La granita

Riunione di lavoro. Decidere la strategia di comunicazione. Consigli su come aumentare la visibilità. Tante parole. Mi appunto qualcosa per mostrare interesse. Ma sono cose che già so.

Dopo un’ora esco. È giugno inoltrato. Ho bisogno di qualcosa di fresco. Mentre vado alla macchina ne approfitto per comprarmi una granita (rigorosamente arancione). I primi sorsi sono un toccasana. Gli altri puro sfizio.

Proseguo a testa bassa. Una mano tiene la borsa a tracolla, l’altra il bicchiere di carta. Il passo è spedito. (Il manuale perfetto dell’impiegato medio). Conosco la strada a memoria, quindi passo sotto i portici dell’edicola locale e svolto a destra verso il parcheggio con inutile agilità.

“Andrea!”, sento urlare con stupore. Mi giro di riflesso. È lei. (Sono passati più di dieci anni.) Non so cosa dire. Mi blocco. Cosa significa quel verso? È felice di vedermi? Oppure si stava nascondendo da me e ha gridato di paura? Nemmeno il tempo di formulare nella testa eventuali risposte e subito l’imbarazzo viene rotto dalle solite chiacchiere di circostanza: come stai, cosa fai, etc, etc. Ho così tante cose da dire. Ma che fare? Devo tornare al lavoro. Me ne infischio. Sono le tre. Ho tempo fino alle quattro.

Ci vediamo sempre d’estate. (Una stagione malinconica: ricordi d’infanzia, sensazione di cose perdute per sempre.)

La sintonia (recuperata o mai persa?) viene interrotta. Aspettavi un amico. Dialogo a tre. Parlo svogliatamente. Gli stessi discorsi di prima. Profondo senso di amarezza. Cerco di nasconderlo. Sorrido forzatamente. Lui si accorge di noi.

“Scusate, ma devo tornare al lavoro”, dico con tono freddo. Scuse accettate. Ci salutiamo e ci promettiamo di sentirci. (Non l’ho mai fatto. E non l’ho mai più rivista.)

Arrivo alla macchina. Entro. È un forno. Di istinto (sentendo la mano fresca che tiene il bicchiere di carta) porto la cannuccia alla bocca. Un saporaccio. Guardo la granita: il ghiaccio si è completamente sciolto, lo sciroppo è annacquato. Infilo le chiavi nel quadro e parto. 

Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Letto anche questo, idem del commento precedente, quindi apprezzo la tecnica che usi che rende il racconto capace di definirsi e si limita (non è sminuente, ma anzi) a descrivere nella sua essenzialità un fatto, lasciando che il lettore compia la storia. Apprezzato molto.

  2. Ho visto davvero una personalità ben definita nel tuo modo di scrivere, un vero storytelling, asciutto e vibrante, sarei curioso di sapere quali siano i tuoi autori di riferimento, a me è venuto in mente uno stile molto europeo, definito, sfumature francesi. Mi è piaciuto molto.

    1. Ti ringrazio tantissimo per il commento così positivo. I miei principali autori di riferimento sono James Joyce (le “Epifanie” in particolare), Annie Ernaux e Herta Mueller, per citare quelli che mi hanno insegnato di più.

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