
La tana delle marmotte (parte 1)
In una valle del nord, cinta da una corona di montagne alte e splendide, si estendevano per chilometri robuste vissute querce, che facevano risaltare, in una posizione più centrale della vallata, un ampio spazio coperto di verde erbetta brillante.
Qui, tra le cunette naturali e sotto gli sparsi alberi che la punteggiavano come nei di un volto, avevano fatto le loro tane le marmotte.
Questi animaletti, imparentati con i topi di città, ma di gran lunga più grandi ed interessanti, popolavano questa valle in larga misura. Ovunque ci si girasse era facile inciampare in buche di variabile altezza e profondità, che certamente nascondevano uno di questi animaletti.
Vi era poi una tana di più larga misura, posta alla base di una collinetta leggermente spostata verso Nord, che voltava l’ingresso all’estremo opposto. Questo era il più datato e vissuto covo, che nascondeva un grande numero di cunicoli e stanze collegate tutte fra loro, e questa cuccia era per le marmotte della conca il punto di ritrovo principale.
In essa si rifugiava la gran maggioranza degli abitanti del piccolo canyon, che la vivevano soprattutto la Notte.
Ecco il problema di chi vive in montagna: il calar improvviso delle tenebre. Il tramontare del sole portava con sé, come una coperta il suo calore, tutte le preoccupazioni e le paure che tanto spaventavano le marmotte più adulte, che si riunivano all’interno di una più spaziosa e protetta stanza nelle viscere della terra.
Come loro, anche le giovani marmotte, più per la paura delle conseguenze dell’indisciplina che per il comune terrore del buio, rintanavano in tutta fretta, dopo aver udito il caratteristico richiamo della sentinella che annunciava l’arrivo delle tenebre.
Una notte, dopo l’ennesimo fuggi fuggi per trovare spazio nella Tana, i vecchi ed i giovani si riunirono, come ogni notte, per scaldarsi fra loro. L’andamento delle giornate, agli occhi delle giovani e inesperte marmotte, era troppo monotono per giustificare i timori degli anziani, così spesso ne parlavano tra loro. Una delle marmotte più vivaci era dell’idea che gli anziani avessero semplicemente paura che loro potessero fuggire o perdersi nel buio di pece che li sovrastava, affermando però che Lui, e solo Lui, se la sarebbe cavata senza problemi. Un’altra diceva invece che la Tana era l’unica cosa che li potesse tenere al sicuro dalle volpi e dai lupi, per questo era bene restare lì sotto.
Mentre confabulavano, ragionando sulle motivazioni per le quali dovessero nascondersi ogni notte, una saggia marmotta, che aveva da poco raggiunto i quindici anni, si avvicinò al gruppo dicendo: “Non fate balenare nella vostra mente pensieri ardui da comprendere, questo potrebbe portarvi ad agire di conseguenza, mettendo le vostre vite a rischio”. Dopo di lui, un altro anziano aggiunse: «È anche vero che non sappiamo bene cosa accada di sopra la notte, è tanto tempo che non ci andiamo: la paura di non tornare è più di quella del sapere». Da lontano si sentì poi un’altra marmotta esclamare: “Dopo che Gualtiero è scomparso non so in quanti vogliano uscire là fuori”.
Ed era difatti così. In seguito alla scomparsa di Gualtiero, colui che voleva sapere la verità sulla notte, nessun altro aveva avuto la malsana idea di lasciare il rifugio durante le ore più buie. Anche se quel desiderio di conoscenza, già prima della sua scomparsa, si era propagato alle nuove generazioni. Lui era solo una delle tante marmotte ad esserne oramai quasi ossessionato.
La vivace, giovane marmotta era decisa e convinta: da come parlava si capiva che, prima o poi, avrebbe scoperto il grande segreto che terrorizzava la sua specie.
Così, al levar del sole, iniziò a vagare per la valle in cerca di altre coraggiose marmotte. Girando e rigirando finì anche con lo scoprire nuove zone che neanche lei aveva mai esplorato, e si addentrò più a fondo nella foresta di querce, territorio bandito, se non per quei pochi metri poco lontani dallo spazio aperto.
Impiegò all’incirca mezza giornata per i suoi giri e quando fu ormai soddisfatta del numero di marmotte che era riuscita ad arruolare si mise a preparare un piano per quella stessa notte. Era stufa di dover sempre restare chiusa in quella sudicia e fredda caverna, dove l’unico modo per scaldarsi era restare appiccicata a tante altre palle di pelo come lei; voleva sapere perché l’aria fresca che la mattina dava tanta pace e tranquillità la notte diventasse una così temibile ed inquietante presenza.
L’esuberante marmotta era riuscita a raggruppare un numero esiguo di compagni, poco più di una decina, ma tra le loro fila si trovavano in maggioranza le più giovani e forti, che aveva incontrato per prime, seguite poi da quelle più curiose ma anche le più spaventate, che per tutto il tempo della pianificazione non avevano fatto altro che chiedere: “Ma è sicuro?” “Non ci sono davvero dei mostri, vero?”
Al “simpatico gruppo” (così lo definiva lui stesso), si era voluto unire un marmottone dall’aria attempata. Era Desiderio che, dall’alto dei suoi 17 anni, poteva ormai contare sulle dita di una zampa quanto gli restasse da vivere.
Per questo, dopo una vita passata nella più assoluta pace e tranquillità, aveva deciso di stravolgere la sua esistenza e di affrontare il mistero.
All’inizio, la giovane, dinamica marmotta era contraria ad arruolare l’anzianotto. Non si preoccupava tanto per l’incolumità del vecchio, piuttosto non capiva di quale utilità avrebbe potuto essere per il resto del gruppo. E qui si sbagliava. Desiderio dimostrò di sapere meglio di chiunque altro i vari corridoi che percorrevano tutto il sottosuolo della valle, svelando le scorciatoie e i passaggi più improbabili di cui servirsi, in modo da non destare sospetti.
Grazie a lui, fecero in tre ore un lavoro che avrebbe impiegato l’intero pomeriggio, ed ebbero più tempo per pianificare l’azione notturna.
Desiderio era il più felice tra tutti, non vedeva l’ora che arrivasse il momento decisivo; era il più propositivo, sempre pronto e disponibile in caso di bisogno. Si occupò di stivare sotto una roccia, poco distante da dove sarebbero usciti, una grande quantità di erbe aromatiche che sarebbero tornate utili in caso di necessità. Inoltre, aiutò le inesperte marmotte a scavare e sistemare un altro tunnel a qualche centinaio di metri.
Infine, si consultò con la capomarmotta per decidere i tempi di azione e il percorso che avrebbero seguito per arrivare il più in fretta possibile al varco.
Quando fu tutto pronto, e videro che mancava ormai poco al calar del sole, decisero di fermarsi su alcune rocce per guardare insieme il tramonto.
“Ci pensate che tra meno di un paio d’ore sapremo finalmente la verità? Secondo voi cosa ci aspetta qui fuori di notte?”, iniziò a chiedere una più timida e piccola marmotta. “Secondo me, forse c’è un po’ di verità in quello che dicono i vecchi, giusto Desidè?” chiese un’altra mentre sgranocchiava un po’ di radici, “Secondo te cosa ci aspetta stanotte?”
Tutti tesero le orecchie, pronti a sentire cosa avrebbe risposto Desiderio.
Il vecchio guardava il cielo, sdraiato sulla schiena. In ogni minima variazione e sfumatura che la tela celeste assumeva, egli vedeva colori a cui associava dei ricordi. Partendo dal sole, rosso come il fuoco che una volta si propagò per una piccola parte della foresta, e che si spense solo grazie all’arrivo di un imponente acquazzone seguito da rombi di tuono e strani uccelli che non vide più. Si ricordava benissimo, seppur fosse piccolo al tempo, fino le punte delle montagne, tinte di un blu profondo, come quando sta arrivando un temporale, ed il cielo diventa uggioso, tenebroso, con lampi e tuoni che fanno saltare il cuore in gola. “Vi è mai capitato di vedere lassù – disse, indicando le vette – ogni tanto, una strana sfera? A volte non è una sfera, ma sembra più un filo d’erba, e altre volte non c’è proprio, ecco. Secondo voi cos’è?”
Tutti tacquero, non un soffio di vento sull’erba intorno, come se il mondo fosse rimasto col fiato sospeso a quella domanda.
Dopo una manciata di secondi, che sembrarono non finire mai, Desiderio alzandosi aggiunse: “Su su, era uno scherzo, non temete. Non vedete che il sole sta ormai valicando le punte dei monti?”
In quel momento la sentinella lanciò il suo segnale, un fischio che l’eco dei monti portava per tutta la valle.
Prese allora la parola l’audace marmotta, che aveva in un solo giorno, grazie all’aiuto dei suoi compagni, elaborato un ingegnoso piano per la tanto attesa rivelazione.
Avete messo Mi Piace6 apprezzamentiPubblicato in Fiabe e Favole
Un racconto molto bello, bravo Francesco.
Bella favola, ovviamente allegorica. Complimenti, mi piace.
Un racconto davvero delizioso, nonché singolare.
L’idea che ne sta alla base è incredibilmente originale e l’hai sviluppata davvero molto bene.