La mia storia

Serie: La storia di Maddalena


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Non ricordo quando ho smesso di pensare che ci fosse una via d’uscita. Forse non l’ho mai fatto. Quando cresci in un mondo dove ogni porta è chiusa, smetti di cercare le chiavi.

Mi chiamo Maddalena e sono nata tra palazzi sgretolati e marciapiedi rotti, tra tossici e lenzuola sporche.

Mia madre era sempre sballata. Il suo odore di alcool misto a sigarette e sudore è la prima cosa che ricordo. Lei non mi voleva, me lo ripeteva ogni volta che c’era un uomo in casa. Mi guardava con quegli occhi appannati e diceva: “Se non fossi stata così stupida da metterti al mondo, ora non starei in questo schifo.”

La prima volta che l’ho vista vendersi, avevo cinque anni. Stavo seduta in un angolo del salotto, stringendo una bambola senza braccia, mentre lei si piegava per qualcuno che non ricordo. Lo faceva sempre con la stessa faccia vuota, come se fosse già morta dentro. Forse lo era davvero.

Non ci ho messo molto a capire che quella sarebbe stata anche la mia vita.

L’inizio della fine. Avevo appena compiuto tredici anni quando lui arrivò. Il protettore di mia madre. Un uomo grosso, con il fiato che puzzava di birra e denti gialli. Mi studiava da settimane. E io? Io cercavo di far finta che non mi vedesse, che non si accorgesse di me. Cercavo di non esistere per lui. Ma sapevo che prima o poi sarebbe successo.

Una sera mia madre è entrata in camera. La sua faccia era un casino: labbra spaccate, occhio nero, trucco spappolato sul volto. Ma il peggio era nei suoi occhi, quelli sì che facevano male. Non c’era niente lì dentro. Nemmeno odio, solo vuoto. Mi ha guardata e ha detto: “Stanotte ti tocca.”

Non ho detto niente. Non ho pianto. Mi sono solo alzata, ho seguito i suoi passi come se fosse un giorno qualunque. Ma non lo era.

Lui era lì, seduto su una sedia, con il ghigno di uno che sa di avere il controllo. Mi ha afferrata, stretta troppo forte. Il mio corpo era piccolo, fragile. Sentivo le sue mani stritolarmi quasi volesse rompermi. Piangevo, ma a lui non importava. Mi ha schiacciata sotto il suo peso e ho sentito la pelle strapparsi. Il dolore era così forte che non riuscivo neanche a urlare.

Quando ha finito, non ho pianto. Sono rimasta distesa lì, immobile, con il sangue che mi scorreva tra le cosce. Mia madre mi ha portato in bagno, ha buttato acqua fredda su di me e poi mi ha dato uno schiaffo. “Sei una donna adesso” mi ha detto.

Donna. Nemmeno sapevo cosa volesse dire.

Serie: La storia di Maddalena


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Discussioni

  1. Ciao Rocco, mi sono espresso in un commento (isolato, affrettato) per un episodio di questa tua serie. Mi rendo conto che mi serve leggerla tutta per entrare in pieno nela storia che racconti, come del resto si fa con una serie. Ti leggerò al più presto. Ciao

  2. Un inizio drammatico e diretto. Entri subito nel tema, coinvolgendo il lettore nelle atmosfere che permeano la storia e il destino dei personaggi. Ben delineate le azioni fredde, livide, dove non sembra passare aria o luce, ma solo la pulsione cieca della loro economia.

  3. Rude, bello, senz’altro di grande effetto. Pensieri però troppo profondi, per una bambina di cinque anni. Si pensa magari che il dolore possa far crescere prima o cose così, invece nella realtà chi cresce in contesti simili è ahimè ancora più ignorante, data la completa assenza di qualsiasi cosa atta ad una crescita con la C maiuscola. Quando invece parli dei suoi tredici anni, sembra meno matura della sua età, visto che ad appena sei facesse ragionamenti decisamente più complessi.

    Detto questo, che comunque a me personalmente lascia molto a desiderare, percepisco sicuramente la tua idea di voler comunicare qualcosa. Ed è quella, e solo quella, a tenermi curioso e portarmi alla lettura del secondo capitolo .

  4. Duro, peró ben scritto e nonostante sia la solita “brutta” vecchia storia, hai saputo trasmettere il giusto coinvolginento emotivo e l’interesse per conoscere il futuro già segnato di Maddalena, che potrebbe riservare colpi sempre piú duri o anche sorprese inaspettate.