Isabel pensa a Macondo

Fra pochi giorni uscirà il mio romanzo ‘Isabel’ edito da edizioni Open. Mi è venuta l’idea riproporre il primo capitolo dopo più di un anno dall’approdo a questa piattaforma. Alcuni lo avranno già letto, altri magari avranno piacere a farlo ora.

***

Ogni tanto Isabel si fermava. Succedeva raramente, ma a volte succedeva. Si fermava e pensava a Macondo. A qualcuno capiterà di sorridere per questa sua abitudine. Qualcuno se ne domanderà il significato, altri non capiranno affatto.

Lei si fermava e pensava a Macondo. Allora finalmente respirava. Un respiro fatto di aria umida, di pioggia, di profumo di fiori.

Scostava la zanzariera, usciva dalla porta azzurra e camminava lungo la strada principale, fra le bancarelle, fino al porto dove, dall’altra parte del fiume, alcuni uomini stavano disincagliando un asino morto.

A Macondo naturalmente non ci era mai stata e dopo tutto quel posto nemmeno esisteva. Ma era per lei un luogo dell’anima, uno stato d’animo. Chi è stato a Macondo non torna più indietro.

Aveva avuto una settimana difficile. Il suo lavoro le piaceva molto, ma la impegnava troppo. Quella mattina proprio non ce la faceva a staccare la testa da quel suo luogo dell’anima e a mettersi d’impegno per produrre qualcosa di concreto.

Tuttavia, ciò non la preoccupava affatto. Isabel provava una sensazione nuova di libertà. Una volta uno scrittore l’aveva messa in guardia dall’utilizzare l’aggettivo emozionante. Eppure ciò che sentiva si avvicinava molto a quel concetto. Come le farfalle nella pancia; aveva la sensazione che qualcosa stesse per accadere.

Si alzò per la sua tazza mattutina di caffè. Un’abitudine più che una necessità, che però la riportava a sapori lontani ma famigliari. Come quella volta che durante un viaggio, un viaggio vero, qualcuno in una cucina le aveva insegnato ad aggiungere polvere di cannella fresca al suo caffè.

Tutto per lei aveva un sapore evocativo; la sua fervente immaginazione le faceva associare con facilità le piccole azioni quotidiane a ricordi passati che lei sentiva sempre vivi e accesi. Li aveva raccontati così tante volte da non riuscire più a distinguere la realtà dei fatti dalla versione creata dalla sua fantasia.

Il profumo del caffè invadeva in quel momento l’ambiente, litigava con l’aria fresca che entrava dalle finestre. La luce e l’aria erano ciò che Isabel voleva una volta sveglia.

Quella mattina le venne voglia di uscire. Di lavorare proprio non se ne parlava.

Prese un libro fra i tanti che amava leggere contemporaneamente. A chi le chiedeva il motivo di questa strana abitudine, Isabel rispondeva che uno non può prevedere in anticipo come si sentirà e nemmeno cosa avrà voglia di leggere. Meglio avere scelta. La scelta rende la lettura ancora più piacevole.

Indossò un vestito leggero color ocra e delle scarpe basse, prese il suo libro e uscì di casa.

Camminava tra la gente e si sentiva nuova. Si piaceva, perfino. Intorno a lei le persone si muovevano in fretta. Era lunedì mattina e la frenesia si diffondeva tutta attorno, palpabile e a portata di mano. Bastava un attimo per caderci dentro e questo Isabel lo sapeva. In quel momento più che mai sentì che doveva stare con i piedi ben saldi nel terreno polveroso di Macondo per mantenere la lucidità e non lasciarsi derubare di quel momento così suo e così speciale.

Respirava a fondo e camminava. Aveva sicuramente gli occhi accesi e il sorriso sul volto. Lo sapeva specchiandosi nei visi delle persone con cui incrociava lo sguardo.

All’improvviso davanti a lei c’era il Bosco Verticale, quell’edificio che tanto amava, in quel quartiere vivo e che si muoveva. Lì era un po’ come sentirsi coccolati. Apparentemente ognuno si dedicava alla propria attività immerso nei propri pensieri. Tuttavia era come se un filo invisibile li unisse tutti, persone, animali, vegetali e cose. Lei quel filo riusciva a vederlo, d’altronde la sua immaginazione era certamente fuori dal comune.

Seduta, guardava quel filo e si divertiva a indovinare chi fosse collegato a cosa. Coglieva una parte di colloquio e già credeva di sapere tutto della vita dei due interlocutori. Capiva che in maniera inesorabile, lo stesso filo collegava il figlio al proprio genitore. Come quando un elastico si accorcia e si allunga, ma alla fine torna alla sua natura e allora l’origine è definitivamente ripristinata.

Era terribilmente attratta dai volti. Ne studiava le caratteristiche e immaginava storie dietro di essi. A volte le persone, sconcertate dal suo sguardo insistente, si dimostravano imbarazzate o addirittura infastidite. Tuttavia, le intenzioni di Isabel erano sempre molto semplici, nulla più che pura attrazione per la diversità e l’unicità dei tratti somatici. Era convinta che fra gli esseri viventi, l’uomo fosse la creatura più affascinante e bella e lei ne era terribilmente innamorata. Avrebbe voluto essere tutti loro contemporaneamente. Come un camaleonte, ne assorbiva accenti e atteggiamenti, li faceva propri e sapeva adottarli nelle situazioni più diverse.

Poi, finalmente in pace con il proprio spirito, Isabel aprì il suo libro e inforcò gli occhiali. In quel momento, si sentì definitivamente a Macondo.

Il tempo trascorse lento fino a quando i morsi della fame la riportarono alla realtà e Isabel ritornò a essere quella seduta sulla panchina.

Chiuse il suo libro e si concesse un pranzo di quelli che piacevano a lei. Pesce fresco e verdure che le dissetavano il palato.

Rinvigorita nello spirito e nel corpo, Isabel si sentiva soddisfatta. Per ora non le serviva altro. La luce, le persone, un buon libro.

Si alzò e si diresse sorridendo verso casa.

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Discussioni

  1. Veramente molto bello. Mi è sembrato di vedere il mondo con gli occhi di Isabel e di provare ciò che prova lei, compreso il caffè con la cannella, che amo anche io.
    Mi ha colpito anche il modo in cui hai descritto quell’amore, quasi ossessione, di Isabel per la diversità dei volti, dai quali è talmente attratta da volersi quasi “immergere” in ciò che vi è dietro quei volti.

    1. Grazie Giuseppe, non hai idea di quanto le tue parole mi facciano piacere😊 Isabel è nato come un racconto ed è diventato un romanzo perché lei aveva alcune cose da raccontare. Magari ti andrà di leggerle.

      1. Tu sei tornata? O stai ancora seduta su quella panchina con Gabriel Garçia Marquez. Comu a decirte: el mundo está en Macondo, la vida es simplemente un lugar de sueños. Perdona mi español. Episodio muy bonito.

        1. Io sto perennemente seduta su quella panchina da cui osservo e mi faccio la mia personalissima idea del mondo di fuori. Grazie Nino🫂

  2. Buono il caffè con la cannella! Un incipit che tocca tutti i sensi, li accarezza però con l’intento dichiarato di compiere una delicata incursione nel regno dell’impalpabile, dell’immaginario.

  3. Ringrazio tutti voi, indistintamente, per le vostre parole di incoraggiamento, per il supporto e l’affetto che mi state dimostrando. Mi è di grande aiuto soprattutto in questo momento di panico in cui bisogna anche pensare alla promozione. Cosa che non mi si confà. Io preferisco scrivere 🙂

    Il romanzo uscirà in forma cartacea, a breve. Grazie

  4. “Apparentemente ognuno si dedicava alla propria attività immerso nei propri pensieri. Tuttavia era come se un filo invisibile li unisse tutti, persone, animali, vegetali e cose.”
    Troppo bello questo passaggio.

  5. Come sempre, leggere i tuoi racconti sono tuffi in realtà paradisiache, è come viaggiare con la mente. I tuoi personaggi me li vedo sempre davanti mentre leggo i tuoi racconti. Complimenti davvero Cristiana, te lo sei proprio meritato!! 🙂

  6. Cara Cristiana, mi è piaciuto tanto allora, quando lo pubblicasti la prima volta, e mi piace ancor più ora, dopo il paziente lavoro di revisione che immagino tu abbia fatto. Brindo con te al romanzo!

  7. Un’intro al personaggio davvero ben riuscito, che rivela una protagonista sognante e calorosa, sospesa sul filo di diverse realtà. Lo leggerò per scoprire dove esse porteranno. Ciao!

  8. Una introduzione molto ben costruita: c’è del lavoro dietro, e si nota a vista d’occhio. Poche ripetizioni, soprattutto, qui hai effettuato una notevole opera di revisione che ha portato i suoi frutti.

    Iniziare bene fa sempre bene, poi subentreranno altri aspetti per il lettore non valutabili immediatamente ma che già si possono sentire, come si suol dire, a pelle. Come, per esempio, il coinvolgimento nella trama: da subito si aprono due strade, ci identifichiamo oppure no. Ma questa è un’altra storia.

    Ci tenevo a farti gli auguri per questo primo romanzo. Al di là di ogni altra considerazione, è un grande traguardo personale sai? Non è questione di brava o non brava, siamo a un livello superiore. C’è l’impegno innanzitutto, il tempo dedicato, la sofferenza, sì la sofferenza che l’opera di introspezione psicologica ha richiesto.

    Una volta un mio mentore mi disse, dopo aver ricevuto i miei auguri: grazie, ma di cosa? A che serve augurare se non espliciti cosa?

    Lì per lì ci rimasi pure male. Eppure, quanto è facile dire quella parolina appesa al nulla. Gli auguri sono come un dono… se c’è solo la carta di credito dietro è troppo facile.

    Ecco, vorrei allora riempire oggi i miei, non auguri di successo, sic transit, ma di trovarti bene nel tuo nuovo te stessa: un po’ come se il nome Isabel vestisse un’altra donna, come aver scelto l’abito che si vuole indossare per l’occasione più bella e scoprire, a fine giornata, di averci preso in pieno.

  9. Citi direttamente Garcia Màrquez e il suo Macondo per darci un indizio sulle caratteristiche del tuo personaggio. Non ci resta che attendere l’uscita del libro allora!

  10. Quando ho letto di Macondo, in questo frammento di mondo colorato che mi stai offrendo, mi si è accesa una lampadina da frigo in un angolino della mia memoria poco illuminato: Macondo era una stanza di una chat online che frequentavo assiduamente tanto tempo fa, non ricordo neanche su che piattaforma… Era piena di gente intelligente, ironica e pervasa dalla follia che io adoro. Così ho divorato il tuo primo capitolo con un sorriso scemo stampato sul viso. Ora mi toccherà prendere il tuo libro.