
La casa di Klara
Una casetta linda come quella di Biancaneve.
Il tetto a punta.Ad un piano.
Le tegole di cotto ben allineate.
I muri ripitturati di fresco.
Di un bel marrone ocra terra di siena chiaro.
Com’era una volta.
Le persiane di verde brillante.
Una piccola tettoia sul retro per non far bagnare gli ospiti.
Un kindergarten all’aperto..un giardino di bambini giusto di fianco.
L’altalena.
Una casetta solitaria.
Ma non si trova davvero in mezzo ad un bosco.
C’è una kleine kirche proprio vicina vicina.
Di fronte, al di la della strada.
La domenica mattina sul presto Klara lascia l’Osterpinze nella cucina a legna.
La Schnitzel nella ghiacciaia. Pronta.Per il dì di festa.
Poi sta per uscire. Solo pochi passi di là dallo stradone.
Ed ecco la piccola chiesa.
Il suo campanile aguzzo di mattoncini rossi.
Socchiude la porticina di casa.
Uno scialle sulle spalle.E’ lì sugli scalini.
Ancora freddo all’inizio della primavera.
Sogna l’estate Klara.
Quando le rane avrebbero gracidato nel fossato a fianco della strada.
Di fronte alla sua casetta.
Ma ora ecco lo sferragliare dei cavalli.
Finalmente un messaggio? Dalla capitale?
Gli hiip dei carrettieri che salutano.
Lei accorre sorridente come in attesa.
Solo un cenno di uno. Cortese. Deferente. Nulla di più.
-Guten Morgen!
-Servus!
Un toccarsi del vetturino sulla falda del cappello con la piuma.
Un tintinnare di cilindri di latte argentati.
Poi il lento riavvio. Il ritmato procedere degli zoccoli.
Solo il lattaio Herr Munster.
La vita e la morte così vicine.
La normalità del quotidiano. Delle pulizie.
Il camino ancora acceso.Le cure domestiche.
Oggi Klara Tu riposi quieta.
Il nome sotto quello del marito.
Solo maggiori le abbreviazioni.
Nessun titolo onorifico.
Al contrario dello sposo:
“Hausbesitzer”Proprietario e “k.k.” (imperial-regio) “Zollamts Oberoffizial”(funzionario di Dogana).
Tu invece:
“Dessen Gattin Frau
Klara
gest.21 Dez.1907 i.47 Lehj.”
“Sua moglie, la signora..scomparsa..47 anni.”
Morire così alla vigilia di Natale.
Dice la piccola stele di granito grigio.
Raccolta sotto un maestoso cipresso dalle gran radici nodose.
Unica pietra proprio sotto le sue fronde.
Compagnie delle cupressacee all’anime levi.
Le parole incise in minuscole lettere d’ottone.
Il decoro tranquillo di un tempo che fu.
Gli svolazzi del gotico d’anteguerra d’antan.
La tua foto nell’ovale.
Quel viso affilato.Scabro.Minuto.
E gli occhi..quegli occhi.
Ora Klara riprende per la sua via.Un sentierino di ghiaino.
Qualche altro rado cipresso o quercia.
Il muretto del camposanto è giusto fuori dalla chiesa.
Di là dalla cinta bassa.
E si vede la casetta di Klara.
E’ mattino presto.
Klara detesta le folle festanti della domenica.
Meglio raccogliersi tranquille.
Salvare preoccupazioni ed ambasce nel segreto.
Del suo piccolo cuore.
Si avvia.
La sagoma del campanile al primo albeggiare.
La pieve di San Michele ora è più vicina.
Le lanterne a gas ancora accese.
Fa ancora un po’ freddo di prima mattina.
Le si illumina il cammino.
Le preci biascicate delle vecchine sulle panche in fondo all’altare.
Klara si accomoda silenziosa e solinga.
Riflette e piange.
Paula piccolina a casa è rimasta nel lettino.
Una casa senza un uomo vicino.
Tirare avanti.
E quel figlio strano lontano.
Le sue manie d’artista.
Quale sarà il suo destino?
Klara prega e riflette.
E piange ancora.
Da qualche giorno si è fatto più acuto il dolore al fianco.
Sarà stato forse il freddo di quest’inverno piovoso.
Dovrà chiamare il bravo dottor Bloch.
Onesta persona.Uomo di buon cuore, anche se israelita.Seguace del popolo deicida.
Anche questa volta si farà pagare solo due corone e 25 heller per la visita?
Klara ci spera.
I conti ogni fine mese non quadrano mai.
L'”Ite Missa est” dell’anziano prevosto.
Ripete a memoria le frasi in latino.
Si genuflette. Bagna le dita diafane e fragili nell’acquasantiera.
Il segno della croce.
Così esce nel mattino domenicale di primavera.
Ora il sole è un po’ più alto.
C’è tepore.
Dalla porticina laterale accede al sentierino sul cimitero.
Qualche passo più in la.
Si avvicina.
Sotto il lungo cipresso.
Si stropicciano le sue scarpe nuove di vernice.
-Scheize!..sottovoce.
Una prece sul cippo del marito.
Un pensiero reverente alla memoria.
Presto è contenta.
Rasserenata.
Una luce le si accende sul viso.
Una speranza.
Avrebbe ricevuto qualche nuova da Vienna?
Sicuro.
Un inchino e l’ultimo Pater Noster.
Chiusa e minuta come un fagottino si allontana verso la sua dimora.
A passi spediti e scattanti.
Tutto è nitore e fragranza nella bella stagione imminente.
Il sole le illumina la fronte.
Si gira. Un ultimo sguardo al cenotafio. Di lontano.
Sì. Le rose non sono ancora appassite.
C’è tempo a cambiarle.
Paula aspetta la mamma.
Dorme beata la ragazzina.
Klara rincasa.
L’odore fresco del pane si spande per la cucina.
L’attesa di un arrivo che forse non avverrà.
Lei lo sa.
Lui è lontano, nella città grande.
Lei un piccolo cuore di mamma che attende.
Le mamme sono le virtù del mondo che cambia.
E rimane sempre uguale a se stesso.
Ci si chiede allora spesso invece dove risieda il Male.
Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Grazie ai tuoi tag, ho scoperto a chi hai voluto dedicare questo racconto oserei dire tenero (oltre che malinconico). Un giusto omaggio ad una madre al di là del contesto storico
Sono anche un appassionato di storia ed i tag, infatti, erano stati postati come le briciole di Pollicino. Ma devo precisare che mi ispirava, quasi esclusivamente, l’aspetto ‘umano’ del soggetto. Volevo immaginare nei dettagli e come ‘dipingere’ un piccolo quadro di quella vita familiare. La figura della madre è decisiva in ogni caso per lo sviluppo di qualsiasi infante e poi bambino. Certo poi rientrano in gioco altri fattori ed il tema ‘morale’ (per me importante) è rimasto come un panneggio sullo sfondo..all’ultima riga.
Grazie del contributo, Micol.