La farfalla
Serie: L'uomo sul balcone
- Episodio 1: Le cause e gli effetti
- Episodio 2: La farfalla
- Episodio 3: Incontri a distanza
STAGIONE 1
– No, amico mio, oggi io non ucciderò proprio nessuno. Sarai tu ad uccidere… e non lo farai per me, lo farai perché è a questo che porta il tuo cammino – disse facendogli scorrere la punta del coltello lungo la spalla.
Davide cominciò ad ansimare, il cuore gli batteva talmente forte da bloccargli il respiro. I pensieri tornarono ad annebbiarsi e ad incespicare l’uno sull’altro rendendosi incomprensibili. Si trattenne dal gridare mordendosi il labbro superiore ed emettendo un gemito disperato.
– E se così non fosse, allora semplicemente non succederà. Non muori dalla voglia di sapere quale effetto potrebbe scaturire da queste cause? – continuò l’uomo cominciando a girare lentamente intorno alla sedia dove era seduto Davide.
– Comunque non ti preoccupare mi sono già occupato io della tua vittima…nessuno la verrà mai a cercare. Ti sta aspettando, seguimi. – gli fece cenno con il coltello di alzarsi e Davide obbedì.
L’uomo lo portò davanti a un’altra porta blindata, in fondo all’oscuro corridoio che attraversava l’appartamento. La porta era di colore bianco, era logorata e sul lato sfilavano una decina di lucchetti arrugginiti di diverse dimensioni. Al centro vi era una finestrella in vetro rinforzato che sembrava più solida della porta stessa. L’uomo gli porse un mazzo di chiavi.
– Sono numerate, i lucchetti vanno dall’alto verso il basso. Aprili. –
Davide, con le mani tremanti, cominciò a fare ciò che gli era stato ordinato. Dopo che con grande sforzo era riuscito ad aprire i primi quattro lucchetti, si abbassò per passare al quinto e non poté fare a meno di lanciare un’occhiata attraverso la finestrella. Intravide i due piedi sporchi di una persona sdraiata in posizione supina. Rabbrividì e strinse le labbra una contro l’altra, trattenendo le lacrime che cominciavano a inumidirgli gli occhi. Il lavoro meccanico dell’apertura dei lucchetti gli restituì un po’ di lucidità. Loro erano in due, l’uomo era da solo. Se fosse riuscito a liberare quella persona in qualche modo, forse avevano qualche possibilità di sopravvivere. In quel momento l’ultimo lucchetto cadde a terra. L’uomo con un leggero calcio spalancò la porta. La stanza era illuminata da una luce al neon che ronzava nel silenzio. Le pareti, il pavimento e persino il soffitto erano coperti da un telo di plastica. Al centro vi era un robusto tavolo di plastica con sopra una donna. Aveva i capelli biondi ma sudici di sudore e la pelle candida e lucida. Le erano state legate braccia e gambe con delle cinghie.
– Benvenuto nella mia sala hobby, insonorizzata e dotata di tutti i comfort. Ti presento la nostra nuova compagna di giochi. – puntò per un secondo il coltello verso la donna poi lo riposò subito sulla spalla di Davide – Allora, ti spiego come andranno le cose. La signora al momento è sedata, presto si dovrebbe svegliare ma le farò comunque un’iniezione per velocizzare le cose. Poi ti darò la chiave di quel cassetto – indicò con lo sguardo un cassetto sotto il tavolo – lì troverai qualsiasi aggeggio tu voglia utilizzare per uccidere la nostra amica. Come avrai già notato questa stanza è una gigantesca busta di plastica quindi, finito il lavoro, impacchettiamo il tutto e lo facciamo scomparire. Mentre preparo l’iniezione ti terrò d’occhio con questa – si tirò fuori dai pantaloni una pistola – Così non ti viene in mente di fare scherzi, intesi? – Davide annuì.
Aveva intenzione di fare scherzi. Le cinghie che legavano la donna erano bloccate da due fibbie di metallo situate entrambe dal lato di Davide. Doveva essere delicato e sfruttare al meglio quei brevi momenti in cui l’uomo avrebbe dovuto distogliere lo sguardo. L’uomo incominciò a indietreggiare puntandogli la pistola, prese una siringa ancora sigillata nella custodia. Per aprirla abbassò lo sguardo e Davide, con la mano che teneva dietro la schiena, fece lentamente pressione sulla fibbia che bloccava le braccia della donna. La fibbia fece un leggero scricchiolio. Leggero…ma non abbastanza per il silenzio che regnava in quella stanza della morte.
L’uomo alzò lo sguardo di colpo – Che diavolo stai facendo? – si avvicinò con due lunghi passi, posò sul tavolo la siringa che aveva estratto dalla confezione e appoggiò la canna della pistola tra gli occhi di Davide.
Sbuffò deluso – Ahh andiamo! L’universo ha davvero intenzione di deludermi con un finale così banale? Devo davvero uccidere due persone oggi? E io che volevo rilassarmi e godermi lo spettacolo – premette ancora più forte la pistola sul viso di Davide.
In quel momento un urlo si levò dal tavolo e una mano, munita di siringa, sbucò da dietro la testa dell’uomo cominciando a trafiggerlo prima sulla fronte, poi sugli occhi. Piccoli schizzi di sangue imbrattarono il viso di Davide, che incredulo cercava disperatamente qualcosa da usare come arma. Tra le urla disperate dell’uomo, la donna, ormai più che sveglia, gli salì sulle spalle e con gli occhi sgranati gli piantò la siringa in gola trascinandola poi per diversi centimetri. Un improvviso spruzzo di sangue caldo si rovesciò sul petto di Davide. L’uomo cadde a terra agonizzante e la donna, in preda alla foga, si lanciò su Davide trafiggendogli mani e braccia con la siringa. Le braccia gli si ricoprirono di sangue, cadde a terra accanto all’uomo che continuava a emettere versi soffocati. In preda al panico più totale, Davide sentì sotto la sua mano insanguinata la pistola che poco prima gli era stata puntata alla testa. Non ci pensò neanche un secondo. La prese. La puntò. Premette il grilletto. L’espressione di rabbia e foga sul viso della donna si spense in un secondo, mentre un piccolo fiume di sangue cominciava ad attraversargli il viso. Aveva un foro nero sul lato destro della fronte. Si accasciò per terra con un tonfo. Davide ansimava e tremava. Non sarebbe dovuta andare così. Ora era diventato un assassino. Era diventato un assassino perché non aveva potuto fare altrimenti. In quel momento vi fu un colpo di tosse sofferente. Davide voltò lo sguardo e si accorse che “l’uomo sul balcone” si muoveva ancora, stava premendo con forza sulla ferita alla gola.
– P…a…re c-che abbia s…bat…t…tuto le al…i la f-farfal-la giusta – disse soffocando nel suo stesso sangue, poi abbozzò un sorriso.
Davide si alzò, sputò un grumo di sangue, guardò fisso negli occhi l’uomo…e gli piantò due pallottole nel cranio.
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