L’alibi

C’e un gioco che amo fare. Nelle situazioni più impensate, mi guardo dall’alto e provo a immaginare cosa la gente pensi di me. Mi estraneo dalla scena, per assistervi in qualità di spettatore.

Tanto più che stasera sono al cinema. Se qualcuno guardasse la platea, anziché lo schermo, vedrebbe un cafone utilizzare il cellulare nel bel mezzo di un film strappalacrime e alcune “donzelle”, romantiche fino al midollo, redarguirlo per la sua poca creanza. Io sarei invece il ragazzo biondo che ride alla scena.

Fuori luogo, lo so. Ma il fatto è che a me non importa un fico secco del film, ne’ di quei coglioni che mi litigano accanto. Io stasera sono qui soltanto perché mi serve un alibi. Quindi, più rido sguaiato e attiro l’attenzione, più i vicini di posto si ricorderanno di me. Nel caso ci fosse bisogno di testimoni e che il biglietto non avesse alcuna valenza, per dimostrare la mia presenza li’.

Mentre sullo schermo quei due si sbaciucchiano sempre più innamorati (gli attori, stavolta) e fiumi di melassa mi agguantano per farmi precipitare nel gorgo buonista, io mi crogiolo nel fatto che fra poco sarò libero. Perché qualcuno che farà il lavoro sporco al posto mio, l’ho trovato. E togliamoci dalla testa i luoghi comuni, che sia sempre e solo lo “straniero” a commettere i reati. Il male per soldi lo fa chi è disperato. Punto.

Perciò, mentre io me ne sto qui a far passare il tempo, senza attirare troppo l’attenzione (non vorrei intervenire per incappare in una rissa), a casa si sta consumando la tragedia. Qualcuno sta inscenando una rapina, purtroppo finita male. E quando tornerò e mi daranno la notizia, non dovrò fare altro che fingermi allibito. Com’è potuto accadere? Ma chi può essere stato? Solo questo dirò.

Certo, c’è in giro certa gente! Ma tu, vicino di merda, per allora sarai già morto stecchito. Non avresti dovuto far del male al mio cane. Lui adesso potrebbe essere ancora con me, se non fosse stato per te.

Non è vero che abbaiava e dava fastidio. Era il mio amico.

E ora, la vanga che tu hai usato quel giorno, spaccherà in due la tua testa. Un colpo secco, quasi fosse un cocco. Mi sono raccomandato che avvenga così. Per Jack, perché lui urla vendetta.

Nessuna pietà per te, vicino. Spiacente.

Ma dimmi, adesso, non te lo sei forse meritato?

Avete messo Mi Piace5 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Ciao Cristina e complimenti per questo racconto molto originale, contenitore di significati che hai saputo condensare in poche righe. Il risvolto alla John Wick poi mi ha entusiasmato tantissimo. Modo di interpretare il lab riuscitissimo. 🙂

  2. Bellissimo racconto, hai saputo dare a un lab difficile una svolta del tutto originale. Ottimo il cambio di prospettiva, il tono dark, ma non troppo, ha saputo valorizzare una storia di “quotidiana” realtà.

  3. Spettacolo di racconto. L’ho adorato. Mi piace tantissimo come utilizzi una scena comune per raccontarne un’altra molto più crudele.
    E che dire della vendetta, con quell’unica importante richiesta? Solo che amo molto più i cani che gli umani, quindi…
    Brava.
    Alla prossima lettura.