L’alfabeto colorato

Serie: IL TRENO DELLE ANIME


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Su un muro di una chiesa in rovina, Manuel trova un testo in latino che associa subito all'epitaffio sulla lapide del Cavaliere senza croce.

Durante il ritorno a casa, Manuel pensò a ciò che il pescatore gli aveva consigliato e convenne che era meglio tacere sull’incontro. Decise di non mostrare neanche le foto scattate e di dedicare la serata solo alla famiglia. Fece confezionare un bouquet di rose rosse, con le spighe di riso raccolte, da regalare a Katia. Prepararono la cena insieme, con l’aiuto di Alex, che mangiava patatine fritte man mano che venivano preparate. Alla fine, cenarono tutti e tre insieme guardando un film scelto dal bambino.

Il giorno dopo, Katia si alzò presto ed uscì per un appuntamento dal parrucchiere.

«Io esco, Manuel, tu e Alex dormite ancora. Ci pensi tu alla colazione per te e il bambino?»

Manuel aprì un occhio.

«Sì, non ti preoccupare… sempre che ci svegliamo prima di mezzogiorno.»

«Allora vado.»

«Ciao.»

Detto questo, Manuel allargò gambe e braccia in posizione “quattro di bastoni”. Era rilassato, ma poi gli tornarono in mente le foto. Si alzò, accese il PC e le scaricò dal cellulare, proponendosi di cancellarle prima dell’arrivo di Katia. Aprì due schermate per confrontare la foto della lapide con quella del testo inciso sul muro del rudere.

«Vediamo di ricostruire l’epitaffio del cavaliere. La prima parola è “Solum”… la seconda “Amando”… La terza? Forse non è una per capoverso… no, considerando la grandezza dei caratteri della lapide. Ma poi quale parola sostituisce “Iesus”? Il pescatore disse che avevano tolto e sostituito con altro quello che si riferiva a Cristo.»

Alex intanto si era svegliato.

«Buongiorno, piccolo, adesso ti preparo la colazione.»

«No, non ho fame. Voglio giocar-re con te.»

«Alex, fai il bravo: devi prima mangiare e poi giochi.»

«Ho detto no, non ho fame e poi non voglio giocar-re da solo. Tu lavori, mamma pur-re, e io sono sempr-re solo.»

Quel “solo” colpì Manuel come un boomerang. Era la stessa parola che aveva sputato addosso al padre qualche giorno prima.

«Va bene, giochiamo. Vai a prendere le letterine colorate. Io scrivo e tu, per ogni lettera, scegli il colore. Scriveremo parole misteriose e magiche.»

«Siii, che bellooo.»

Alex corse subito a prendere l’alfabeto colorato e si sedette accanto a Manuel, che così aveva trovato il modo di fare la sua ricerca e, nel contempo, giocare con il figlio.

«Allora, la prima parola magica è solum.»

«Che significa?»

«Non si sa. È per questo che è magica. Che colori mettiamo per le lettere?»

«La prima rossa, la seconda gialla, poi blu, bianca e verde.»

«Oh, hai pronunciato la erre come si deve? Questo gioco fa magie anche alla tua linguetta. Continuiamo: la seconda parola è amando, la mettiamo sotto, allineata con solum… anzi, tutte le parole le facciamo stare in fila dall’alto in basso… come un esercito di soldatini.»

«Ma poi i soldatini fanno la guerra, papà?»

«Sì, ma nessuno si farà male. È una guerra per liberare la fata che scioglie l’incantesimo delle parole misteriose.»

«Allora facciamola subito.»

«Dai, dimmi i colori.»

«Rosso, azzurro, bianco, blu, giallo, verde.»

Manuel proseguì scrivendo tutto il testo inciso sul muro della chiesa, o quasi: omise la parola “Iesus” e lasciò uno spazio, come un rigo, per quella da cercare, che la sostituiva.

«Bravo, bel lavoro.»

«Adesso che succede, papà, appare una fata?»

«No, ora i soldatini si devono spostare per combattere.»

Bussarono alla porta. Era Katia.

«Eccola, la nostra fata, Alex.»

«Fata? Grazie. Si vede che il parrucchiere ha fatto un buon lavoro e, per fortuna, mi sono sbrigata in tempo per fare la spesa.»

Il computer era restato acceso con le schermate delle foto aperte. Katia restò qualche minuto in silenzio a guardare, reggendo ancora le borse della spesa. Riconobbe la lapide e lesse il testo in latino del rudere. Alzò lo sguardo e incrociò quello imbarazzato di Manuel.

«Mi aiuti a sistemare la spesa in cucina?»

«Certo, Katia, dammi queste borse, pesano.»

Katia aprì la dispensa e si fermò.

«Manuel, cosa ti succede?»

«Niente, perché?»

«Manuel, non fare finta di non capire. Sto parlando delle immagini sul PC.»

«Katia, perché ti arrabbi? Non sono mica foto di donne.»

«Io non sono arrabbiata, sono preoccupata. Dopo due mesi dalla gita a Garda, ancora pensi a quella stele. Perché ti interessa tanto? E poi, dove hai fatto la foto con quel pezzo di muro?»

«Katia, non sono io che cerco queste cose. Ieri, al ritorno, prima di imboccare l’autostrada, ho fatto quattro passi per sgranchirmi le gambe, poi ha iniziato a diluviare e mi sono riparato in una chiesa in rovina… e ho visto quelle parole.»

«Normale, la chiesa ti ha adescato.»

«Katia, non scherzare… quello che ho fotografato è un testo latino: la prima parola è “Solum” e la penultima “Lucem”. Potrebbe essere l’epitaffio della lapide del Cavaliere.»

«Ma come fai ad associare qualcosa che trovi in una chiesa in rovina del Vercellese a una lapide di una tomba a Garda? La tua è un’ossessione.»

«Ma che c’è di tanto strano ad avere un hobby, una curiosità?»

«C’è di strano che il tuo hobby sia nato all’improvviso: nel preciso istante in cui noti quelle lettere corrose. Poi ti metti a fare rebus, sempre con quelle lettere. Quella notte non dormi, ti svegli, esci e, tra tanti posti belli per prendere una boccata d’aria, vai su quella tomba… e dici anche di aver visto qualcuno che non è mai esistito.»

Manuel restò a testa bassa ad ascoltare senza replicare. Un’altra persona avrebbe riso e mandato a quel paese Katia, ma lui no, perché in fondo sentiva che lei aveva ragione: tutte le volte che pensava a quella lapide provava un’attrazione e un turbamento che lo spaventavano. Con il pescatore, poi, aveva parlato per tre volte, mentre Katia diceva che quell’uomo non l’aveva mai visto. Eppure, quel giorno nel bosco era stata lei per prima a vederlo e a parlarci. Se era Katia a confondersi, per una volta, poteva succedere, ma se quell’uomo lo vedeva solo lui, significava che soffriva di allucinazioni.

«Manuel, forse quella tomba ti ha riportato alla mente qualcosa, un tuo problema irrisolto, e speri e temi di trovare una risposta: è un po’ come chi ha paura dei ragni e finisce per vederli dappertutto, perché in fondo li cerca. Un altro neanche si sarebbe accorto di quelle parole o se ne sarebbe dimenticato dopo un minuto… Non pensarci più, fallo per me.»

«Va bene, Katia, hai ragione. Ti prometto che cancellerò quelle foto.»

«Vado di là a dire ad Alex di ritirare i giochi, così apparecchio.»

Alex giocava ancora con l’alfabeto colorato.

«Mamma, guarda, ho scritto il tuo nome e l’ho messo in fila come i soldatini, in mezzo alle parole magiche.»

«Chi ha detto che sono parole magiche?»

«Papà.»

Katia guardò il gioco, scosse la testa e sospirò.

«Vediamo, bello, inizia con il rosso. Però, il mio nome si scrive con la kappa, che è questa, vedi? E senza erre. Così come hai scritto, si legge Gratia… Grazia…»

Katia sbiancò. Le lettere scelte da Alex in rosso formavano due parole: San Graal.

«Alex, chi ha scelto i colori delle lettere?»

«Io, papà scriveva le parole.»

«Perché solo queste iniziano in rosso?»

Alex fece spallucce.

«L’hai messa quasi in mezzo, non alla fine, come mai?»

«Perché, papà, lì ha lasciato uno spazio e io l’ho riempito.»

«Sei stato bravo… adesso mettiamo via tutto… prima che arrivi papà.»

Per il resto della giornata, Katia e Manuel non tornarono più sull’argomento. La sera, però, Manuel non riusciva a prendere sonno. Nel buio cercò la mano di Katia, la sfiorò, e lei rispose stringendo forte la sua.

«Sono qui, accanto a te.»

«Katia, pensavo che forse ti stai stancando di me. Hai conosciuto un uomo sicuro, deciso, certo, ero un poco di buono, ma realista, e adesso invec…»

«Adesso sei sempre quell’uomo sensibile che protegge chi neanche conosce e che mi ha fatto innamorare. Forse è per questo che ti affascina quel cavaliere che portò in salvo tante persone: perché ti somiglia.»

«Magari, lui ha mantenuto la parola data.»

«Forse anche il cavaliere aveva sbagliato qualche volta. Non esistono eroi senza macchia e senza paura… semmai è l’opposto.»

«Sì, forse è come dici tu.»

Katia cercava di dare spiegazioni logiche: voleva proteggere e rassicurare Manuel, ma in realtà anche lei, adesso, si faceva qualche domanda.

Il mattino dopo, prima che Alex si svegliasse, Manuel pensò di parlare a Katia degli incontri avuti con il pescatore. Si sedette accanto a lei, con la tazza di caffè stretta tra le mani e le parole ferme sulle labbra.

«A che pensi?»

«A quello che hai detto ieri… e…»

«E cosa?»

«Forse è il caso che consulti uno psichiatra.»

«Adesso non esagerare.»

«Katia, ieri hai detto che nel bosco, a Garda, io ho visto qualcuno che non esisteva.»

«Sì.»

«Io invece ricordo che c’era un pescatore a farci strada… l’ho rivisto il mattino dopo e… anche ieri… sul Sesia, e le trote me le ha date lui; io non ricordo di averle comprate… mi ha detto anche di non dire di averlo incontrato. Sto impazzendo, Katia.»

Katia non sapeva cosa rispondere.

«Katia, perché non dici niente?»

«Perché non so cosa sta succedendo, è tutto così strano.»

«Che vuoi dire?»

«Ieri Alex ha finito il gioco che stavate facendo… ha scritto una parola con la prima lettera rossa… “Gratia. Lui dice che voleva scrivere il mio nome, può essere, scrive quelle poche parole che gli insegnano all’asilo e ha sbagliato ma le lettere rosse che ha scelto lui, lette di seguito, formano le parole San Graal. Ti ricordi della leggenda? Diceva che il Santo Graal fosse stato portato a Garda dal cavaliere e con lui sepolto.»

«Stai scherzando?»

«Magari.»

«Quindi è ‘Gratia’ la parola che sostituisce ‘Iesus’.»

«Ma che dici? Non capisco.»

«Il pescatore disse che il cavaliere morì suicida e sulla lapide non fu scritto quello che faceva riferimento a Cristo. L’epitaffio era una preghiera, ma anche una promessa fatta a un amico.»

«E come può una combinazione far sostituire una parola con un’altra che ha lo stesso senso? Gesù è grazia divina per la religione cristiana… Manuel, ma questo pescatore che aspetto ha?»

«È un uomo di circa ottant’anni, affabile e rassicurante; parlare con lui è come parlare con un padre, anzi con un nonno.»

«Un nonno: le stesse parole che ha detto Alex.»

«Quindi anche lui l’ha visto?»

«Sì, ma pensavo, anzi ero sicura che l’avesse detto solo per darti ragione. Manuel, ascolta: lasciamo in pace i morti e dimentichiamo tutto adesso; dopo sarebbe difficile. Forse non è capitato solo a noi, come i fantasmi che si mostrano a più persone ma non a tutte. Io ho paura.»

Continua...

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Avete messo Mi Piace4 apprezzamentiPubblicato in Fantasy

Discussioni

  1. Ben riuscito l’espediente del gioco tra Manuel e Alex per portare avanti la storia e infittire il mistero. Mi è molto piaciuta la complicità tra Manuele Katia. Lui crede di essere pazzo, ed è lei a rincuorarlo e a notare le le lettere in rosso…

  2. Ciao Concetta, tanta roba in questo episodio. Incredibile la scena del gioco tra Alex e Manuel. Un escamotage perfetto per mettere ordine nei tanti indizi raccolti. Non mi è chiaro chi sia il pescatore, ma ho qualche idea… Aspetto il prossimo episodio per leggere il seguito. Bravissima 👏👏

  3. Proprio bello questo episodio, Concetta. Scorre che è un piacere, e conduce il lettore attraverso l’intrigante enigma del cavaliere, con inattese rivelazioni. Mi piace il fatto che continui a lasciare aperte più interpretazioni che possono far volare l’immaginazione di chi si sta affezionando ai personaggi. Grazie per la lettura, a presto

    1. Hai fatto centro, Paolo! Il racconto è basato su tutte quelle strane coincidenze che possono capitare a ognuno di noi: un sogno strano che poi in parte si avvera, uno sconosciuto che, parlando, ci fa perdere un treno destinato a schiantarsi, o un aiuto che ci arriva da qualcuno che pensavamo fosse morto insieme alle nostre speranze. In questo racconto, però, alla fine il mistero si svelerà. Grazie infinite per il gradito commento🙏🙂