
La gioia
Serie: Di ora in ora
- Episodio 1: Il puttino
- Episodio 2: Ore 12
- Episodio 3: Il pescatore
- Episodio 4: La gioia
- Episodio 5: Anita
- Episodio 6: Le cinque della sera
- Episodio 7: Grazie Gino
- Episodio 8: Nonna Papera
- Episodio 9: Pepe sale e fiori freschi
- Episodio 10: La Pantera Rosa
STAGIONE 1

Stesso giorno, di lunedì, ore 15.
Perdona te stesso, fratello, / perdona tua madre, / perdona tuo padre; / per tutto ciò che di bello / non hai potuto avere. / Perdona tuo figlio, / che non sa fare di meglio. / Perdona l’amico pentito, / che un giorno ti ha tradito. / E gli uomini di tutta la terra, / che fanno morti in guerra. / Caro fratello bianco, / caro fratello nero, / che tu sia vecchio e stanco, / che tu sia giovane e fiero, / getta un seme come un dono, / spargi ovunque il tuo perdono. / Lascia cadere il rancore, / fai passare il livore. / Semina il grano fecondo, / che germini pace nel mondo.
Le parole di Louis Acnam,* le ronzavano in testa da quando aveva ritrovato quell’oggetto caduto sotto la sedia del suo terrazzo. Ripensava alla canna da pesca usata per rovistare tra i secchi. Lina non sapeva se ridere o arrabbiarsi, per quelle ingerenze, per i continui tentativi di piombarle in casa. L’oggetto non era una cianfrusaglia di poco valore: era un accendino, ma non di quelli usa e getta, di plastica o altri materiali scadenti. Era un Dupont d’argento, vintage. Poteva essere un oggetto ereditato dal padre o dal nonno; quindi anche con un certo valore affettivo; per quanto l’inquilino del primo piano le avesse dato spesso l’impressione di una persona gelida, arida e anaffettiva. Sicuramente, mentre stava fumando sul balcone, per buttare, come al solito, la cicca di sotto, lo aveva posato sul muretto ed era cascato giù. L’ultima volta che aveva suonato alla sua porta, sicuramente intendeva recuperarlo.
Louis Acnam era un poeta, perciò cercava le belle parole, il ritmo musicale, i contenuti che potevano parlare al cuore della gente; però… Si era mai trovato lui in circostanze simili alle sue, a dover sopportare la malvagità, i dispetti e le continue invasioni di territorio? Forse aveva subito anche di peggio, se la sensibilità della sua anima di scrittore si era affinata, spingendolo a scrivere, spesso, anche versi spirituali. Magari lo avrebbero fatto santo, dopo la morte, ma lei non aspirava alla santità, non ambiva alla beatificazione. E non aveva alcuna vocazione al martirio. Chiedeva soltanto all’Entità che governa il Creato, di poter vivere in santa pace. Lei, dal canto suo, cercava di non arrecare danno a nessuno; neanche alle mosche. In estate, quando qualcuno di quei fastidiosi insetti entrava nel suo appartamento, lei oscurava tutto, poi lasciava uno spiraglio di luce sotto l’avvolgibile della porta finestra della cucina e invitava la mosca, con molto garbo, ad accomodarsi fuori. E la mosca, senza fare troppe storie, volava via. A volte certi insetti le sembravano più ragionevoli di certe persone.
Lina aveva sempre partecipato alle manifestazioni per i diritti civili. Era stata spesso in prima fila per rivendicare i diritti delle donne, sin da piccola, accanto a sua madre, per la liberazione dal giogo maschilista, per ottenere la parità di genere. Erano serviti quasi ottanta anni per poter raggiungere numerose conquiste fondamentali per l’emancipazione femminile, a partire dal diritto di voto, concesso nel 1946, con il referendum che aveva stabilito l’abolizione della monarchia. Molti passi avanti erano stati compiuti; in molti casi, però, soprattutto in altri Paesi del mondo, al genere femminile venivano negate molte possibilità, nel campo del lavoro, della politica, delle istituzioni. In Afghanistan, con la recente presa di potere da parte dei talebani, le ragazze avevano perso anche il diritto allo studio. In un Paese ultramoderno come il suo – pensava Lina – le donne che occupavano i seggi del Senato e della Camera, erano una minoranza. La proposta di eleggere una donna come Presidente della Repubblica, cadeva sempre nel vuoto. A molti Onorevoli elettori il solo il pensiero poteva scatenare un attacco di panico o di orticaria. Nelle zucche di certi signori c’era ancora la convinzione che le donne dovessero restare in casa a occuparsi delle faccende domestiche. Tra le mura di certe case, però, la situazione, a giudicare dai fatti di cronaca, appariva tutt’altro che felice. Un femminicidio ogni due o tre giorni al massimo. La donna compagna, o moglie, o fidanzata o amante, era vista come una proprietà privata, senza diritto di scelta, nel caso in cui avesse voluto una separazione, un divorzio, la libertà di una vita nuova.
Lina non riusciva a concepire l’idea che qualcuno, in qualsiasi campo, in una posizione di forza, potesse approfittare del suo potere, per abusare di qualcun altro. In una società civile, dove persino il benessere degli animali e non solo di quelli domestici, andava tutelato, nessuno poteva arrogarsi il diritto di esercitare il suo potere per manipolare, sfruttare, imporre, dominare o schiavizzare qualcun altro o qualcun’altra; neanche psicologicamente o nelle dinamiche dei rapporti più intimi. Neppure se la persona dominante si fosse chiamata Maria, Nina o Rosarina; anzi, da parte di una donna sarebbe stato, a parer suo, ancora più inammissibile.
Quel suo modo di essere contro ogni genere di ingiustizie, le suscitava spesso un forte conflitto interiore. Non le piaceva subire in silenzio le angherie dei prepotenti. Reagire nei confronti di certe persone, però, sapeva bene che poteva essere solo controproducente. Soltanto una volta aveva manifestato apertamente la sua animosità per le conseguenze dovute alle azioni inqualificabili dei due barbari del palazzo. Era passato quasi un anno da quel giorno.
La signora Leda, nel pomeriggio, l’aveva chiamata al telefono per dirle che c’era un cagnetto sulla strada, a pochi passi dal loro palazzo. Era stato investito da una moto. Le aveva detto che non era sicura, però le era sembrato il suo cane. Quando Lina si era precipitata fuori, aveva constatato che la bestiola spiaccicata sull’asfalto era proprio lui. Avendolo azzoppato, correva con difficoltà e soprattutto non era abituato a destreggiarsi in mezzo al traffico intenso. Lina lo conduceva fuori ogni sera, passando sul marciapiede, tenendolo sempre al guinzaglio. Qualche volta il cane urtava i pali dei lampioni, a causa dell’occhio lesionato, ormai completamente atrofizzato.
Averlo ritrovato, quando meno se l’aspettava, privo di vita, in una pozza di sangue e con le budella di fuori, era stato uno shock.
Quando era cominciata la guerra in Ucraina, vedendo le vittime di quella mattanza, comprese centinaia di bambini uccisi, rapiti e chissà che altro, aveva cercato di dare il giusto peso a ogni cosa. Le azioni ingiustificabili di chi aveva voluto e ottenuto la morte di un piccolo e innocuo animale erano, però, ancora difficili da superare. Ogni segno troppo marcato della loro vicinanza, riapriva la piaga.
Il giorno dopo che il suo cane era stato schiacciato dalla moto, li aveva incontrati nell’atrio del palazzo. Loro le avevano detto ciao, ma lei li aveva guardati con odio, senza rispondere. Da quel momento aveva iniziato a ignorarli: nessun saluto; da parte sua, neanche una parola.
A distanza di un anno Lina non aveva intenzione di riprendere alcun tipo di dialogo con i due malvagi: avrebbe continuato a evitarli come la peste bubbonica. Continuava a considerarli colpevoli. Il perdono – come suggeriva la poesia di Louis Acnam – non riusciva a concederlo, ma non voleva neppure vendicarsi. L’accendino d’argento cascato sul suo terrazzo lo avrebbe messo in una bustina e lo avrebbe infilato nella loro cassetta della posta.
In quel momento aveva sentito la notifica di un messaggio su WatsApp. Aveva letto parola, per parola, con il sorriso sulle labbra, poi lo aveva riletto per la seconda volta con lo sguardo velato, asciugandosi una lacrima che le aveva bagnato il viso. Subito dopo Lina aveva risposto al messaggio, mentre il suo volto appariva improvvisamente raggiante.
*Il cognome Acnam del “poeta”, si può leggere, volendo, anche al contrario,
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- Episodio 7: Grazie Gino
- Episodio 8: Nonna Papera
- Episodio 9: Pepe sale e fiori freschi
- Episodio 10: La Pantera Rosa
Ho sottolineato il passaggio perchè a volte, almeno mediaticamente, fa più scalpore la violenza su un animale (sia chiaro orribile) rispetto quella perpetrata nei confronti di una donna. Spesso si chiude gli occhi di fronte a quest’ultima per non pensare. La differente dignità e importanza dei sessi è un retaggio che ancora oggi non è ancora scomparso del tutto. Ho fiducia nelle nuove generazioni
Vorrei anch’ io poter riporre le mie speranze, soprattutto per la questione del progresso sociale, nelle nuove generazioni. Non diffido dei giovani e credo che costituiscano una risorsa positiva importante. Allo stesso tempo, però, mi assale spesso il dubbio che in un futuro prossimo, potremmo andare incontro a condizioni di vita ancora più problematiche, per cause di vario genere, a cui potrebbe essere molto più difficile porre rimedio.
“n una società civile, dove persino il benessere degli animali e non solo di quelli domestici, andava tutelato,”
Questo passaggio mi è piaciuto
“Le parole di Louis Acnam,”
Somiglia a Luisa Manca😃 questo poeta.
Un bel messaggio, che riprende la bella poesia iniaziale, purtroppo il perdono è tanto belo quando difficile da perseguire. Ma sperare non costa nulla
Grazie. Sono d’accordo con te. Perdonare e’ difficile; se fosse piu´ facile ci sarebbero meno vendette, meno malattie (somatizziamo ogni emozione trattenuta che ci logora), e piu´ pace nel mondo.
Brava Luisa, se solo ci rendessimo conto che a non voler fare del male nemmeno ad un insetto fasctidioso come la mosca siamo in tanti…
Sono d’accordo con te Sonia, se la maggioranza delle persone non fosse pacifica, non violenta, tollerante e spesso persino solidale, credo che il genere umano si sarebbe gia’ autoestinto sin dalle origini della sua storia. Grazie per le tue parole.
C’è chi come Lina non ammazza una mosca, e chi da Mosca spara a KIÈVenuto dalle Nazioni Unite. Hai ragione: cosa c’è nella zucca di certi uomini?
.isrev ni areihgerp al alleB
Peccato per la perdita dell’amico quartro zampe proprio nel capitolo “La gioia”.
Bello il manifesto per la liberazione della donna.
Bellissimo commento Fabius, grazie. Mi hai fatto ridere. Ne avevo bisogno: stavo seguendo Piazza Pulita. Anche oggi con le ultime notizie, c’ e’ poco da stare allegri. Meno male che ci sono persone come te che riescono a tirarci un po´ su di morale. Oaic!
E ancora ci tieni sulle spine! Bella riflessione sui diritti. Quella dell’elezione del Presidente della Repubblica dello scorso febbraio è stata la più grande sceneggiatura dai tempi di Chaplin, mi domando come non abbiano fatto a prendere l’Oscar.
Grazie Carlo, condivido la tua battuta sull’ Oscar. L’ Italia e’ ancora molto indietro rispetto a certi Paesi del nord Europa come la Norvegia, o la Danimarca. Spero che non ci costringano a tornare indietro, invece di andare avanti.