La memoria dei muscoli

Serie: L'ambizione di Medusa


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: L'accademia di danza classica e contemporanea più famosa del sud della Francia riapre, al termine della pausa invernale, le porte agli studenti. Tra loro Deidre, una promettente ballerina forse troppo debole per conquistare i teatri da lei sognati.

La prima lezione al rientro dalla pausa invernale è non solo stancante, ma demoralizzante e frustrante. Muscoli che faticano a scaldarsi e lavorare nel giusto modo, vecchie contratture che, di nuovo sotto sforzo, rendono difficile il movimento richiesto.

Mantenere il ritmo è richiesto da chi vuole danzare.

Temperatura, stanchezza, frustrazione: devono essere scacciati da un’incredibile forza, la stessa da usare nella sofferenza e nel mostrare al mondo di potersi sentir scivolare il dolore addosso.

Deirdre lo ripetè a se stessa e alle compagne poco prima dell’inizio della lezione quando, dalla grossa porta a vetri echeggiò la voce del professore di anatomia. Visibilmente scosso ma mantenendo sempre lo sguardo autoritario di chi insegna una scienza concreta, annunciò un’improvvisa riunione d’istituto che si sarebbe tenuta all’interno del teatro a fine giornata. Non se ne lasciò scappare il motivo, nonostante le numerose curiose richieste.

Dopo aver ascoltato risate di superficialità e ipotesi ben poco concrete, a fine lezione Deirdre decise di congedarsi dalle compagne per sorseggiare un caffe caldo, a cui aveva rinunciato a inizio mattinata.

Il bisogno di allungare i muscoli la fece sentire stretta in una morsa. Sentì le contratture avvicinarsi e le gambe gonfiarsi di dolore. Tuttavia, non riuscì mai a spiegare a nessuno la profondità del piacere con cui sopportava tali dolori. Solo chi ama ciò che fa e lo rende il principio della propria esistenza si rende conto del contorto piacere del dolore che rafforza i muscoli.

Ripensando all’annuncio sentito poco prima, Deirdre fu sicura di trovarsi davanti ad una situazione decisamente meno scioccante rispetto alle incoerenti motivazioni da altri teorizzate.

Non succederebbe mai niente di così grave in un’accademia di danza classica e contemporanea dove tutto vive sotto la protezione delle arti e dei soldi delle più abbienti famiglie.

Il caffè, gocciolando dalla tazza, le colò sulla manica sinistra che Deirdre tempestivamente coprì con un nuovo scaldamuscolo, regalo di suo padre Robért, ancora morbido e confortevole per l’inizio del nuovo anno accademico. Decise, quindi, di raggiungere l’aula di arti visive leggermente in anticipo. Per percorrere il lungo corridoio avrebbe impiegato qualche minuto e, non riuscendosi a togliere dalla testa il famigerato annuncio, volle riposare la sua mente. Nonostante la sua convinzione di non stare affrontando qualcosa di così particolarmente drastico, vi percepiva un che di inquietante e terribile.

Aveva avuto la sensazione, ultimamente, di vivere sovrastata da tutto. Aveva sempre dato la precedenza alla testa, alla ragione, al “pensa prima di agire”. Per questo motivo, sentendosi combattuta nuovamente tra testa e stomaco, non diede ascolto ai suoi pensieri irrazionali e li cancellò ripassando l’ultimo adage della lezione precedente, che risultò incredibilmente facile nell’esecuzione tanto quanto nel ricordarsene la sequenza.

I muscoli hanno memoria, anche quando indeboliti.

Terminate le lezioni del giorno e fattesi le 17 Deirdre raggiunse il teatro, con ancora indosso l’abbigliamento della lezione precedente, come tutti i ballerini della scuola che, emozionati o ansiosi per l’annuncio così ampiamente proclamato, si erano già precipitati a teatro curandosi di cambiare solamente le scarpe.

Folle in abbigliamento da danza color cipria, grigio, malva e nero si sedettero, in ascolto anche del più impercettibile suono, così da cogliere il minimo cambiamento nell’aria.

Un pesante silenzio rese il tutto più surreale, segno che nessuno di quegli studenti aveva mai vissuto momenti di particolare tensione della propria vita protetta e ben curata.

Il passo leggero della storica ètoile, proprietaria e direttrice dell’accademia, si fece sentire e parve più pesante di quanto non fosse realmente. Seguita immediatamente dalla schiera di professori e insegnanti, tutti notarono immediatamente un elemento mancante non indifferente.

Brusii resero l’aria meno tesa e la voce antica di Madame Renier spezzò il silenzio.

“Bentornati, carissimi studenti dell’Accademie des Arts Contemporaines!”

L’eco del microfono venne coperto dal sentito applauso degli studenti che, venerando quell’immagine di fronte a loro, la consideravano la propria ambiziosa proiezione futura in carne ed ossa.

“Ci scusiamo per la tensione probabilmente creata nel corso di questa giornata. Speriamo di non aver reso il vostro rientro più intenso di quanto non sia già normalmente.”

Piccoli sorrisi di comprensione e ammirazione attraversarono le labbra di chi conosceva il gran cuore della direttrice che, nel dire queste parole, era pienamente sincera.

“Avete sicuramente notato con tristezza la visibile assenza del professor Vincent.”

A lezione diedero tutti per scontato che il professor Vincent fosse malato, a causa del freddo pungente della sua villa sulle Alpi, in cui aveva trascorso la pausa invernale. Nessuno si fu effettivamente chiesto dove fosse: Fu questa la grande mancanza? Dare per scontato chi c’era sempre stato?

“Il professor Vincent sarà impossibilitato a rientrare nel suo magnifico e perfettamente adempiuto lavoro di insegnante di danza contemporanea a causa di un brutto infortunio che lo ha purtroppo debilitato nel corso della pausa invernale.”

Un misto di emozioni dominò il teatro.

Il professor Vincent era indubbiamente un professore degno del suo nome. Era, però, per alcuni, una rappresentazione vivente del metodo obsoleto con cui si insegnava un’arte in continua evoluzione. Chi non era pienamente in accordo coi suoi metodi tirò, infatti, un sospiro di sollievo mentre chi era ancora amante della tradizione non nascondeva di certo un leggero disdegno.

Ciò che tutti avevano in comune era il bisogno di sapere: chi ne sarebbe stato il sostituto? Fin dove sarebbe arrivato il naturale successo dell’Accademie des Arts Contemporaines?

Madame Renier non esitò un minuto nel togliere il dubbio, tanto che, dopo essere sparita dietro le quinte per qualche secondo, ne uscì a braccetto di un corpo tanto conosciuto alla vista degli studenti quanto al mondo esterno di quelle poche mura.

Un applauso scoppiò e fu chiaro che tutti avessero compreso: il professor Vincent, dedito alla danza contemporanea nella sua tradizione più assoluta e duro nel metodo quanto nella teoria, sarebbe stato temporaneamente sostituito dal giovane, innovativo, avveniristico Léonard Conti.

Ballerino instancabile ed agile nonché creativo coreografo, Léonard era stato l’autore di balletti surreali, visionari. Il suo movimento era classicistico e immortale, rappresentante il mito del ballerino eternamente in movimento ma contemporaneamente tendente all’emotività struggente di una danza dolorosa e distruttiva per chi la guardasse.

Tutti i presenti conoscevano le sue opere e per nessuno di loro era possibile disdegnarle.

Esse tutte parlavano ai giovani ballerini. Parlavano di passione, sarcasmo, condivisione e raggiungevano puntualmente il giusto livello di tragedia, immancabile in un mondo contemporaneo già tragico di per sè.

Madame Reiner non si perse in spiegazioni futili: Léonard sarebbe stato l’insegnante di contemporaneo per qualche tempo, indefinito, disse, e sarebbe dovuto essere accolto con gli occhi degli appassionati che sapeva di avere come studenti.

Era sicura che si sarebbe sentito a casa in pochi giorni, affermò verso Léonard con uno sguardo di ammirazione, e forse con una punta di speranza e incertezza.

Madame Reiner non fece attendere gli studenti: rimandò tutti a casa augurando loro una buona notte di sonno e una buona successiva giornata di emozioni nuove.

Deirdre ebbe la sensazione di andare alla deriva, sempre più velocemente.

Non era il momento giusto per un cambiamento.

Serie: L'ambizione di Medusa


Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. sto seguendo la tua serie con interesse e curiosità. Descrivi un mondo bello e duro, come è quello della danza e dell’arte in genere, dove non si fanno sconti e ci si misura in primo luogo con se stessi. Ma la dialettica più complessa è quella che si vive fronteggiando la tradizione (i Maestri) e certo è difficile individuare il tempo e i modi giusti per il “cambiamento”.

  2. Hai descritto molto bene la scena dell’assemblea. Sono riuscita a vedere la luce entrare da grandi vetrate, qualche pulviscolo di polvere volteggiare e gli studenti vociferare. Così l’ho immaginato. Interessante