
Là dove volano i grifoni
L’ immensa vallata del rio Mannu era immersa in un silenzio colmo di suoni impercettibili che avrebbero potuto formare una sinfonia perfetta, tra il brusio delle api, il frinire delle cicale, il verso di alcuni uccelli rapaci e il fruscio delle foglie orchestrati dal vento. Il maestro scomponeva e componeva nell’aria e infine disperdeva, quelle note sonore, tra gli anfratti di un regno naturale ancora un po’ selvaggio. La sensazione illusoria era quella di uno scenario muto. Solo di tanto, in tanto, si sentiva un’ esclamazione di dolore da parte di Mary, mentre avanzavano sul sentiero che avevano scelto per raggiungere il sito archeologico di monte Acuto; soprattutto quando i tralci dei rovi pungevano o graffiavano le sue gambe o le braccia nude.
Le due ragazze erano poco abituate ai percorsi lunghi e impervi, in salita, tra sassi e spine, e sole a picco. Erano già esauste prima di iniziare il cammino più ripido. Un’ overdose di cioccolato fondente non era bastato per dar loro la carica necessaria. Avevano deciso di fare quell’escursione, dopo colazione, lasciando Susi e Gi’ profondamente addormentate, reduci dalla notte in bianco, trascorsa con due perfetti sconosciuti che non erano granché in tutti i sensi, però le avevano fatte ridere a crepapelle, seduti sull’erba bagnata di rugiada, sotto un cielo di stelle, raccontando storie e muovendo le mani sotto le loro T-shirt, con parole sussurrate, per solleticare cuore e pelle.
Anche Betta avrebbe preferito fermarsi a riposare, dopo tante ore senza chiudere occhio. Non le sembrava giusto, però, sottrarsi alla richiesta di Mary, dopo tanta generosità da parte sua, per averle lasciato a disposizione la Jeep, per tutto il tempo in cui erano rimaste a scorrazzare a Olbia, andata e ritorno.
Avevano indossato scarpe basse, leggere, non proprio da trekking, però comode. Dopo aver percorso la via Casu, avevano seguito le indicazioni del cartello. Alla prima biforcazione avevano sbagliato strada, perdendo tempo nel girare a vuoto.
Quando avevano ritrovato la giusta via, avevano ripreso la salita, con le ombre degli alberi che indicavano quasi mezzogiorno. I piedi cominciavano a dolere. Senza perdersi d’animo, Betta aveva incoraggiato Mary ad arrampicarsi ancora, come capre, su quel sentiero sempre più faticoso.
«Tra non molto saremo in cima» le aveva detto, leggendo nei suoi occhi la tentazione di tornare indietro. Le rovine dell’antico castello medievale, che in epoca giudicale era stato sede della giudicessa Adelasia di Torres, l’avrebbero ripagata di quel lungo e faticoso cammino.
Di solito, dal quartiere in cui abitava, Mary si spostava con la metro, per il solito breve tragitto casa-lavoro, lavoro-casa. E quando usciva per andare al pub utilizzava il monopattino elettrico che le consentiva di parcheggiare a pochi metri dall’ingresso del locale. In quel momento, molto lontano dalla sua città, lungo la salita per monte Acuto, con il fiato corto e i piedi gonfi, l’escursione che tanto aveva programmato e sognato, stava diventando un supplizio. Le parole dei racconti un po’ leggendari di sua nonna, nata e cresciuta in quei luoghi, le avevano dato la spinta e infine la volontà di non arrendersi. E poi c’era stato il sogno del cavaliere, la notte precedente, che sembrava premonitore di qualcosa di bello e di importante, che proveniva da quel sito. Non poteva tornare a Londra senza averlo visto.
In quel momento il silenzio circostante era stato interrotto da alcune voci e qualche risata che proveniva da una zona più in alto. Avevano camminato più spedite per raggiungere le altre persone che avrebbero potuto guidarle e magari sostenerle, in quell’arduo cammino.
Il gruppo, ben equipaggiato per il trekking, era formato da sei persone, oltre la guida. C’era un uomo alto e magro, con gli occhialini alla John Lennon e un’aria da professore. E un altro, con un collarino bianco, sotto la camicia scura, che sembrava un sacerdote. Una ragazza molto giovane, con i capelli viola, un piercing sul naso e uno zaino più voluminoso di lei. Un’altra donna accanto, per la forte somiglianza del viso, poteva essere la sorella maggiore, oppure sua madre. C’erano anche due gemelli, giovani e snelli, identici come le due pupille sui loro volti.
«Quello che vedete in fondo alla valle è il Riu Mannu» aveva detto la guida.
«La bellezza salverà il mondo» aveva esclamato il professore, spalancando le braccia verso quel panorama che meritava un lungo e religioso silenzio.
«La bellezza è negli occhi di chi guarda» aveva proseguito la ragazza.
«Gli occhi sono lo specchio dell’anima» aveva continuato il don.
«I libri, sono lo specchio dell’anima» aveva replicato l’altra donna del gruppo.
«Questo lo dici te?» aveva chiesto uno dei ragazzi.
«No, è una frase di Virginia Woolf.»
«Meglio un libro di carta o un ebook?» aveva domandato l’altro gemello, citando un tweet.
«Meglio leggere» aveva risposto il fratello.
Dal modo in cui venivano pronunciate quelle affermazioni, sembrava tutto uno spasso. Un gioco di citazioni, come un domino fatto di parole e frasi celebri.
Il gruppo si era fermato a riposare. Una sosta breve, prima di inerpicarsi ancora più in alto, in quel cammino ripido, a tratti angusto, tra spuntoni di roccia e anfratti, in cui bisognava muoversi come contorsionisti, per riuscire a passare. Nessuno di loro era tanto robusto da non riuscire ad infilarsi anche nelle strettoie più ridotte.
Mary e Betta avevano deciso di aggregarsi a quell’allegra compagnia, cogliendo l’occasione di unire l’utile al dilettevole. Il loro buon umore, oltre che la guida, era un supporto notevole per andare avanti.
Giunti in cima, sudati e trafelati, avevano trovato quel che restava dell’antico castello: un semplice cumulo di sassi. Niente mura, né torri; né tanto meno cavalieri a cavallo, come Mary aveva visto in sogno, non riuscendo a levarselo dalla testa. Solo un mucchio di pietre e nient’altro. Dopo aver dato un’occhiata a quei resti, l’intero gruppo si era messo comodo a riposare, con gli occhi rivolti al cielo e verso le cime che facevano da cornice a quel luogo popolato dalle aquile, dai falchi e dai rari grifoni. Mary era rimasta in piedi, nonostante la stanchezza del viaggio, che in quel momento sembrava di colpo svanita. La grande meraviglia che nessuna descrizione fatta di parole avrebbe potuto rendere appieno, la teneva ritta e incantata. Sentiva di trovarsi in un luogo dell’anima, mistico, dove lo spirito umano, facilmente, nel silenzio, poteva connettersi allo spirito universale. In quello spazio immenso, tra cielo e terra, si sentiva invadere da una forza nuova: una carica energetica emanata da quel luogo magico.
Sul più bello, da un altro picco poco distante, un rumore improvviso l’aveva scossa dal suo incantesimo. Un rapace che sembrava un avvoltoio stava portando nutrimento ai pulcini del nido. Altri uccelli che sembravano ormai estinti, avrebbero continuato a ripopolare la fauna selvatica di monte Acuto. Una speranza in più di vita in quell’areale e per l’intero ecosistema.
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La tua serie offre una varietà di emozioni sempre diverse: risate a non finire nel seguire le avventure tragicomiche delle due amiche, cavalieri al chiar di luna, amare riflessioni sulla silenziosa violenza (pacche al sedere, strofinii, commenti indesiderati), considerata un nonnulla, con cui le donne hanno imparato a convivere, ed ora l’incanto mistico di un luogo del cuore. Nei tuoi racconti è racchiusa la vita vera: a volte si ride, altre si piange
Grazie Micol, credo che le tue parole colgano esattamente cio` che spero di trasmettere. Vorrei soprattutto suscitare qualche sorriso, ma anche qualche considerazione sulla vita, talvolta spensierata e in altri casi piuttosto amara. Mi piacerebbe che questi piccoli racconti avessero un gusto gradevole: ne` poco, ne` troppo sapido, senza miele e senza fiele.
Bella descrizione! Mi ha ricordato una visita alla rupe dei Grifoni di Alcara li Fusi, alle pendici dei Nebrodi, in Sicilia. Grazie!
Grazie a te. I posti magici che puo` offrirci la natura sono tanti. Scrivendo questo racconto ho scoperto che il monte Acuto, un modesto colle, in realta`, poco elevato, si trova in varie regioni d’ Italia.
Io ho dovuto descrivere il nostro senza esserci mai stata. Quando siamo andati a Berchidda, per salire fin lassu`, avevamo sbagliato strada durante il viaggio, siamo arrivati al paese un po’ tardi; quindi abbiamo pranzato al ” Belvedere”, poi siamo tornati a casa. Per scrivere il testo ho cercato informazioni sull’ web; per il resto… un po’ di fantasia.
Questo racconto è un’esperienza orografica e spirituale che grazie all’espediente dell’Hiking sa creare un valore naturalistico e umano con un proprio Valore, che io ho letto come si attraversa un vento orizzontale – la chimica dell’atmosfera creata, come le vene di un albero, mi ha ricordato emozioni antiche
Ciao David, grazie🙏per queste tue parole che rendono al meglio il mio intento di valorizzare un luogo non solo geografico, storico e naturalistico, ma anche spirituale. Un luogo ideale per chi vorrebbe intraprendere o portare a compimento, il lungo cammino di ricerca per favorire l’ armonia tra le ragioni del corpo, della mente e dell’anima. Non a caso gli escursionisti del gruppo si distinguono tra loro, anche in tal senso.
Hai descritto un paradiso. Bisognerebbe trovare tutti, di tanto in tanto, il tempo per fare una immersione nella natura, guardare, ascoltare, osservare. Ricordarsi che dinanzi a tanta “potenza” noi siamo piccoli e nocivi. Me lo sono andato a cercare per vederlo attraverso le immagini che tu hai saputo raccontare così bene. Bello anche il titolo. Ciao, M.Luisa.
Ciao Bettina, grazie per il tuo interesse e per gli apprezzamenti, non solo per il breve racconto, ma anche per il luogo particolare che ho provato a descrivere. Uno scorcio di paradiso naturalistico, ancora poco contaminato e carico di potere dei suoi elenti, che merita di essere conosciuto.
elementi
Cara Maria Luisa, io sono come la tua Mary, mai adeguata ad alta quota. Mai con l’abbigliamento giusto e le vesciche ai piedi. Molto meglio al mare in ciabatte. Forse il tuo personaggio che amo di più, quello con i colori più belli, a mio avviso. In questo episodio le dai lo spazio che merita, collocata in un ambiente maestoso in bilico fra mare e montagna. Ognuno di noi a le sue simpatie e lei è la mia. Bravissima come sempre.
Ciao Cristiana, aspetto sempre con un po’ d’ ansia il conforto delle tue parole, che mi danno forza piu` del cioccolato fondente e dell’ aria, non sempre salubre, che respiro intorno a me, nelle ore piu` “in salita”. Ti dico grazie, percio`, ancora una volta, di 💝
Si, nel racconto precedente il finale descriveva il rientro al B&B di Susi e Gi’ felici come se avessero appena consumato l’ uovo pasquale di cioccolato, con allusioni ad altri piaceri appena goduti. In questo caso, per Mary e Betta, il cioccolato e` inteso solo come super food, molto energetico. Il piacere del gusto, resta comunque; almeno per me. Non so se anche tu ami il cioccolato fondente, o se preferisci quello piu` dolce, al latte. In tutti i casi uno degli alimenti piu` prelibati al mondo, credo.
“Un’ overdose di cioccolato fondente non era bastato per dar loro la carica necessaria”
Metafora?😃
Nessun doppio senso. E`uno dei mie rimedi preferiti per per tirarmi su, fisicamente e moralmente, quasi quotidianamente.
Sai che avevo pensato? Alla chiusura del precedente (mi pare). Con l’allusione alle mani nella cioccolata. Beata fantasia!
Assolutamente e solamente fondente altissima percentuale, di quello che impasta la bocca. Magari con sigaro preferibilmente cubano e un ottimo ron? E qui mi fermo.
Bello bello bello questo episodio, e non solo perchè ho intenzione di fare quel percorso ma perchè mi hai fatto proprio iniziare bene la giornate, una bella boccata d’aria fresca. Non è il sogno di Mary ma sicuramente non è rimasta delusa. Le descrizioni sono perfette al punto da farti trasportare lì, mi è piaciuta anche la varietà della comitiva che le due hanno incontrato. A presto!
Grazie, grazie, grazie. Io sono stata a Berchidda martedi` scorso, con l’ intenzione di esplorare il sito, ma arrivare fin su non e` stato possibile perche` ci siamo un po’ persi prima di trovare il paese e abbiamo fatto tardi. Ci dovro` tornare anch’io; spero presto.
Ciao Carlo, buona giornata.