
La stufa e il reggiseno
La stufa serve per scaldare: fin qui, siamo d’accordo.
Esistono diversi tipi di stufe, e anche questo è evidente ai più.
Io mi trovavo in un rifugio di montagna. Un grande salone all’ingresso e una stanza da letto sul retro con tante brande e coperte. C’era anche una ragazza nel rifugio, ma stranamente non è di lei che vi voglio parlare. In quel rifugio, è la stufa che attirò la mia attenzione.
Si trattava di un genere di stufa che non avevo mai visto prima. Aveva la forma di un grosso parallelepipedo scuro e stava poggiata a terra in un angolo del salone. Una fiammella alimentata a gas era accesa alla base del parallelepipedo, come un cero votivo di fronte all’immagine di un santo.
La fiammella, da sola, sarebbe stata insignificante, ma nel meccanismo della stufa era sufficiente per riscaldarne la superficie verticale, che in poco tempo aveva assunto il colore rossastro delle braci di carbone ed irradiava calore nella stanza. Era incredibile come il fioco calore della fiammella potesse essere così amplificato da quel parallelepipedo nero. Certo, non si trattava di carbone: non so che materiale fosse, in realtà. Magari lava di vulcano. Non ne so nulla. Tuttavia il mistero del suo funzionamento non mi inquietava troppo: peggio sarebbe stato non averla, quella stufa. Con tutta la pioggia e il vento freddo che avevamo preso durante la giornata, la ragazza ed io avevamo i vestiti fradici. Avevamo fatto una lavatrice e ora i panni erano stesi attorno alla stufa, perché si asciugassero prima della mattina seguente.
Nel disporre i panni avevo cercato di usare tutta la cautela possibile, perché già mi immaginavo la fiammella impazzita fare un guizzo e incendiare un calzino. E in seguito tutta la baracca. Al pensiero della stanza in fiamme, spostavo i calzini un po’ più indietro e mettevo i jeans, più resistenti, in prima fila. Nel farlo, controllavo con la mano che il calore non arrivasse troppo intenso al pantalone, tale da poterne innescare la combustione. Non sapevo se questo fenomeno fosse veramente possibile, ma il fatto di poter tenere la mano senza fastidio sulla stoffa del jeans mi rassicurava. Altrimenti, se la mia mano accusava una temperatura sospettosamente elevata (già mi immaginavo i resti inceneriti dei pantaloni), allora allontanavo leggermente lo stendipanni e ridisponevo i vestiti, stavolta prestando attenzione a che il tessuto sintetico e leggero delle magliette rimanesse ben distante da quella superficie rosso lava.
Fu l’ora di andare a dormire. E di lasciare la fiammella sola nella stanza assieme ai panni, incustoditi. Non sarebbe stata grande la tentazione di allungarsi oltre i contorni metallici della stufa fino a sfiorare le mie mutande? Queste, fragili, si sarebbero immediatamente infiammate e avrebbero trasmesso il fuoco alla canottiera vicina e quindi l’incendio si sarebbe propagato a tutta l’abitazione, mentre noi dormivamo nella stanza accanto.
Non mi sentivo tranquillo. Durante la notte mi alzai più volte, fingendo con me stesso di avere sete o di dover andare in bagno. In quelle occasioni gettavo un occhio alla fiammella. Lei stava sempre lì. E i panni di fronte a lei. Immobili.
A un certo punto sentii perfino distintamente odore di bruciato. Mi alzai in fretta e corsi a controllare. Ovviamente né fiammella né panni avevano mai cambiato posizione. A quel punto, con la scusa di verificare che stessero asciugando bene, cominciai per l’ennesima volta a tastare i vestiti con la mano: verificai se il jeans fosse asciutto, sia la gamba destra che la gamba sinistra (con la mano tastai per verificare che il calore non fosse troppo forte, ne a destra ne a sinistra), controllai che l’interno delle mutande non fosse troppo bagnato (controllai che il calore non arrivasse loro troppo diretto). Infine mi misi di nuovo a spostare gli indumenti, perché potessero completare l’asciugatura prima del mattino (o meglio, per scongiurare ogni rischio di combustione).
E dato che sono generoso pensai che non fosse corretto pensare solo ai miei, di panni; così diedi un’occhiata anche a quelli della ragazza (che continuava a dormire, incurante, nella stanza accanto). Nella lieve illuminazione fornita dalla fiammella, tastai qua e là e mi resi conto che:
- alcuni indumenti della ragazza erano ancora umidi;
- si trattava di indumenti intimi.
La seconda osservazione non mi scosse più della prima: non era certo la prima volta che toccavo un reggiseno! Tra l’altro lei li aveva disposti sul lato più lontano dello stendipanni, forse per pudore. Ma così non sarebbero mai asciugati. Allora li avvicinai un po’. Spostai indietro una salvietta praticamente asciutta (troooppo vicina al calore) e misi al suo posto due reggiseni umidi. La stoffa dei reggiseni era piacevole da toccare, come è giusto che sia, essendo destinata al contatto con il petto di una donna. Ma quanto è infiammabile la stoffa di un reggiseno?
Intravedevo la coppa destra che ammiccava pericolosamente con la fiammella. Potevo lasciarli soli nella stanza? Cosa avrebbero combinato? La fiamma non sarebbe stata irresistibilmente attratta dalla delicatezza di quel tessuto nero e lucido? La superficie della stufa appariva già più rossa. Se tornavo nella mia branda e cercavo di dormire, li sentivo confabulare dall’altra parte, a bassa voce: la fiamma seducente si rivolgeva al reggiseno, che, lusingato, tentava di sganciare la spallina dallo stendipanni. Erano incoscienti, incapaci di riflettere un secondo più lontano del momento presente. Il fuoco non ci avrebbe messo più di un istante: Frrrr! Del reggiseno non sarebbero rimasti che un paio di ferretti e non parliamo del nostro rifugio di montagna.
Tra queste apprensioni, la notte scorreva incurante. Qualche luce dell’alba cominciò a filtrare nella stanza e con lei qualche rassicurante barlume di razionalità che mi permise di dormire un paio d’ore e risvegliarmi e trovare i panni asciutti e la fiammella ancora accesa.
Eravamo pronti per un altra giornata di cammino.
Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Erotico
Ciao Carlo e benvenuto🙂 Mentre leggevo pensavo ‘se l’autore ha indicato genere narrativa, gli dico che, secondo me, dovrebbe invece indicare genere erotico’ Poi mi sono rassicurata controllando che ci avevo azzeccato. Ottimo racconto e scrittura interessante. Il tuo protagonista è una massaia maniaca che improvvisamente si trasforma nel migliore dei sogni che possono ‘disturbare’ l’immaginario femminile. Perché quelle mani che accarezzano la stoffa del reggiseno si immaginano altrove. Veramente geniale.
Aggiungo che hai descritto la stufa come se fosse la più bella fra tutte le donne.
In effetti ci ho pensato un attimo prima di decidere il genere, ma poi era chiaro. Un’eroticità che non si esprime fino in fondo…
Interessante quello che dici sulla descrizione della stufa. È vero che è una stufa molto provocante!
Ciao ho appena letto e devo dire che mi è piaciuto molto… scrivi molto bene e le immagini che hai usato sono molto interessanti
Grazie Lola.
Interessante e divertente. e poi il titolo l’ho trovato molto curioso
Grazie per aver letto e commentato.
Ciao Carlo, benvenuto tra noi. Devo dire che hai una buona penna, forse un po’ troppe parentesi per i miei gusti, ma hai saputo delineare perfettamente il tuo personaggio e con stile. Aspetto il tuo prossimo lavoro.
Grazie Marco. Sono curioso di esplorare questa piattaforma, leggendo e pubblicando. A presto.
Ciao Carlo, benvenuto. Un primo racconto davvero delizioso, dove mescoli bene l’impaccio del protagonista con il suo lieve feticismo. Ti seguirò.
Grazie Nyam, mi fa piacere che ti sia piaciuto. A presto.