
L’ ultima mostra
E’ passato poco tempo; nonostante ciò mi sembra un’eternità.
Ricordo bene tutto, in ogni dettaglio. Ogni emozione e ciascuna parola.
Quel giorno avevo appena terminato la mia lezione, alla Scuola del Marmo di Carrara, di fronte a un gruppo variopinto di aspiranti artisti.
– Quando realizzate una scultura non fissate solo un’ immagine o un momento. Non limitatevi, dovete mettere voi stessi, completamente, nella statua!
– Maestro Buffoni, cosa intende? – chiede un giovane scultore – in fondo si tratta di semplici statue.
– Non è così banale: richiedono amore e dedizione, come i figli.
Ero caduto ancora nel cliché dello scultore ispirato che rispolveravo alla conclusione di ogni ciclo di lezioni.
Tornato nel laboratorio mi fermai di fronte alla mia ultima statua: un uomo con sguardo fiero e sereno, fisico atletico, elegante. La esaminai ancora prendendo gli abiti da lavoro sulla sedia, imbiancati di marmo: nel silenzio i raggi di sole accompagnavano la polvere in una danza, ad ogni mio passo. Avevo terminato le rifiniture, ma la guardavo e stringevo il mento con la mano; scossi la testa e scagliai il berretto sul tavolo.
Genio creativo e vita lontana dai riflettori. Sii esigente con tutti, in primis con te stesso. Ogni statua è un figlio, non solo un’immagine. Parole.
– Così non va! Sei bella, stupenda, ma non va bene! – gridai – Non ha senso insegnare agli studenti, inutile essere bravo, il genio è altra cosa; amo le mie statue più di me stesso, ma non basta.
Continuai a camminare osservando la statua con aria di sfida, le parlai, quasi la provocavo; aveva le mie sembianze e il soliloquio sembrava svolgersi davanti a uno specchio.
– Non hai vita, anzi non hai anima, sei solo un guscio freddo! Cosa fare per darti qualcosa di più di un bel corpo?
In realtà parlavo al marmo, non alla statua; alla sostanza, non alla forma.
– Ho ricevuto tanto da te, cosa posso fare per sdebitarmi?
In piena eccitazione non mi accorsi della giovane donna che mi osservava, rapita dal surreale monologo. Gli occhi sorridevano più della sua bocca; sul volto un’ombra di ironia. Solo quando la notai, mi parlò. Più precisamente sussurrò.
– Mi scusi Maestro, ma non potevo fare a meno di ascoltare. Lei vuole dare anima alla materia: arte o creazione ?
La sorpresa fu cacciata da un abbozzo di ira, favorita dalla mia frustrazione.
– Lei chi è? Come è entrata?
– Era aperto e nessuno mi ha fermato. – la donna porse la mano, la grazia di una scultura classica – Sono Lucia Ferri, direttrice artistica della nuova galleria di Piazza Alberica, ‘Animarte’. Sarei onorata di organizzare una mostra con le sue ultime sculture.
Mi aveva raffreddato, invitai la donna a sedersi; poi le versai da bere.
– Non ho presunzione di creare come una divinità, ma vorrei dare qualcosa di mio alla statua, una sorta di anima. Lo scultore fissa dei momenti, ma si limita a questo. Riuscire nel progetto sarebbe un capolavoro, un’ apoteosi creativa.
Mentre parlavo mi alzai eccitato e osservai più volte la scultura. Lucia restò seduta e osservò la scena: non mostrava emozioni.
– Quindi vita e anima per lei si equivalgono?
– No di certo, né posso dare anima o vita a una statua; vorrei però lasciarle qualcosa di mio, dei miei sentimenti e del mio spirito. Il marmo è la mia vita e da lui ho avuto molto, devo saldare il debito.
– Capisco, e penso di poterla aiutare; ma prima discutiamo i dettagli della mostra.
Parlammo per un’ora, concordammo le date e scegliemmo le sculture. Ero affascinato e intimidito dalla donna, a dispetto della giovane età si dimostrava esperta e determinata.
– La sua ultima opera avrà il posto d’onore nella mostra.
– Pensavo di non portarla. – dissi scuotendo la testa.
– Non si preoccupi, le ripeto di lasciare fare a me. Mi raggiunga nella galleria la sera precedente l’inaugurazione e capirà.
Salutai Lucia e, subito dopo, telefonai a un amico.
– Ciao Stefano, sono Filippo; una certa Lucia Ferri mi ha proposto di esporre nella sua galleria. Sai qualcosa di lei?
– Hai a che fare con un bel tipo: ricchissima, ambiziosa e spuntata dal nulla. Non si trovano sue notizie in rete, né da altre fonti. Di certo lavora con competenza, ha buoni contatti con i giornalisti e non si ferma di fronte a nulla.
Salutato l’amico, consumai una cena veloce e trascorsi una notte agitata, trascorsa a riflettere sugli ultimi avvenimenti: la lezione e l’incontro con Lucia Ferri, la mia ossessione e la speranza di realizzarla. Anche il giorno successivo studiai la statua e pensai; in seguito l’allestimento della mostra mi impegnò sino all’incontro.
Il giorno dell’appuntamento, all’ora stabilita, mi recai alla galleria e trovai l’ingresso chiuso; proprio quando stavo per andarmene mi sentii chiamare.
– Maestro Buffoni, da questa parte! – una voce dall’oscurità.
Lucia Ferri mi salutava dal vicolo accanto all’ingresso; tono suadente e viso nell’ ombra.
– La sera utilizziamo l’entrata di servizio.
Mi precedette verso un’ ampia camera colma di statue grottesche, simili a gargoiles, con sembianze di uomini, donne e ragazzi.
– Intendeva questo per statue con un anima?
Osservai le figure, spostando gli occhi da una all’altra.
– Non sembrano vive; direi tristi o deluse, quasi angosciate.
– Forse riflettono lo stato d’animo dello scultore mentre le scolpiva.
– Non è lo spirito che intendo. La statua ha già le mie sembianze, le manca solo una cosa. Non è un capriccio, ma uno scopo, una promessa. – mentre formulai la domanda mi avvicina a Lucia – Può davvero aiutarmi?
Nel suo viso, per la prima volta, un sorriso appagato.
– Le rispondo con un’altra domanda: che prezzo pagherebbe? Dove si spingerebbe per saldare il debito con la statua e con il marmo?
– Intende dire che dovrei morire?
– Non ho parlato di morte, né di vita…
Un mese dopo sulle principali emittenti giravano le notizie sulla mostra di scultura.
– Nonostante il grande successo della esposizione di Buffoni alla Galleria ‘Animarte’ non si hanno tracce del maestro da settimane. La sua riservatezza è nota a tutti, ma le opere hanno riscosso critiche entusiaste e i favori del pubblico, quindi la sua assenza stupisce. Il successo ha richiamato esperti e amanti dell’arte anche da oltre confine per la sua ultima scultura, considerata un capolavoro. Raffigura un uomo di bell’aspetto, col viso sereno, che guarda verso l’infinito; l’opera ha qualcosa in più di una banale statua sembra viva. Preparatevi ad aspettare mesi per visitare la mostra e vedere l’opera, che non può essere descritta a parole.
Ogni sera nella galleria d’arte restano solo le statue immerse nel buio. Osservo
compiaciuto e orgoglioso il mio capolavoro, riflesso nella vetrata e rischiarato dalle deboli luci esterne. Ho ascoltato i commenti unanimi del pubblico: la scultura sembra viva, incarna lo scultore e la sua passione.
Sono sereno, finalmente ho potuto saldare il mio debito.
Avete messo Mi Piace1 apprezzamentoPubblicato in Narrativa
Come sempre stupisci sul finale. Racconto particolare dove i dialoghi rappresentano la spina dorsale della narrazione.
L’uomo e la sua arte, dove può spingersi l’artista per veder realizzata la sua opera nella sua autentica perfezione?
Alla prossima lettura.
Grazie, ho cercato di “stressare” il rapporto tra artista e arte, amarla sino a perdersi…
bellissimo racconto, i dialoghi ben fatti, la narrazione abbastanza fluida e la storia è molto attraente