata. Devi solo mostrarla.»

Lui mi ascoltò con attenzione, annuendo di tanto in tanto. Gli lasciai il controllo della tastiera e prese a battere sui tasti quasi con furia. Quando arrivò in fondo alla pagina si fermò come esausto. Rilessi ad alta voce il brano che aveva appena scritto:

Il caffè si era raffreddato, ma lui continuava a stringere la tazza tra le mani, come se il calore potesse tornare con la sola forza della volontà. Seduto accanto alla finestra, guardava le gocce di pioggia scivolare sul vetro, disegnando percorsi che sembravano sempre identici. Fuori, i lampioni proiettavano ombre tremolanti sulla strada deserta.

Non ricordava l’ultima volta che aveva parlato con qualcuno. Non un messaggio, non una chiamata, nemmeno un incontro casuale al supermercato. I giorni si erano succeduti in silenzio, come pagine di un libro che nessuno aveva mai letto.

Si alzò lentamente, sentendo il peso della stanza vuota premere contro di lui. Ogni oggetto sembrava immobile, bloccato nel tempo: il divano con i cuscini mai spostati, il tavolo con la tovaglia che non usava da mesi, le mensole piene di libri che non aveva mai finito. La casa era diventata una gabbia, ma lui non aveva la forza di aprirne la porta.

Andò in cucina e prese un bicchiere d’acqua, bevendolo piano, come se quel gesto potesse dargli un senso di scopo. Lo posò nel lavandino, ma non lo lavò. Rimase lì, a fissarlo. C’era qualcosa di inspiegabilmente tragico in quel bicchiere sporco, come se rappresentasse tutto ciò che era diventato.

Mentre leggevo sentivo il suo sguardo puntato su di me, cercando conferme. Quando terminai gli sorrisi soddisfatta.

Così iniziò tutto. Ogni giorno tornava da me con qualcosa di nuovo, qualcosa che potevamo migliorare insieme. Io correggevo le sue virgole, certo, ma lo spingevo anche ad affinare la sua scrittura, a cercare le parole giuste. Gli chiedevo perché un personaggio facesse certe scelte, o cosa provasse in una determinata scena. E lui, lentamente, iniziò a fidarsi.

Una sera, mentre stavamo correggendo un passaggio particolarmente difficile, si fermò all’improvviso e disse: «Non so se avrei mai scritto qualcosa di buono senza il tuo aiuto.»

Mi voltai verso di lui, cercando di mantenere un tono leggero. «Non dire sciocchezze. Ce l’avresti fatta comunque.»

«Non credo» insistette. «Tu credi in me più di quanto io creda in me stesso.»

In quel momento capii quanto mi stavo legando a lui. Non era solo per il suo talento, anche se mi affascinava profondamente: la sua capacità di scrivere con una sincerità che io non avevo mai osato, la sua abilità di descrivere il vuoto come una presenza viva. Era qualcosa di più profondo. Con lui non c’erano maschere, non c’era bisogno di fingere di essere perfetta. Mi sentivo forte. Ero io a guidarlo, a insegnargli, a indicargli la strada. Questo mi dava un senso di scopo, una soddisfazione che non avevo mai provato in altre relazioni.

E io ero pronta a dare tutto. Anche troppo.

Serie: La bugia


Avete messo Mi Piace1 apprezzamentoPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Anche in questo episodio avverto un buon equilibrio. Una voce chiara, limpida, che si muove con armonia, cominciando a profilare l’interiorità dei personaggi e il loro approccio alla scrittura. Episodio invitante.

  2. Secondo capitolo davvero bello.
    E il tuo stile è assolutamente funzionale alla storia. La scrittura semplice è sempre la più efficace per creare atmosfera e scenografia e per mandare avanti gli eventi.
    Mi piace molto.