
La fuga e il rigagnolo
Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno
- Episodio 1: L’arrivo e le altezze
- Episodio 2: Il coltello e i ricordi
- Episodio 3: Nel cuore della notte
- Episodio 4: Ombre rosse
- Episodio 5: Le parole nel buio
- Episodio 6: Il temporale
- Episodio 7: La visione
- Episodio 8: La rivista di poesia ermetica
- Episodio 9: La finestra dell’albergo
- Episodio 10: La prima accoglienza
- Episodio 1: Il solletico dell’assassino
- Episodio 2: Ingresso in camera
- Episodio 3: Prima di cena
- Episodio 4: Inizio della cena
- Episodio 5: L’arrivo a Praga
- Episodio 6: Vita con Edo
- Episodio 7: Delle carte utili e inutili
- Episodio 8: Col respiro spezzato
- Episodio 9: Primi mutamenti
- Episodio 10: Incontro con il direttore
- Episodio 1: L’invito domenicale
- Episodio 2: La sentenza
- Episodio 3: Riverberi dal pranzo
- Episodio 4: Il sonno di Edo e la telefonata
- Episodio 5: Dalla parte di Gustav
- Episodio 6: L’arrivo di Lara in albergo
- Episodio 7: Il rischio e l’abisso della fiducia
- Episodio 8: La sosia
- Episodio 9: La fuga e il rigagnolo
- Episodio 10: Primi barlumi di vertigine
- Episodio 1: Sola al mondo
- Episodio 2: Un faro nella notte
STAGIONE 1
STAGIONE 2
STAGIONE 3
STAGIONE 4
Lara e Stanislao chiesero permesso e lasciarono improvvisamente la camera. Ariele era crollato di sonno. Rimasto solo, senza testimoni, provai l’impulso di tornare a casa, da mia moglie, e lasciar perdere tutto, compreso il progetto della rivista e le restanti diavolerie, ma solo allora mi sovvenne che non avevo con me la mia borsa. Dovevo recuperarla a tutti i costi. Sgusciai fuori dalla camera. Nell’uscire sul corridoio socchiusi la porta. C’era un silenzio soffocante, che spezzava il fiato. Cercai di orientarmi, ma non era facile. Dovevo individuare le scale, o la porta che dava sull’uscita di sicurezza, e scendere giù, sperando di districarmi alla meglio tra i labirinti dell’albergo e recuperare quanto prima la mia borsa. Ricordavo di essere venuto da sinistra. Svoltai e proseguii nella direzione che pensavo di avere già percorso. Poi una lunga zona di penombra, dove intravidi una porticina azzurrastra. La aprii e finalmente incontrai le scale, ma mentre le inforcavo sentii una voce di donna ridacchiare, proveniente dal basso. Mi fermai e rimasi in ascolto della voce, che mi ricordava quella di Lara. Stava salendo le scale, tra poco mi avrebbe raggiunto. Decisi di nascondermi. Non mi andava di giustificare la mia uscita di scena, incomprensibile anche a me stesso, essendo nata da un impulso incontenibile. Quando mi affacciai sulla rampa, riconobbi Lara insieme al poeta. Li sentivo sghignazzare, sussurrarsi parole segrete, sospiri, qualche oscenità , poi fermarsi per qualche istante, forse per riprendere fiato, ma dalle ombre mi pareva che durante le pause si facessero sempre più torbidi e silenziosi. Mi accorsi che il braccio di Stain le cingeva una spalla, un fianco, poi la punta di un seno: erano in una fase di intimità , nel pieno di una seduzione ostinata da parte di Stanislao. Adesso li vedevo meglio, accanto alla porta della camera del poeta, attraversati dal filo malaticcio di luce che filtrava dalla feritoia dell’uscio, rendendo le loro figure più stabili e scandite, mentre il poeta avvicinava una mano all’orecchio della fumatrice, da cui, a seguito del suo contatto, ne fuoriuscì un liquido azzurro. Lui ebbe un attimo di sospensione. Fece un lieve balzo, forse di repulsione, se non di spavento. Il liquido che fuoriusciva dall’orecchio della donna diventò in pochi istanti una specie di rigagnolo, che stava già dilagando con clamore nella mia direzione. Non dovevo permettere che mi sfiorasse, non sapendo nemmeno di cosa fosse fatto, tra l’altro. Ritornai subito indietro, osservando di continuo la moquette per controllare i tempi di velocità del fiumiciattolo luminoso che mi inseguiva. Alla mia sinistra solo porte chiuse, per il resto il corridoio pareva non avesse fine – non lo ricordavo così lungo. Dovevo tentare di accedere a una delle camere, in modo da trarmi in salvo, semmai in attesa del prosciugamento o dell’intervento tempestivo di qualcuno del personale, come il cameriere della camera 19, per esempio, che immaginavo ancora in attività . A ogni passaggio davanti a una porta, posavo la mano sulla maniglia, con la speranza che almeno una delle prime si aprisse e mi mettesse in salvo. Una, due, tre, quattro, cinque: maledizione, tutte chiuse! Al movimento della mia mano incontravo la resistenza puntuale della serratura. Ancora la sesta, la settima, l’ottava e la nona, fino alla decima, che per incanto, e con mia sorpresa, si aprì. Mi fiondai dentro e me la chiusi dietro, tirando un respiro di sollievo. Non mi sembrava vero di avercela fatta. Ero distrutto, ansimavo.
La camera era al buio. Speravo non ci fosse nessuno. Cercai l’interruttore della luce, tastando la parete alle mie spalle, accanto alla porta. Lo trovai. «Fiat Lux», sogghignai, rasserenato. Su di un divanetto giallo, disposto accanto a una piccola finestra, c’era la mia borsa di avvocato. Che meraviglia, pensai, fiondandomi sul divano, ancora frastornato per il misterioso rigurgito azzurrino avveratosi sotto i miei occhi e di fronte allo sconcerto del poeta, a poca distanza dalla mia postazione di fuggiasco. Aprii di furia la borsa, per essere certo che fosse la mia e che non mancasse niente. All’interno le mie carte legali, la mia agenda, le mie penne stilografiche, tutto intatto, in perfetto ordine, così come era stato lasciato. Non mancava niente. Il ritrovamento mi confortò. Ora non dovevo fare altro che uscire dalla camera deserta e dirigermi verso l’uscita, ma mi ritornò in mente lo strano liquido fuoriuscito dall’orecchio della donna. Mi affacciai sul corridoio, dove ritrovai il fiumiciattolo azzurro trascorrere indisturbato. Avrei dovuto aspettare che si prosciugasse, ma quanto tempo sarebbe passato? Non mi restava che affrontarlo e uscire lo stesso; alzarmi di furia i risvoltini dei pantaloni e fare una corsa forsennata – non sarebbe stata chissà quale impresa per un uomo di legge come me, abituato a destreggiarsi tra svariati ostacoli e traversìe. Intanto, mentre pensavo a come procedere, sentii alcuni rumori dall’interno della camera, che avevo sperato deserta. Rimisi la mia borsa sul divano, probabilmente il cliente era in bagno. Attesi che uscisse, per presentarmi e chiedere spiegazioni su come fosse finita la mia borsa all’interno della sua camera, giustificando nel contempo la mia presenza con le mie funzioni e relative referenze del caso. C’era un telefono rosso, dal quale avrei potuto avvertire Lara della mia decisione improvvisa di raggiungerla da lì a poco, non vedevo l’ora. Ero prossimo a impugnare il ricevitore, quando la porta del bagno si spalancò. Ne uscì un uomo magro, distinto, dal viso chiaro, tranquillo. Indossava un abito grigio. I suoi capelli erano castani, come i suoi occhi a mandorla, che subito mi sorrisero.
«Avvocato Gustav, che sorpresa! Oltre al piacere di vederla da vicino, ho addirittura il privilegio di ritrovarla nella mia camera. Un privilegio non da poco, mi creda! Non me lo sarei mai aspettato, ma la prego, non si imbarazzi. Si accomodi. Mi scuserà per il disordine, ma sono qui da poche ore. Il tempo di organizzarmi. È tutto tremendamente difficile, specie quando si vive da soli. Mi trovo qui, come ben saprà , per il processo relativo alle mie bambine, ricorda? A proposito, avvocato, poco fa hanno portato qui la sua borsa.»
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- Episodio 2: La sentenza
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