La tettoia dei giochi di Vince (2/3)

Serie: L'angoscia e l'ignoto


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Una pallina da ping pong schiacciata a terra da un giocatore maldestro...

Vince fu davanti a me in meno di dieci secondi.

«Questa te la metto in conto» mi disse tenendo in mano il cadavere di plastica bianca. Pronunciò quella frase con un sorriso che subito interpretai come indizio del fatto che fosse stata detta come una battuta.

«Un euro?» risposi con un tono canzonatorio e divertito. «No… un euro per tutta la confezione da tre, così la prossima volta vedrai di comperare palline un po’ più resistenti di queste minchiate.» Mi voltai verso la mia amica con un sorriso che non ricambiò: i suoi occhi erano fissi su quelli di Vince, il suo viso era un miscuglio di paura e incredulità.

Seguii il suo sguardo e mi fermai anche io su quegli occhi. Il sorriso mi rimase stampato sulle labbra, come se una improvvisa paralisi avesse cristallizzato i muscoli del viso. L’uomo davanti a me non stava scherzando, a meno che non mi trovassi di fronte a un grande attore. Inclinò il capo verso il basso e i suoi occhi fissi su di me mostrarono il bianco-giallastro della sclera tra l’iride e la palpebra inferiore.

«Questa te la metto in conto» ripetè. Mostrava ancora lo stesso sorriso, ma era impossibile ignorare la malvagità che quel viso incarnava.

Percepii una sensazione di freddo tra le scapole e una sensazione peggiore più in basso, come se una mano mi stesse artigliando i testicoli. Mi ripresi subito da quello stato quasi ipnotico: non potevo accettare di aver paura di una situazione così banale e di un uomo che conoscevo da tempo e il cui unico scopo nella vita sembrava quello di fornire racchette e stecche da biliardo ai clienti del pub. Inoltre non ero solo e non potevo farmi vedere spaventato da lei per una simile inezia e rischiare di mandare a monte tutti i miei progetti per la seconda parte della serata.

«Dai, non diciamo cazzate… Domani ve ne porto una confezione da venti pacchi.»

«Chiedi scusa alla pallina.» Il suo sguardo era fisso su di me.

Pensai di non aver capito e rimasi a fissarlo a bocca aperta.

«Chiedile scusa.»

«Stai scherzando, spero…» dissi tentando di dare un minimo di dignità al mio tono di voce.

Vince portò il palmo della mano che reggeva la pallina verso il mio viso. «No.»

Quel gesto mi scosse facendomi uscire da quel torpore che mi aveva avvolto. Quando la mano fu a pochi centimetri dalla mia bocca mi spostai di scatto e la colpii facendo cadere a terra il suo contenuto. Fissai il suo viso e vidi qualcosa che non dimenticherò facilmente. La follia, la malvagità, il suo disprezzo nei miei confronti. Avrei dovuto fuggire subito, ma non potevo farlo. Mi mossi d’istinto verso la pallina e la calpestai ancora e ancora, la feci strisciare sul pavimento ruvido e infine le assestai un calcio che la mandò sotto uno dei tavoli da biliardo.

«Tu sei pazzo» gli dissi.

«Vedremo presto chi è più pazzo tra noi due.» L’uomo mosse le mani verso la mia bocca. Il movimento fulmineo non mi permise di evitare che mi stringesse le guance tra il pollice e l’indice facendo in modo che le mie labbra si aprissero di quel poco che bastò perché mi ritrovassi con due delle sue dita dentro. Spinse verso la gola, provocatomi un conato che per fortuna non causò effetti più drammatici.

Mi sentii strattonare da dietro e contemporaneamente l’uomo di fronte a me si allontanò nella direzione opposta. Due camerieri, visto l’evolversi dell’incidente, avevano deciso di intervenire per evitare che il fatto potesse degenerare oltremodo. Non opposi alcuna resistenza, non sarei riuscito a reagire dopo quella aggressione del tutto inaspettata. Continuavo a fissare incredulo l’uomo che avevo di fronte che a sua volta non staccava il suo sguardo da me. Sollevò ancora la mano con cui aveva tenuto la pallina, questa volta per portarla verso il suo collo. Strinse con forza appena sotto il mento con pollice e indice mentre apriva la bocca e strabuzzava gli occhi in una mimesi del soffocamento. Non ricordo altro, se non che a quel punto fu la mia amica a intervenire e a portarmi, di peso se avesse potuto, fuori dall’Old Irish Beer&Food.

La serata finì così, senza altri colpi di scena, purtroppo anche senza il seguito che avevo sperato fin dal momento che io e la mia amica avevamo messo piede nel locale. Ci salutammo con il semplice doppio bacio sulla guancia, con il proposito di non far passare troppo tempo prima di incontrarci ancora… in un altro luogo.

– – –

Sono seduto sul pavimento del bagno, la schiena appoggiata sulla parete. Le piastrelle sono fredde quanto basta per provare a riprendere contatto con la realtà. Ho ancora la sensazione di avere qualcosa in bocca, di sicuro a causa della dilatazione delle guance e dell’abominevole gusto di acidi gastrici che anche sciacquandomi più volte non sono ancora riuscito a eliminare del tutto. Devo uscire immediatamente da casa, non posso restare ad aspettare che succeda… cosa? Non dovrebbe esserci nessuno in casa oltre me. Ma non ho sognato: quello che ho vissuto è spiegabile solo in due modi: qualcuno mi ha narcotizzato e poi ha armeggiato nella mia bocca, oppure sono impazzito e ho ingurgitato quelle palline quasi uccidendomi per poi dimenticare di averlo fatto. Se è vera la prima ipotesi allora qualcuno potrebbe tornare, o peggio potrebbe essere ancora nascosto qui in casa. Mi chiedo però come abbia fatto a entrare. Se invece è vera la seconda, cioè che io sia fuori di testa e che abbia agito da solo, allora il problema è ancora più grave. Anche perché non ho mai avuto palline da ping-pong in casa… quindi avrei dovuto acquistarle, quando? Ieri? La settimana scorsa? E comunque poi dimenticare di averlo fatto.

No, non posso pensare di essere sconvolto fino a questo punto: qualcuno è entrato in casa. 

Ne sono certo.

Serie: L'angoscia e l'ignoto


Avete messo Mi Piace4 apprezzamentiPubblicato in Horror

Discussioni

  1. Una pallina sacra, una pallina-feticcio che attraverso il suo grande sacerdote Vince prende in trappola e punisce il sacrilego calpestatore con una sorta di contrappasso? Una fantasia scatenata, caro Antonio, bravo.

    1. Una sola? 🙂
      Serio: ho immaginato non tanto la pallina quanto Vince come elemento chiave del racconto. Ho considerato la pallina come un semplice mezzo: se avesse rotto la racchetta Vince avrebbe usato quella per la sua vendetta.

  2. Ben riuscito anche qui il passaggio di scene. Questo racconto si presta davvero a una versione cinematografica. Il finale rende benissimo il bilico in cui il protagonista si trova, tra sanità mentale e follia, e sei stato molto bravo a metterci lo stesso suo terrore addosso. Mi sto chiedendo anch’io cosa sia successo davvero. Ci sarà un seguito? (fosse anche questa la fine, applauso!)

    1. Ci sarà un seguito, un ultimo episodio che in qualche modo riporterà tutto alla prima scena. Ho provato a rileggere in base a quello che hai detto, cioè che il racconto potrebbe finire qui. Con qualche modifica potrebbe starci e lasciare nel dubbio il lettore. Invece proporrò un finale più horror…

  3. “«Chiedi scusa alla pallina.»”
    Agghiacciante. La battuta che da la potenza a tutto il racconto, a mio dire. Non sapevo se ridere o farmi prendere dallo sconcerto, perchè sembra detta per scherzo. impossibile che qualcuno dica seriamente una cosa simile. E invece.

    1. Mai dire mai! C’è chi dice, e fa, di peggio. Questo personaggio nasce da un ricordo di gioventù. Non era a questi livelli, ma secondo me se avesse mollato un po’ i freni ci sarebbe arrivato vicino. Ricordo un episodio in cui era decisamente incazzato e intrattabile perché aveva paura che la figlia potesse un giorno mettersi con uno come lui…