LA TARGA

《ADOLFO C’È?》  Era la domanda che ogni mattina si poneva il direttore di uno sportello dell’A.C.I. di Trieste a voce alta prima dell’orario di apertura. Adolfo era un impiegato a diretto contatto col pubblico e la puntualità non era il suo forte; inoltre, nell’ultimo anno aveva accumulato numerose assenze, alcune sospette per la verità.

《Sì direttore, c’è lì, al suo posto》 era la risposta data da una collega, vista la sua posizione privilegiata che le consentiva una visione a 90° tra l’ufficio di direzione e lo sportello.

《Bene!》Pensò il Direttore con un sospiro di soddisfazione non dovendo preoccuparsi di ricercare un  sostituto. In verità Adolfo era appena entrato; non riusciva a trattenere il fiatone per la corsa mentre prendeva posizione sullo scanno davanti al terminale. Era la sua continua corsa contro il tempo, tempo che correva più veloce della sua Corsa (un modello di utilitaria della Opel) perché non conosceva né ingorghi né semafori rossi, il tempo; mentre Adolfo, al volante della sua Corsa, vedeva il tempo correre inesorabilmente. Lui non poteva farci nulla per i numerosi lavori in corso, specialmente in Corso Italia – la via centrale – che lo rallentavano nella sua corsa.

Quella stessa mattina un uomo anziano, impeccabilmente vestito con un giaccone di pelle nera, stivali e guanti neri, dopo aver posteggiato la sua Porsche color blu – un modello con parecchi chilometri alle spalle ma perfettamente in ordine – si presenta all’A.C.I. di Trieste, dove era stato convocato per ritirare una targa che l’Automobile Club riconosceva ai guidatori più longevi: per i 50 anni e oltre senza incidenti. Tanti erano gli anni che pesavano sulle sue spalle senza però incurvare la sua schiena; con piglio marziale, nonostante l’età avanzata, si avvicina all’unico impiegato presente allo sportello e, dopo aver letto il cartellino identificativo personale, lo chiama per nome con voce perentoria:

《Àdolf!》

《Sì mi chiamo Adòlfo》risponde l’impiegato togliendosi le cuffiette! 《Adolfo con la “o” finale.》

《Bel nome, ja. Purtroppo non ne conosco più nessuno di nome Àdolf 》sottolinea con un po’ di nostalgia l’anziano.

Adolfo non era molto contento di quel nome così ingombrante che i suoi, o meglio suo padre, gli avevano affibbiato senza rendersi conto delle conseguenze. Molte volte aveva pensato di cambiarlo con un nome comune, un nome  come Mario, Pietro o Andrea, così da non dover assistere, quasi giornalmente, allo stupore delle tante persone che per lavoro era costretto ad incontrare. Poi, con il passare degli anni, aveva fatto il callo e quasi non ci badava più, così aveva accantonato l’idea, anche per le difficoltà burocratiche a cui avrebbe dovuto andare incontro: cambio dei documenti e del codice fiscale; senza contare poi a quante persone ed Uffici avrebbe dovuto comunicarlo. Per la prima volta gli era capitato di incontrare qualcuno che apprezzasse quel nome, però quella pronuncia teutonica lo aveva inquietato, soprattutto quell’accento lo aveva spaventato. Dopo un attimo di esitazione alza lo sguardo, incontrando due occhi di ghiaccio che lo fissano:

《Le posso essere utile?》Chiede Adolfo dopo aver abbassato il volume della radio ed anche lo sguardo, quasi intimorito da quella presenza invadente, dominante.

《Sì, qualcuno, non ricordo il nome, mi ha chiamato giorni fa. Non ho capito bene, sa, non ci sento da un orecchio da quando un’esplosione mi ha perforato un timpano. Così son venuto di persona, per me un invito è come un ordine: va eseguito senza discussioni. Dovrei ritirare qualcosa, mi sembra una targa.》

《Ah, la targa per i 50 anni di guida senza incidenti. Complimenti, Lei è la quarta persona in questa settimana. Mi può dire il suo nome per cortesia?》

《Otto  Volpe, classe 1927, patente da una vita, sempre alla guida di una Porsche, ora una Porsche targa.》

《Si trova bene allora!》

《Certamente, qvesta essere makina, makina di cermania, ja!》

《Ha portato una sua foto con lei alla guida?》

《Ja, eccola 》Otto Volpe la prende dalla tasca e la consegna ad Adolfo. Era una foto in bianco e nero, scattata quando aveva conseguito la patente in tempo di guerra, che conservava gelosamente come una reliquia.

《Bene. Ora gliela inserisco sotto il vetro della targa. 》

A OTTO “VOLANTE D’ORO” dall’A.C.I., era la scritta incisa sotto la targa.

Adolfo consegna la targa e, dopo una calorosa stretta di mano, i due si salutano. Otto Volpe lo ringrazia e si congeda:

《Danke herr Àdolf.  Heil Àdolf!  Arrivederci.》

Presa la targa, ormai all’uscita, ritorna sui suoi passi:

《Una curiosità Àdolf, ma la musica che ascoltava alla radio  di chi era?》

《Era cantata da Rihanna, la conosce?》risponde Adolfo con stupore a quell’insolita domanda.

《Bravissima cantante, che musica e che stile. Una vera cantante davvero di razza. Di pura razz’A RIHanna!》

Con queste parole si congeda lasciando Adolfo un po’ sorpreso. Rihanna era sì una brava cantante, bella e famosa per il suo profilo (su Instagram tanti seguono il pro”filo” dellA Rihanna) ma non era certamente di razza ariana: non era una bianca, era una mulatta dalla pelle color cioccolato al latte e originaria delle Isole Barbados. Evidentemente Otto Volpe non l’aveva mai vista, però quel nome aveva fatto riemergere nel suo inconscio fantasmi di un passato lontano, che non aveva mai rimosso. Poi, ripensandoci, delle quattro persone che avevano ritirato la targa in quella settimana, solo Otto era di origine tedesca. 《Un momento, delle quattro solo otto! I conti non tornano!》 Pensa Adolfo in un evidente stato di agitazione perché  la matematica non era il suo forte. 《Fermi tutti!》Dopo una rapida prova del nove, in quattro e quattr’otto Adolfo ritrova la lucidità; i conti tornano perché Otto era un nome, e non solo un numero come quello marchiato sul braccio degli internati nei lager nazisti. Continuando nei suoi calcoli Adolfo scopre che Otto aveva la patente da ben 70 anni.

Adolfo faceva Celi di cognome. Lui era proprio il nipote dell’omonimo attore Adolfo Celi, famoso per aver interpretato numerose pellicole tra cui Agente 007 – Thunderball, a fianco di Sean Connery. Lui invece non era famoso come il nonno e non aveva ambizioni particolari. La sua era una vita tranquilla, come quella di tanti comuni mortali. Proprio dopo la morte del nonno i riflettori si erano spenti sulla sua famiglia ma Adolfo non se ne rammaricava. Aveva scoperto da poco un interesse particolare per la storia: era affascinato dai tanti libri sul nazismo, sui gerarchi e sulle famigerate SS,  che collezionava con passione.

A volte il destino si accanisce inspiegabilmente con le persone, sarà una combinazione – così si pensa di solito – la cui chiave di lettura è sempre ben nascosta. Provate ad immaginare l’imbarazzo per un nome non voluto – Adolfo –  un cognome ereditato – Celi – abbinato allo stato civile  “celi”be? Adolfo Celi celibe! Beh! C’è un celi di troppo. Ci verrebbe da chiedersi: Celi cosa celi ancora?

Per ironia della sorte Adolfo aveva una relazione segreta ben celata. Sì, con Regina. Una ragazza giovane e carina  conosciuta a Regina Celi. (Regina Coeli con la  “o” di  “ovviamente”.) Non era una carcerata, era solo una guardia giurata. Celi quella relazione l’aveva sempre celata, anche a Paolo, un amico di lunga data che lavorava alla 9 come l’omonimo Celata alla 7.  (Consiglio un TG delle 8 per un’informazione di centro e non di parte!)

Povero Celi, era anche “celi”aco ed era un fan di “Celi”ne (Dion);

Santo cielo!  Una combinazione dietro l’altra anche senza una cassaforte da aprire!

lo farei Santo come Papa Pa”celi”, nella gloria dei “Celi”.

Se non fosse tutto vero sarebbe uno scherzo, una burla o per restare in tema una

C E L I A   per    C E L I!

Torniamo “A NOI!” Forse è un modo di dire un po’ apologetico per uno di nome Adolfo.

Dove eravamo rimasti? Ah! In quell’ufficio dell’A.C.I. dove Adolfo c’è. Mi ricorda “el Che” (Guevara), ma solo per assonanza. Celi c’è lì, a sbrigare noiose pratiche per niente rivoluzionarie davanti ad un videoterminale.

Questa volta il destino ha voluto che si trovasse proprio al posto giusto per smascherare uno degli ultimi criminali nazisti, come una spia segreta del Mossad israeliano.

E proprio “da lì” (non da San Salvador) che Adolfo, dopo una breve ricerca anagrafica, scopre una targa sospetta:

                                 la “EXOOOSS”

più che sospetta era una  targa “criminale” riconducibile ad una EX SS nazista ricercata dalla fine della guerra.

La vera identità di Otto Volpe era Otto Fuchs, volpe in tedesco. D’altronde, non occorre essere una volpe per scoprirlo, e Adolfo non era di certo una volpe, però la sua caccia alla volpe, conclusasi con la cattura, aveva consegnato alla giustizia Otto prima che giustizia divina lo consegnasse, presumo, all’inferno.

Il destino ha voluto donare a Otto una Targa, ma un’altra Targa ha inchiodato Otto al suo destino. 

La storia è giunta al termine e rileggendola mi sembra proprio una “cazzata” senza mezzi termini.

A Termini è giunto Adolfo per rivedere la sua Regina alla stazione col treno delle otto.

Otto, sentitosi male, ora giace in un Ospedale dopo l’arresto da parte di una squadra della Polizia criminale.

Criminale è il mio stile di scrittura.

Scrittori si nasce lo so, ed io non lo nacqui!

Peccato, non è destino.

Però mi accontenterei di una targa! Una Porsche targa!

P.S.

Un’altra targa sospetta:    EX000BR 

Brigatisti rossi tremate!

Adolfo Celi c’è!

Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Umoristico / Grottesco

Discussioni

    1. Allora non sono tutto matto, sono solo un “mato” che scrive per divertirsi. In triestino “mato” significa un tizio, una persona. Mi moglie mi ha raccontato di una collega non di Trieste terrorizzata perché la preside le aveva detto: “quando ‘riva quel mato mandimelo subito in direzion”. Lei pensava ad un matto vero, non a un tizio.

  1. Un mix di colori: quasi un giallo, con sfumature di noire, di rosso e di grigio. Nessuna traccia di rosa.
    Interessante, come sempre, nelle elaborazioni mentali, di concetti in pillole e giochi di parole.

  2. Targhe simili ne ho viste diverse dalle mie parti. Merito una targa perché ho utilizzato per la precisione 1.499 parole. Per mia moglie non merito nessuna targa perché scrivo solo fesserie. Grazie Carlo, almeno qualcuno che appezza il mio sforzo.