La resa dei conti

Serie: Rimozione


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: "Weak as I am..." (Skunk Anansie)

Guidai in silenzio per un po’. Era stata davvero una straordinaria botta di fortuna, incontrarla così. Per spezzare l’imbarazzo, cominciai a chiacchierare.

“È davvero particolare, questo periodo dell’anno, non trovi? Quand’ero bambino mi piaceva un sacco. Tutte quelle storie di fantasmi… Naturalmente, ai miei tempi non festeggiavamo Halloween, c’erano solo i cari, vecchi Morti… Ma ho un fratello che ha circa la tua età: la vostra generazione sì, che sa come divertirsi!”

Lelù guardava fuori dal finestrino. Avrebbe anche potuto non essere lì affatto, per quanto interagiva con me.

“Ti piace andartene in giro di notte?”

“Mica è notte, ancora.”

Aveva una voce da far accapponare la pelle, come se ti camminasse addosso. Suggestione, di sicuro. Però, che carisma, accidenti a lei. Non aveva l’aria di una abituata a ricevere molestie, proprio per niente.

Ne presi nota mentalmente. Comunque fosse andata, avrei potuto fornire ad Aida almeno quella notizia rassicurante.

“Lelù, la mamma è molto preoccupata. Per lei è davvero faticoso cercare di capire come stai, perché ti comporti in questo modo…”

Mi rivolse un’occhiata quasi divertita.

“Ma non mi dire!”

Il colloquio non stava prendendo esattamente la piega sperata. Ma ormai bisognava che andassi fino in fondo.

“Lo so che ti sembra che nessuno capisca quello che provi, e che le cose forse non stanno andando proprio come te le eri immaginate. Ma sono sicurissimo di una cosa: tua madre ti ama, vorrebbe solo che tu le dessi la possibilità di aver cura di te…”

A quel punto, Lelù si voltò a fissarmi.

“E ha mandato te a dirmelo?”

Si mise a ridere. Cazzo, quella ragazzina strafottente mi rideva in faccia! Fossi stato suo padre, l’avrei presa a calci in culo dalla mattina alla sera, altro che pazienza e dialogo!

Per un momento fui completamente solidale con Aida… prima di ricordarmi che Lelù aveva, quanti?, meno di diciassette anni?

Era tutto sbagliato. Sembrava troppo adulta.

Mi venne la pelle d’oca.

Quando imboccai l’ultimo rettilineo, in fondo al quale, più che vederlo, si intuiva la presenza del paese, completò il discorso una volta per tutte.

“Di’ a mia madre che se davvero mi vuole bene come dice deve farsene una ragione.”

“Ma di che cosa stai parlando?”

La sua espressione beffarda mi mandava fuori dai gangheri.

“Tu non sei molto sveglio, vero, dottore?”

Decisi di ignorare quel commento provocatorio, e di insistere invece sul tema centrale della questione. “Come pensi che possa mai farsi una ragione di qualunque cosa, se tu non fai altro che scappare via di notte? Lo capisci, che lei non ha idea di dove vai, con chi…”

Eravamo ormai arrivati all’indirizzo sul navigatore. Lelù spalancò la portiera ancora prima che la macchina fosse del tutto ferma.

“Dille che deve lasciarmi in pace. Non voglio più stare qui.”

Prima che potessi risponderle, era già schizzata via, oltre i confini del cortiletto.

Indietro, nelle tenebre da cui eravamo venuti.

Spalancai la portiera, con tutte le intenzioni di lanciarmi all’inseguimento.

Cristo, se le avrei fatto passare la voglia! Ma che razza di modi erano quelli!

“Lelù!! Ma dove vai! Almeno falle vedere che stai bene!!”

Inutile illudersi: conosceva quella zona molto meglio di me. Non l’avrei mai trovata.

Esplosi comunque in un ultimo urlo disperato, tipo film.

“Lelùùùù!!!!”

Nessuna risposta.

Poi, nel condominio alle mie spalle, a meno di cinque o sei metri da me, si spalancò una finestra al pianterreno.

“Ma cosa fa?”

L’anziano mi fissava, sconcertato.

Confuso, mi affrettai a presentarmi, per attenuare l’effetto che poteva avere avuto su di lui quell’urlo prolungato fuori dalla sua finestra.

Come avevo previsto, alla parola ‘dottore’ si calmò. Si calmano tutti. Di solito evito di specificare la mia specializzazione.

Preferisco che pensino a stetoscopi e caramelle, piuttosto che a cinghie di contenimento e camicie di forza.

“È venuto a trovare Aida?”

Annuii con forza, volgendomi di nuovo verso l’oscurità alle mie spalle.

“Avevo raccolto anche Lelù, e l’avevo accompagnata fin qui… Speravo che potessimo sistemare questa storia una volta per tutte…”

Il vecchio scosse la testa, con un’espressione accorata.

“Guardi, non sono affari miei, ma è molto difficile che questa faccenda si risolva. Lei non è mica il primo, che la riporta a casa. Ma lo sa, che siete già in dodici? E solo dall’inizio dell’estate, eh!”

Ebbe un sospiro, come a dire che coi giovani ci vuol pazienza.

“Non c’è niente da fare, scappa sempre via di nuovo…”

Quell’atteggiamento arrendevole mi provocò un rigurgito di frustrazione.

“Ma la ragazza è minorenne! Bisogna chiamare i servizi sociali… qualcuno…”

“Per carità!”

Il vecchio aveva un’espressione allarmata, ora. Questo mi mandò definitivamente in bestia.

“Ma santa Madonna! Cosa avete, paura che vi parcheggino sull’orticello! Le dico che bisogna fare qualcosa, quella ragazzina è in pericolo…”

Sorpreso dal mio scatto di furia, forse anche offeso dal mio tono, che pareva sottintendere in lui una certa assenza di senso civico, il vecchio si raddrizzò nel vano della finestra.

“Ma non è mica in pericolo, la bambina…”

“Come, non è in pericolo! Lo sa quanta gentaglia ci andrebbe a nozze, con una così!”

Dimenticavo volutamente di aver pensato io stesso, fino a poco prima, che molto difficilmente Lelù si sarebbe mai trovata davvero in pericolo.

“Adesso io vado su dalla madre e la convinco a chiamare la polizia! Qualcuno deve aiutarle, la ragazzina è fuori di testa, e la madre non ce la può fare, è evidente che non la controlla più…”

“Ma non può mica essere in pericolo!” insistette il vecchio, spazientito. Mi guardava come se fossi io, quello fuori di testa. “È morta! Sette anni fa, ormai… Un gran brutto incidente, là, sullo stradone, alla fine di settembre. Eh, le prime nebbie…”

La settimana dopo, andai a cena da mia madre. Luca non c’era. Meglio così. Avevo deciso di affrontare con lei la questione del bere, ed era molto meglio che lui non fosse in casa.

Mangiammo polpettone. Sa che lo adoro. A tavola, non c’era traccia di bottiglie, a parte quella dell’acqua minerale.

Lei era lucida, tranquilla. Chiacchierammo del più e del meno, soprattutto del mio lavoro.

Per ovvie ragioni, tralasciai di parlare di Aida e di Lelù, sebbene il pensiero non mi abbandonasse mai. Aida aveva confermato la seduta della settimana seguente, anche se a casa sua non ero più salito, e l’avevo richiamata inventandomi un contrattempo.

Continuavo a portare avanti la sua terapia, oscillando tra la convinzione che il vecchio fosse un povero derelitto; e quella che Aida avesse rimosso la morte della figlia, e stesse cercando di motivare la sua assenza prolungata con l’invenzione delle fughe da casa.

Naturalmente, nessuna delle due ipotesi spiegava come mai anch’io avessi incontrato Lelù.

Poteva essersi trattato di un semplice fenomeno di autosuggestione? Dopotutto, quella sera, era già da parecchio che rimuginavo sul modo migliore di rendermi utile; e forse avevo proiettato su Aida anche la sensazione di non avere fatto davvero tutto ciò che potevo per Luca, dopo la morte di papà…

Questo mi riportava al motivo della mia visita.

In salotto il camino era acceso. Ho sempre amato lo scoppiettio e il profumo speciale di un buon fuoco di legna.

Non sapevo come entrare in argomento. Guardai l’ora: le undici meno venti.

“Non è un po’ tardi per essere ancora in giro?”

“Immagino di sì, almeno in questa stagione…”

Chiaramente, non aveva raccolto la provocazione. Mi schiarii la gola.

“Mamma, dimmi la verità: stai bevendo più del solito, in questo periodo?”

Arrossì violentemente. Impiegò qualche secondo a rispondere, come se scartasse una serie di scuse. Ma infine si arrese piuttosto in fretta.

“Speravo che non fosse così evidente…”

Mi sedetti vicino a lei. L’abbracciai. Era una donna coraggiosa.

“Non ti preoccupare. La cosa più importante, in questi frangenti, è chiedere aiuto. Non è successo nulla di irreparabile, in fondo…”

Si mise a piangere. Le faceva bene, credo. Tutta quella segretezza doveva essere stata un bel fardello, in aggiunta al lutto per papà.

“Su, su… Va tutto bene. La risolveremo, ti dico. Ci sono qua io, no?”

Annuì contro il mio petto.

“Mamma, senti… Pensi che Luca se ne sia accorto?”

S’irrigidì. Si staccò lentamente da me, gli occhi sgranati, l’espressione incredula.

“Mamma?”

Mi guardava. Non diceva niente.

Non ho idea di come sia potuto accadere, però è accaduto.

Sono stato al cimitero, ieri. Di fronte alla tomba di papà, appena di là dal vialetto di ghiaia, c’è quella di Luca. Mi pare di ricordare, adesso, quanto si fosse infuriata, mamma, per il fatto che non fosse stato possibile metterli uno accanto all’altro.

‘Così non sembrano neanche una famiglia…’

Come ho fatto, a scordarmi una cosa del genere.

Luca era con lui, quando la macchina è uscita di strada.

Niente è peggio del vuoto di ciò che dovrebbe esserci, e non c’è.

Il mio cervello è andato in loop. Risento di continuo la voce beffarda di Lelù, quella sera di qualche settimana fa.

‘Tu non sei molto sveglio, vero, dottore?’

(Per Simone “Romero” Nardi.)

Serie: Rimozione


Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

    1. sì, faceva parte del gioco. quando presenti qualcuno come un professionista del suo settore, il lettore automaticamente gli dà fiducia, almeno per tutto ciò che ha che fare con il suo ramo di competenza… è una cosa involontaria e carinissima da sfruttare…

  1. Sai che ero piuttosto convinto che Aida e Lelù fossero la stessa persona? Più che altro per giustificarmi come il dottore avesse riconosciuto subito la “ragazza” sulla strada. Invece è arrivato un colpo di scena diverso, ma ugualmente ben riuscito! E per quanto riguarda Luca, anche questo non me lo aspettavo proprio. Complimenti, davvero una bella conclusione, all’altezza degli episodi precedenti. (Ecco spiegato il titolo, “Rimozione”)
    Se posso permettermi una piccola nota critica, forse la parte finale avrebbe meritato più spazio, per esaltarlo ancora di più, perché ripeto, in sé è davvero ben riuscito! 😀

    1. immagino che si potesse, sì… però tirarla per le lunghe mi avrebbe obbligato a ripetere contenuti che fanno effetto proprio perchè enunciati una sola volta, a effetto… e poi, una cosa che sto cercando di fare è abbreviare il mio stile, costringerlo nelle poche parole a disposizione in ogni episodio. è uno dei motivi per cui ho scelto di far parte di questa esperienza Librick.