Io, Chiara e Isola
Io, Chiara e Isola
È mezzogiorno, fa caldo. Io e Chiara siamo sdraiati all’ombra di un pino di mare. Ho la testa staccata dal corpo e guardo il cielo, oggi leggermente velato, mentre lei è adagiata su un fianco. Con la coda dell’occhio noto che mi sta osservando: la cosa mi infastidisce. Non le permetto di guardami negli occhi, perché Chiara sembra essere a conoscenza di certe cose. Se dovessi incrociare il suo sguardo anche per sbaglio, ho l’impressione che potrei essere allontanato da Isola. Non ho le prove che questo possa accadere, ma preferisco prevenire invece che curare.
Avverto dapprima un pizzico all’altezza della caviglia e poi all’improvviso un forte prurito; balzo in piedi, sono ufficialmente indisposto.
-Perché mi hai punzecchiato? – dico irritato.
-In che senso? – mi chiede sorpresa, cambiando posizione.
-Ma come? Mi hai appena punto con qualcosa!
-Ma chi, io? Sei pazzo!
Con mia sorpresa e imbarazzo capisco istanti dopo che non è stata Chiara, ma i raggi del sole che penetrano sotto pelle come aculei avvelenati. La gamba è gonfia, arrossata, sembra sia stata morsicata ripetutamente, ed è di fatto l’unica parte del corpo che non sono riuscito completamente a proteggere dai morsi di questo sole famelico. Il caldo mi rende irascibile, ho bisogno di sbollire i nervi. Mentre faccio per girarle le spalle, mi accorgo che i muri sono ceduti di nuovo.
-Guarda, laggiù!
– I muri? – si alza per vedere meglio – Un’altra volta!
-Tu non c’entri niente con questa storia, vero?
-Sai benissimo che non ho il potere di farlo… È stata Isola!
-Vai al diavolo, Chiara!
La prima volta che sono arrivato qui, non c’erano muri. C’era solo spiaggia, quintali e quintali di soffice e bianchissima spiaggia. In pochi anni il livello dell’oceano si è alzato di oltre 50 centimetri, e le frequenti mareggiate hanno cominciato ad essere un problema. Un giorno le ho proposto di costruire dei muri, delle barriere che potessero contenere tutta quell’acqua, altrimenti per noi sarebbe stata la fine. All’inizio Chiara sembrava non essere d’accordo, mostrandosi altresì riluttante. Affermava che altri, prima di me, avevano avuto la stessa idea, e non aveva funzionato. Isola non tollererebbe mai e poi mai dei muri, diceva, perché da Isola si viene per andarsene e non per restare. Quello che so, è che prima di incontrare Chiara le cose qui da Isola erano decisamente più tranquille.
-E adesso, che facciamo? – chiede.
– Quello che sappiamo fare meglio: costruire muri.
Non fa in tempo ad aprire bocca che un raggio di sole le si fionda addosso, dipingendole un’espressione stanca sul volto.
– Sono esausta! E poi, siamo veramente sicuri che il mare può arrivare fino a qui?
– Non ti avevo detto di farla finita con queste domande stupide? E comunque, anche io sono stanco. Non è di certo una ragione per fermarsi.
Nonostante siamo all’ombra fa ancora troppo caldo per pensare ad un piano d’azione. Lei ritorna a sedersi, divide in due un mango tagliandolo lateralmente al nocciolo, poi incide le metà con tagli obliqui; è diventata bravissima a farlo. Decido di raggiungere la spiaggia per accertarmi dello stato della barriera, perché tanto Chiara avrà sicuramente voglia di starsene da sola per un po’ a riflettere.
Io e Chiara non parliamo più come un tempo. A dir il vero, non parliamo affatto. Il silenzio prolungato, dice, ha demolito la nostra volontà, le nostre difese. Una volta mi ha detto che non sarà il mare ad ucciderci, ma il nostro silenzio. Le ho fatto giurare di non dire mai più una cosa del genere. Lei mi ha risposto che non sarei mai riuscito a farla tacere, perché in fondo si trovava nell’Isola con me al mio fianco per una ragione, anche se io facevo di tutto per non guardarla negli occhi e realizzare quello che era ovvio.
Mentre mi dirigo alla spiaggia, mi chiedo se quello stesso silenzio ci abbia portato a vedere il mare come nostro nemico. Oggi è calmo, comunque. I muri, invece…i muri sono stati distrutti completamente. Mi tuffo a mare con tutti i vestiti per non pensarci, per annegare i piani e gli sforzi di salvarmi e uscire dall’Isola. Quando ritorno a galla, vado a sbattere la testa contro una bottiglia di vetro. È chiusa con un tappo di sughero, dentro c’è un foglio piegato. Ritorno a riva e la apro, febbricitante. Il foglio si direbbe essere una lettera. C’è anche una data: è quella di oggi!
Caro Samuel, come stai? Da quanto tempo è che dura questo silenzio? Sarà passata un’eternità dall’ultima volta che ci siamo sentiti. Che si dice sull’Isola?
Interrompo la lettura qui, d’un colpo; l’apprensione comincia a trapelare. Gocce di sudore freddo cadono sul foglio, mettendo i punti interrogativi dove mancano. Magari è un altro Samuel, penso per annacquare l’ansia che è decisamente troppo concentrata.
Ti scrivo per sapere come procedono i lavori, non mi hai fatto sapere più niente. Sei riuscito a buttare giù i muri? Fammi sapere, per favore. Un abbraccio, Chiara.
Il sole a questo punto ha già penetrato i miei strati di pelle, raggiungendo l’anima. La sento sciogliersi e poi uscire dalla porta principale: vomito quel poco di frutta che avevo ingerito la mattina. Disteso sulla sabbia, senza forze, mi chiedo come sia possibile. Una coincidenza, forse? Ci saranno altri Samuel e Chiara, in altre isole del mondo? No, non può essere! Mi rimetto in piedi a stento, sento di poter svenire da un momento all’altro. Raggiungo Chiara all’albero e mi lascio cadere sfinito accanto a lei.
– Che ti è successo? – chiede impensierita.
– Leggi! – esclamo sgomento.
– Ma che scherzo è? – chiede.
– Dimmelo un po’ tu! L’ho trovata dentro una bottiglia, a mare. Continuo ad avere conati di vomito. Ci deve essere per forza una spiegazione! Noi i muri vogliamo innalzarli, non abbatterli.
-Sei tu che li vuoi innalzare, non noi! – grida con forza- Io te l’avevo detto, una volta, che alcuni muri erano già stati costruiti, ancora prima del tuo arrivo. Isola non lo permetterà mai.
– Ancora con questa storia? Non c’era nessun muro, Chiara!
– Anche tra me e te non ci sono muri, Samuel? Questa è la prima volta in tanti anni che parliamo di lei, di Isola. Non rompevamo questo muro del silenzio da… Anzi, non mi hai mai permesso di farlo. Non possiamo chiudere il mondo fuori per sempre. Siamo venuti qui sull’Isola proprio perché conoscevamo bene la vita del recinto, e volevamo uscirne. Sull’Isola si viene per andarsene, non per rimanere. Si viene per studiare la prigione dall’interno. Perché cerchi così disperatamente di difenderti? Da chi, poi? Credo sia arrivato il momento di vedere questi muri per quello che sono veramente. In fondo mi hai portato con te per un motivo.
Improvvisamente la sento prendere il controllo come non la sentivo da tanto. Per anni l’ho minacciata di isolarla, esigendo da parte sua silenzio. L’ho indebolita, prostrata al mio volere. Ripenso al momento in cui ho deciso di vivere l’Isola, alla prima volta che l’ho incontrata. Non pensavo minimante di condividerla con qualcun altro. Dopotutto, Isola era il mio sogno di solitudine. Come poteva dunque esserci qualcun altro? A dispetto di ogni ragionevole dubbio, Chiara è apparsa qui, raggiungendomi dove nessuno pensavo potesse mai farlo. La cosa sorprendente è che quando ho fatto la sua conoscenza, lei viveva sull’Isola già da molto più tempo. Mi ha confessato che è apparsa solo quando io ho pensato di aver bisogno di lei. Ho riso a crepapelle, perché solo la presenza di quella donna non aveva alcun senso; era impossibile. L’ho intimata di andarsene, senza risultati. Ha continuato a starmi dietro come un’ombra, ripetendomi che il nostro incontro aveva un significato preciso.
Adesso che la guardo negli occhi per la prima volta, mi chiedo se quando ho immaginato Isola abbia anche pensato a una come Chiara per uscirne. Mi rispondo solo che Chiara ha ragione quando dice che i muri, a volte, vale la pena vederli per quello che sono.
-Hai ragione, sai? Andiamo a disfarci di questi muri per sempre. Usciamo da qui.Io, Chiara e Isola
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