La sosia

Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Dalla finestra della camera d'albergo del poeta si intravede una figura femminile. È Lara, che parla a lungo col portiere di notte e che solleva lo sguardo alla finestra solo per salutare il poeta. Gustav, agli occhi di Lara, nonostante i suoi gesti di richiamo, è come invisibile.

«Cosa diavolo sarà mai venuta a fare qui sotto, a quest’ora della notte, poi?» dissi al poeta, quando lui, senza scomporsi, mi tranquillizzava: «Non è poi così tardi, andiamo. Sono appena le dieci. Adesso si ricomincia. Avanti, aiutami a sistemare, c’è troppo disordine in giro. Non voglio dare una cattiva impressione alla tua signora» muovendosi con agilità nella camera.

«Si ricomincia cosa? Credo che la tua gestione del tempo sia stravolta, Stain. Sono convinto che tu abbia una concezione unicamente poetica del tempo» gli feci e lui: «È giusto che tu la impari, allora, dovendo fungere da nocchiero della nostra rivista, in primo luogo della tua rivista, caro avvocato… oh, ecco la nostra Lara. Finalmente» mentre faceva ingresso in camera una donna che aveva lo stesso viso, gli stessi occhi e gli stessi capelli di Lara, ma non era lei; ecco perché non mi aveva salutato né riconosciuto. Era solo una sua sosia, amica di penna di Stanislao, probabilmente. Indossava un abitino chiaro, piuttosto corto, di tinta celestina, non da sera ma da pomeriggio, e io che l’avevo confusa con mia moglie – non riuscivo a capacitarmene. Lo stesso poeta era stato tratto in inganno, in realtà. La somiglianza dall’alto era davvero impressionante.

«È inutile presentarvi, immagino» ci disse il poeta, e intanto la donna mi guardava con la stessa intensità di mia moglie, un po’ come se sotto l’involucro di un’altra donna ci fosse lei. Una sensazione davvero strana.

«Allora, Gustav, perché non intervieni? C’è qualche problema?»

«Mi presento, signora. Avvocato Gustav. I miei rispetti.»

«Molto lieta, avvocato. Il mio nome è Lara. Ho tanto sentito parlare di lei. In tribunale non c’è giorno che non si decantino le sue lodi, lo sa?»

«Mi perdoni, signora Lara, lei, quindi, frequenterebbe il tribunale?»

«Ho un fratello che vi lavora come usciere e un cugino magistrato. Sono molto soddisfatti di lei e del suo operato, e sono stati assai contenti del fatto che io stanotte l’avrei incontrata di persona; infatti mandano entrambi i loro saluti più affettuosi.»

«Ma davvero? Pensa, e io che nemmeno ricordavo che… potrebbe dirmi i loro nomi, se non le dispiace?»

«Ma certo, vedrà che rammenterà subito. L’usciere è mio fratello: fratello di Lara. Il magistrato, come le ripeto, è mio cugino: cugino di Lara. Più semplice di così.»

«Tutto qui?» le dissi, sconcertato.

«Certo, tutto qui. Cosa voleva sapere di più, mi perdoni?»

«Non importuni la sua signora con le sue solite insinuazioni, avvocato. Non è da lei. Non vede che la mette in difficoltà? Vorrà mica farle un quarto grado?» disse Stanislao, intervenendo nella stravagante discussione.

«Ma non è la mia signora. È un’altra Lara, Stanislao! Credo che vi sia un grosso equivoco. Pensavo te ne fossi accorto.»

«Questa camera è davvero accogliente. Permette che mi sieda? Sono stanca morta; è dal pomeriggio che sono in giro, in cerca di un cappellino per la cerimonia nuziale di sabato. Oh, non ho trovato niente di buono, purtroppo. Tutto troppo dozzinale e così triste, poi,  caro avvocato. Non è che domani potrebbe accompagnarmi fuori città, a cercare un cappellino adatto per un matrimonio? Sabato sposa mio cugino, lei dovrebbe saperlo, il magistrato di cui le parlavo poco fa, e il mio cappellino, come prima cugina, dovrà essere il più bello e pregiato di tutti. Non mi dica di no, per favore. Una persona buona e disponibile come lei, sono sicura che non mi deluderà. Non è vero?» mi disse Lara e intanto Stanislao le avvicinava una sedia e la faceva accomodare. La donna poi si distrasse, senza notare il mio silenzio e il mio progressivo smarrimento dovuto alla sua richiesta. Si guardò intorno, poi verso il buio della notte, che staccava come un tendaggio dalla finestra socchiusa. Frugò nella borsa, dove estrasse un pacchetto di sigarette già aperto e un accendino d’oro. Io ero stanco morto, forse più di lei, ma intrigato dalla freschezza della sua presenza improvvisa, come dal suo comportamento e dai suoi misteriosi parenti senza nome, che a sua detta lavoravano entrambi nel mio stesso tribunale, decantando le mie lodi, mentre Stanislao era intento a frugare nel cassetto dove poco prima aveva estratto la rivista. La sosia fumava con disinvoltura, accavallando con eleganza le lunghissime gambe da attrice, e guardandomi fisso, nelle boccate azzurre che annuvolavano la camera del poeta. La guardavo con attenzione e spavento. Mi metteva a disagio, non mi spiegavo il perché.

«Ho incaricato mio cugino Gaspare di portare tutto qui, quando gli sarà possibile. Arriverà dopo il turno di notte, credo verso l’alba. Intanto ho chiesto al portiere di fermare una camera vicina a quella del poeta. Lui mi ha garantito che avrebbe fatto il possibile.»

«Nemmeno per sogno!» disse Stanislao, avvicinandosi alla signora Lara e tenendole il braccio. «Tu rimarrai qui, nella mia camera. Sarai mia ospite. Non permetterò che tu debba spostarti in un’altra camera, con tutti i disagi che una prenotazione notturna comporti. Dobbiamo avvertire il portiere di interrompere qualsiasi iniziativa di questo tipo, fin da subito, Gustav! Potresti scendere giù e comunicargli che la signora rimarrà nella camera del direttore Stanislao, per favore? È possibile, o ti chiedo troppo?»

«Hai detto direttore? Ma qui non ti conoscono come poeta?» gli dissi, guardando ogni tanto verso Lara e i suoi anelli di fumo dilatarsi fino al soffitto.

«Lascia perdere i dettagli, Gustav, lo sai che sono inutili. L’importante è che annullino l’eventuale prenotazione partita a suo nome – se per te va bene, Lara. Non vorrei che… insomma, per motivi, che non posso conoscere, avresti preferito avere una stanza singola tutta per te, con un’altra visuale, non so… adesso devi essere tu a dirmi cosa gradisci, prima che il nostro avvocato vada a trattare col portiere  i dettagli della questione.»

Lei era impacciata, esitante, stava forse per ringraziarlo prima di rifiutare, o forse la sua stessa espressione di indecisione e disagio era legata alla contentezza dell’invito e alla difficoltà di accettarlo, per una questione puramente formale. Era alquanto difficile da scoprire, nonostante non fosse mia moglie. Direi impossibile. Ma preferii, gioco forza, assecondare.

Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno


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Discussioni

  1. Singolare la comparsa della sosia, chissà dove ci porterà questa figura e come si legherà agli altri personaggi. Mi è sembrata da subito più legata a Gustav, che conosce appena, anziché a Stanislao che quasi non l’ha riconosciuta. Lara ha avuto già in passato atteggiamenti scostanti, ora appre questa donna che porta perfino il suo nome. Fa quasi nascere il sospetto che in qualche modo siano legate, come due facce della stessa medaglia…

    1. Ciao, Irene. La comparsa della sosia è un altro elemento singolare e misterioso, che va ad aggiungersi, come reperto, alla sala intricata di specchi in cui si sta articolando la filosofia della serie. Farebbe pensare a una sorta di doppio. È interessante il senso di intimità che hai avvertito in relazione allo scambio avuto con Gustav, poco dopo essere entrata in camera. Un senso di familiarità e di appartenenza che fa pensare, ma soprattutto mette in dubbio la linearità percettiva del punto di vista a cui ci stiamo affidando, dal momento che la stessa sosia, quando era ancora giù, dava importanza solo al poeta, ignorando del tutto la presenza e i cenni insistenti dell’avvocato Gustav, che in quel frangente abbiamo creduto ancora suo marito. Dove ci porterà tutto questo? È davvero una bella domanda. Grazie della tua visita. A presto.