La notte dei cittadini mannari

Serie: Il viaggio dell'eroe


A lungo le spade si incrociarono. Leon balzava e piroettava agilmente attorno Jeanpuc, disorientandolo.

– Sei agile e abile – disse l’elfo – per essere un paggio. –

Leon sorrise. – Bisogna sapersi difendere. –

Incrociando le spade si ritrovarono vis a vis. Leon rinfoderó e disse: – La tensone è finita, verrò con voi. Andiamo quindi, non lontano ci dovrebbe essere un villaggio, se partiamo ora lo raggiungeremo prima di sera-.

Il gruppo arrivò come previsto, prima del tramonto.

– Facciamo un po’ di compere, ceniamo e pernottiamo qui – disse Jeanpuc.

Tutti furono d’accordo.

Jeanpuc comprò qualche erba curativa, antidoti e un po’ di razioni.

Buonocore fece lo stesso, anche se aveva stranamente uno sguardo accigliato sin da quando erano entrati in città.

Leon acquistò frecce e veleno.

Dopo le compere si diressero alla locanda consigliata dal venditore, la locanda del drago della leggenda.

Lì, appena arrivati misero i destrieri al coperto e li rifocillarono, poi cenarono tutti insieme.

Per tutta la serata la prosperosa e bella figlia dell’oste non toglieva gli occhi di dosso da Jeanpuc e ogni occasione era buona per parlargli in modo civettuolo.

– Era di suo gradimento il pranzo? – diceva con qualche ammiccamento di troppo, oppure – vuole qualcos’altro, ad esempio due mozzarelle? – lo incalzava in tono malizioso.

A queste parole Leon guardò un po’ storto Jeanpuc che accorgendosene si girò dicendogli: – Non sono indifferente alla sua bellezza, ma con i problemi che ho, quello è l’ultimo dei miei pensieri. Prova a sedurla tu: con quei tratti delicati che hai dovresti riuscirci -.

Detto questo gli diede una pacca sulla spalla e subito Leon abbassò la testa.

La serata proseguì serenamente, e arrivò il momento di ritirarsi nelle proprie stanze visto che la mattina dopo sarebbero partiti poco prima dell’alba. Improvvisamente qualcuno bussò alla porta di Jeanpuc che andò ad aprire. Gli si parò davanti un ragazzo con i capelli ricci e ben fatto che disse: – Mi scusi se la disturbo ma sapendo che lei è un nobile guerriero una persona mi ha mandato a chiamarla. La sta aspettando nella stanza della farfalla -.

Jeanpuc sospirò e dopo aver ringraziato si diresse verso la stanza. Bussò alla porta e dopo pochi attimi gli si presentò la figlia dell’oste, più bella che mai, una splendida rossa, pienotta di viso, prosperosa e in quel momento con una vestaglia trasparente che non lasciava nulla all’immaginazione. In mezzo a quel florido seno era adagiata una collana con un ciondolo che rappresentava un gufo con le ali aperte.

– Chiedo scusa eroe, ma la sua bellezza non mi è indifferente. –

– Neanche la sua ma ora il mio pensiero è altrove – e in breve gli raccontó del suo regno.

– Forse dopo aver salvato il mio popolo potremo incontrarci, per ora c’è il paggio, Leon, che può supplire alla mia assenza. Sembrava molto interessato. –

La donna fece una piccola risata. – Lei non hai capito nulla, quell’uomo non ha nessun interesse nei miei confronti per il semplice fatto che…-.

Non riuscì a terminare la frase che un grido “Maryyyy” si sentì nel corridoio. – Proprio ora mio padre! – disse la ragazza. – Vada, eroe, poi le spiegherò meglio – e detto questo chiuse velocemente la porta. Jeanpuc si dileguò immediatamente.

Quando l’elfo pensava di poter finalmente riposare, Buonocore lo prese per un braccio e lo trascinò nella sua stanza dove c’era anche Leon che disse: – Allora, cosa accade? –

Rispose Buonocore: – Sento una strana presenza malefica, ma non riesco a identificarla -.

Quindi disse alla fatina: – Cuore d’oro, protezione dal male! – e si misero tutti in cerchio mentre Cuore d’oro girava intorno spargendo della polvere magica.

Dopo aver invocato la protezione degli dèi, Buonocore congedò tutti e si addormentò, ormai esausto.

Sognò di ritrovarsi nel regno in cui era stato chiamato per l’esorcismo.

– Sire – dice nel sogno – sento la presenza del male in questo castello. –

Insieme a Cuore d’oro percorrono il castello usando la magia per vedere il male.

Arrivati nella stanza del tesoro vedono una serie di facce che spuntano dai muri.

Subito Buonocore si mette all’opera e in poco tempo le presenze vengono scacciate.

Dopo averlo ringraziato, il Re fa chiamare il suo mago e lo vuole far mettere agli arresti.

Buonocore lo ferma, guarda il mago, lo fa esaminare anche da Cuore d’oro e insieme, dopo una breve consultazione, convengono che non è lui la causa del male.

– C’è qualcun’altro che usa le arti magiche? – domanda.

– Sì, abbiamo un altro mago, ma è fuori – dice il Re.

– E allora probabilmente è lui. –

– Sveglia maestro! – fece Cuore d’oro. Buonocore si svegliò subito, la luna era alta fuori ed era piena, sentiva ringhiare e ululare, in più c’era la stessa aria percepita nella stanza del tesoro. Tutti uscirono dai loro alloggi.

– Cosa sta succedendo? – chiese preoccupato Jeanpuc.

– Ho l’impressione che stia accadendo qualcosa di molto male – rispose Buonocore. – Cuore d’oro – continuò – vola fuori e vedi dall’alto cosa sta accadendo. –

La fatina tornò dopo due minuti. – Maestro, in città ci sono grosse bestie pelose umanoidi. – Buonocore rifletté un attimo.

– Un’invasione di lupi mannari! Andiamo a vedere se gli altri ospiti stanno bene, io vado dai i nostri destrieri. –

Jeanpuc e Leon controllarono le varie stanze ma le porte erano aperte e non c’era più nessuno.

Quando Leon aprì la stanza della farfalla, un artiglio lo colpì al petto facendolo volare contro il muro.

Vista la scena, Jeanpuc corse subito brandendo la spada e si mise in mezzo tra Leon e il mostro.

Quest’ultimo contrastava la spada tenendola con le sue mani artigliate.

Improvvisamente Jeanpuc vide un particolare che lo lasciò basito, un qualcosa al collo che aveva già visto. Con uno sforzo incredibile l’elfo lanciò l’incantesimo del sonno e il mostro cadde addormentato.

Subito si girò verso Leon – stai bene? – disse.

– Sono stato meglio – rispose a mezzavoce.

Ma dalla lacerazione, Jeanpuc vide un qualcosa che gli fece dire: –

Dopo io e te dobbiamo parlare, ora andiamo da Buonocore. Ce la fai? -.

– Sì. Te ne sei accorto? – disse aggiustando il vestito stracciato.

Buonocore entrò con attenzione nella stalla dei cavalli tenendo stretta la frusta. Avanzando vide una di quelle bestie ma era a terra, svenuta.

Pegáso disse: – Non si scherza con me – mentre le altre due equine si strusciavano contro il poderoso destriero che le aveva protette..

– Cavallo rubacuori – disse ridendo Buonocore. Dopo qualche minuto arrivarono Leon e Jeanpuc.

– Curala – disse quest’ultimo. Buonocore chiamò la sua fatina e insieme la curarono.

– Ma… – disse il chierico.

– Lo so – disse Jeanpuc. -Dopo ne parliamo, ora c’è una cosa più importante, i lupi mannari non vengono da fuori, sono gli abitanti stessi di questo villaggio. –

– E come lo sai? – disse Buonocore.

– Ho riconosciuto il ciondolo a forma di gufo al collo di Mary, la figlia dell’oste – rispose Jeanpuc.

– Ma certo, una maledizione, ecco perché avevo questa terribile sensazione. Qui abbiamo finito Leon, se questo è il tuo nome, adesso dobbiamo individuare velocemente la fonte del maleficio. Cuore d’oro, aiutami, voi copritemi le spalle. –

Nonostante la concentrazione, il chierico e la fata non riuscivano a trovare la fonte, allora Buonocore aprì gli occhi, guardò Pegáso e disse: – Tu sei figlio di un unicorno, vieni qui e aiutaci concentrandoti, il magico che è in te potrebbe aiutarci. –

Pegáso obbedì e i tre si concentrarono intensamente. Pegáso sembrava cedere ma dette il meglio di sé, anche perché ne andava delle loro vite e non solo.

I minuti erano interminabili, la tensione si tagliava col coltello, finché Buonocore disse: – L’ho individuata, è appena fuori da questa città -.

– Bene – disse Buonocore. – Pegáso, devi dire alle tue amiche di correre veloce come il vento quando usciremo di qua, in direzione est verso le caverne -.

– Ma parli col cavallo? – disse Leon.

– E il bello che gli rispondo pure – ribatté Pegáso. Leon rimase a bocca aperta.

– Bene – disse Pegáso alle due cavalle di fianco a lui. – Appena usciti corriamo come il vento, sennò diventiamo lo spuntino di mezzanotte di questi esseri. – Le due annuirono.

Jeanpuc e Leon salirono a cavallo, Buonocore spalancò la porta d’ingresso della stalla e appena scappati saltò agilmente in groppa a Rosina.

Cavalcarono veloci,nessuno di quei mostri li stava inseguendo ma presto arrivarono lì dove il potere maligno lo si sentiva più forte.

– Riconosco questo potere – disse Buonocore. – È lo stesso che era al castello. –

Appena entrati nella miniera, Buonocore attivò il suo potere che gli consentiva di vedere il male e gli apparve su un muro la runa maligna che aveva provocato tutto quel disastro.

– Ottimo! – disse Buonocore. – Distruggiamo questa sozzura che ha trasformato questi abitanti in mostri. –
– Ragazzi – disse Leon. – Qualsiasi cosa abbiate in mente di fare, fatelo ora: i mostri ci hanno seguito sino a qui. –

– Tienili occupati – disse Buonocore. Poi proseguì: – In nome di tutto ciò che è sacro aiutami a distruggere il simbolo del male -. -.

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Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Ciao Giovanni, quasiscarichi mi dispiace che Mary la Mannara (come l’ha ribattezzata Antonino) torni del tutto umana. Sarebbe stata degno membro degno della compagnia ?

  2. Quindi ora i cattivi in realtà sono degli innocenti; ora voglio vedere ora come questo piccolo gruppetto di ventura risolverà la cosa senza far ricorso al solito “spacca&ammazza”… fortunatamente pare che qualcuno qui ha già un piano. c:

  3. In questo episodio è successo un po’ di tutto, non mi annoio mai col tuo Jeanpuc! Questa tua ironia è sempre frizzante, e riesce persino a spezzare la tensione per un pericolo incombente. Il tuo eroe è in pena per il suo regno, e lo capisco, ma sarebbe stato un bel colpo ritrovarsi con Mary mannara che lo baciava!