La Scatola Nella Soffitta

Gianluca ha fatto diventare un mestiere la sua passione per le antichità. Passa giornate intere alla ricerca di oggetti rari e inconsueti, da proporre ai propri clienti sempre più esigenti. Setaccia le case più antiche della città e delle zone circostanti.

E’ anche un modo per superare la morsa, a volte troppo dolorosa, della solitudine. Non riesce a venirne fuori e quel mestiere così particolare e ricco di passione è diventato progressivamente il sostituto di una compagna di vita.

Il giorno prima ha ricevuto una dritta da un amico. C’è una grande casa abbandonata che potrebbe riservare delle sorprese per chi, come lui, è un cacciatore di tesori. Il proprietario, una volta contattato, ha deciso di accettare la proposta di Gianluca di poter dare un’occhiata.

Ma solo per un’ora. Sessanta minuti per cercare e trovare qualcosa di interessante. Non un minuto di più, né uno di meno.

Ora è davanti all’ingresso. Il proprietario apre la porta, rovinata dal tempo e dalle intemperie.

La casa si sviluppa su due piani. Una successiva, piccola, rampa di scale, dall’aspetto malconcio, porta alla soffitta.

Esperto di ritrovamenti, Gianluca chiede al proprietario, che annuisce, di poter partire dalla soffitta. Sembra essere, da sempre, il luogo più promettente. Con qualche difficoltà e spostando una quantità considerevole di ragnatele, finalmente viene raggiunta. Non sembra esserci granché. Qualche vecchia sedia senza valore, fotografie di famiglia, scatoloni con stoviglie e poco altro. 

Ma qualcosa attira l’attenzione: una piccola scatola, in un angolo, contenente quattro biglie di vetro. Gianluca la recupera. Soffia per eliminare la polvere in eccesso. Non sono le solite biglie colorate. Ciascuna contiene all’interno un foglietto di carta ingiallita con un nome di battesimo: Enrico, Francesca, Paolo, Luisa.

«Qualcuno deve essersi divertito parecchio nel creare queste curiose biglie».

Non sembrano di gran valore, ma la loro particolarità e i colori inusuali della scatola le rendono interessanti. 

Improvvisamente un rumore, che sembra provenire dal piano inferiore, fa girare di scatto Gianluca che, per non perdere l’equilibrio appoggiandosi a una trave, fa ruotare la scatola. Una biglia cade per terra e si frantuma. Il foglietto che era all’interno inizia a svolazzare e scompare lungo la scaletta che conduce alla soffitta. 

«Già non c’è nulla di valore. Sono riuscito a danneggiare l’unica cosa interessante» sbotta Gianluca.

Poi di nuovo un rumore provenire dal piano inferiore. Più forte. Gianluca si affaccia e vede una figura femminile di fianco al proprietario che gli rivolge un invito «venga giù, le presento una persona».

«Sua moglie?»

«Assolutamente no! Su, forza, venga giù. Non perda tempo».

Gianluca scende lentamente e raggiunge il proprietario della dimora. La donna, di fianco a lui, non proferisce parola ma, con la mano destra porge a Gianluca un foglietto di carta ingiallito: c’è scritto Luisa.

«E questo cosa significa? Prima non c’era nessuno con lei».

«Controlli nelle sue tasche, la prego. E non abbia timore».

Gianluca mette le mani nella tasca destra della giacca e tira fuori la scatolina con le vecchie biglie.

Ne sono rimaste tre: Enrico, Francesca, Paolo.

La donna ora sorride a Gianluca, che comprende cosa ha potuto ritrovare in quella vecchia e abbandonata soffitta.

«Vogliamo andare ora? I sessanta minuti sono terminati».

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Discussioni

  1. Mi è piaciuta l’originalità di questa ghost story e la scelta di lasciare il finale in sospeso. Il lettore può immaginare un seguito, cosa farà Gianluca delle restanti biglie. Per mia particolare visione mi piace pensare che il cercatore di tesori le restituirà al proprietario.

  2. La figura dello Scavenger mi ha sempre affascinato. Non è un personaggio che si legge spesso, per questo ti meriti già un bonus di max rispetto. Lo scavenger è colui che rovista tra le rovine del mondo: non mira all’ascesa, come la maggioranza della persona, ma alla discesa verso luoghi sperduti, spesso abbandonati, dove è possibile trovare della ricchezza, se si è disposti a sporcarsi le mani. Lo scavenger è una figura anarcoide e affascinante, grazie per questo racconto, che mi ha colpito anche per una punteggiatura sapiente e lucida. Se dovessi cercare un pelo nell’uovo, direi che un racconto diventa interessante anche quando si notano dei particolari che irrompono nella trama, qualcosa che si nota all’improvviso. Considerando il potenziale del mondo narrato, credo che hai “scavato” troppo poco su questa cosa. Ma i racconti vanno avanti e spero proseguano in questa direzione.

    1. Concordo. Per trovare ricchezze nei luoghi abbandonati e dimenticati occorre sporcarsi le mani e avere il coraggio di tornare a casa a mani sporche ma vuote. Ma rimane sempre l’esperienza che è sempre unica ogni volta. Concordo anche sul fatto di aver “scavato” poco. Spesso nei miei racconti prevale il desiderio di provare a essere efficace, di poter regalare uno scritto piacevole, ma al tempo stesso sintetico. E questa potrebbe, a volte, essere un’arma a doppio taglio. Ti ringrazio.

  3. “Non ci sarà una seconda parte. La storia di Gianluca si è conclusa uscendo dalla vecchia dimora”
    Sto per farti un grosso complimento. I tuoi finali sospesi mi fanno venire alla mente Dino Buzzati…

    1. Ti ringrazio del complimento. Sei gentile. Il finale sospeso, a mio avviso, dà forza a un racconto breve proprio perché si sa che non ci sarà un seguito. E il lettore, dovendo necessariamente immaginare quelli che potrebbero essere gli sviluppi, è come se ne creasse in autonomia il seguito. Con una moltitudine di racconti sempre diversi.

  4. “Sessanta minuti per cercare e trovare qualcosa di interessante”
    Bellissima sfida, mi sta dando delle idee 😃