
L’amico Fab

All’età di sedici anni ho subito un intervento chirurgico per una grave malformazione alla colonna vertebrale. Dopo l’operazione, per sei mesi, non potevo camminare, non potevo stare in piedi, ma soprattutto non potevo stare seduta. Più che altro dovevo stare distesa, supina, a guardare il soffitto della mia camera. Quando mi stancavo di osservare quella volta bianca, senza nuvole in movimento, senza sole, senza luna e senza stelle, e senza nemmeno qualche ragnetto impegnato a tessere la sua tela; allora chiudevo gli occhi e cercavo di evadere, di immaginare i luoghi in cui avrei voluto trovarmi. Una lunga spiaggia disseminata, sui bordi, di tanti gigli marini; un mare chiaro, col fondale sabbioso quasi bianco, luccicante, sotto il sole, di riflessi sull’acqua e sui piccoli granelli di quarzo. Qualche caletta un po’ appartata, con tanti scogli piatti, di granito, levigati dal mare, come lo Scoglio di Peppino, nel litorale di Muravera.
In alternativa mi “connettevo” ai miei pochi amici. In quegli anni i cellulari non esistevano. Internet era ancora da inventare. Le chat su WhatsApp e le amicizie sui social network nessuno le aveva ancora pensate.
Gli amici che frequentavo più assiduamente erano Fabrizio e Grazia. Fab lo ascoltavo e lo riascoltavo attraverso la sua musica e le sue canzoni, registrate sui nastri delle musicassette.
Le parole di Grazia, la mia illustre conterranea di Nuoro (prima e unica donna italiana a cui venne assegnato, nel 1926, il Nobel per la letteratura), le apprezzavo attraverso le sue tante novelle. Il primo dei suoi libri che mi catturò: un’edizione economica degli oscar Mondadori, fu Cosima. La storia autobiografica della scrittrice barbaricina, che mi trasportò nel suo piccolo mondo provinciale dell’epoca, a cui lei guardava con occhio critico. La sua apertura mentale la catapultava sempre più avanti, facendola sentire chiusa e un po’ asfissiata dai pregiudizi, dalla chiusura mentale di quel suo mondo agropastorale di allora.
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Con Fab il coinvolgimento emotivo era diverso e forse maggiore. Sarà stata la musica, sarà stata la voce, sarà stata la poesia dei suoi testi… quando ascoltavo Nuvole barocche o Spiritual o Inverno o Preghiera di gennaio… non mi importava più di dover stare quasi immobile su quel materasso di spine, che certi giorni diventava insopportabile come un letto di chiodi.
Ho cominciato così ad amare il cantautore che ha confortato le mie pene fisiche e morali, attenuando ogni sofferenza con la sua voce, con le note e con il senso delle sue parole, che facevano breccia nella mia testa, nel mio cuore e nella mia anima.
Quando sono guarita, dopo sei mesi di tormenti, due anni di “torture”, soprattutto durante il primo periodo di fisioterapia, e dopo qualche altro mese per riacquistare una vita normale, sono andata, finalmente, in vacanza al mare. Un mese intero, in campeggio, con le mie cugine, in una località a sud della nostra isola vicino a un paese noto come Villassìmius, con l’accento sulla seconda I. La pronuncia esatta sarebbe Villassimìus, con l’accento sull’ultima I. Poco importa dove i turisti mettano l’accento; ciò che importa, quando i “continentali” o gli stranieri vengono in vacanza, che mettano bene mani e piedi, senza portarci via la sabbia o le conchiglie dalle spiagge, come spesso succede. La Spiaggia Rosa, al nord della Sardegna, ha cambiato colore, a furia di essere depredata dei suoi granellini di sabbia rosati.
Durante il periodo della mia vacanza al mare, (tra agosto e settembre), si sparse la voce in tutta la zona, fino al campeggio, che Fab e la sua compagna sarebbero venuti a Villassimius, come ospiti, a cena, nella casa al mare di un loro amico giornalista del quotidiano L’Unione Sarda.
Avrei fatto pat-ti anche con Pu-tin (a quel tempo nel KGB), per poter partecipare anch’io a quella cena. Avrei pagato qualsiasi cifra, a mo’ di biglietto, se avessi potuto, per poterlo incontrare e sentirlo parlare e cantare, a distanza ravvicinata. Sarei rimasta volentieri anche dietro la grata di qualche finestra, se fossi riuscita a intrufolarmi nel giardino di quella villa. Le mie compagne di tenda mi dissuasero dicendo che qualsiasi intruso sarebbe stato tutt’altro che gradito. Avrebbero preso ogni precauzione per evitare l’assalto alle mura che ospitavano quel cantautore assai richiesto e tenere distante ogni ammiratore molesto.
L’unica magra consolazione, per me, il pensiero che, dopo pochi giorni, tornando a casa, ci sarebbe stata la grande festa dedicata alla santa patrona del paese. Una delle sagre più importanti dell’isola, dopo Sant’Efisio, tra Cagliari e Pula, o del Redentore a Nuoro.
Una grande festa religiosa e laica; folcloristica e gastronomica, con degustazione, nelle locande, di muggini e salsicce arrosto e maialetti allo spiedo, che impregnano l’aria del loro sentore.
Nella nostra isola i cani sono sacri, i gatti non si toccano, ma i teneri agnellini da latte e i loro omologhi suini, sono carne da macello prelibata. Dopo tutto, in certi Paesi del mondo divorano anche i cani, potrebbe obiettare qualcuno.
Ci sarebbe stato anche il solito concerto; ancora, però, non sapevo chi sarebbe stata la pop-star ingaggiata per l’evento. Molto dipendeva dall’incasso della questua: il cantante poteva essere Augusto, il mitico solista dei Nomadi; oppure la sconosciutissima Efisietta di Pirri.
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Per tornare alla santa, di nome Greca, giovane martire cristiana, torturata e decapitata durante il periodo dell’impero romano, sotto le persecuzioni dell’imperatore Diocleziano, la commemorazione avviene, tuttora, l’ultima domenica di settembre. In realtà, però, la festa dura tre giorni: dal venerdì al lunedì, e si ripete da oltre 450 anni.
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Dopo aver trascorso la mia bella vacanza a Villassimius, senza riuscire a vedere, sentire o toccare, il mio adorato cantautore, ero contenta che a breve ci sarebbe stata quella festa che richiamava decine di migliaia di persone, anche da luoghi molto lontani. Un’altra festa minore, dedicata alla stessa santa, soprattutto di carattere religioso, fatta eccezione per un piccolo luna-park e qualche bancarella, veniva celebrata il primo maggio, in concomitanza con la grande sagra di Sant’Efisio, a Cagliari. Quest’ultima era ed è ancora un evento molto importante, non solo per il capoluogo, ma per tutta la Sardegna, devota al santo che avrebbe fatto cessare la peste del seicento in tutta l’isola. La sfilata dei gruppi folcloristici che sfoggiano l’antico e prezioso costume sardo tipico dei novantasei paesi di provenienza, dura alcune ore. Nella processione, con il cocchio del santo ben addobbato, si susseguono i cavalli bardati con i loro cavalieri e le tracas, formate dai carri infiorati, trainati da un giogo di buoi scelti per l’occasione. Il calpestio di sa ramadura [un folto tappeto variopinto, fatto di petali di rose, che si estende lungo il percorso principale], diffonde nell’aria un profumo indescrivibile. Mentre le navi attraccate al porto, lateralmente alla via Roma, diffondono i suoni acuti delle loro sirene, in segno di saluto e di omaggio, al passaggio del santo patrono della Sardegna.
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Quel che ancora non sapevo e che avrei continuato a ignorare per molto tempo ancora, della nostra Santa Greca, era una terza ricorrenza, nel mese di gennaio.
Si tratta di una commemorazione poco nota, che la Chiesa dedica alla santa patrona del paese, per ricordare la data del martirio, con una funzione religiosa celebrata nel santuario a lei dedicato e costruito sulle rovine di un monastero in cui Greca sarebbe stata sepolta.
Qualche anno prima di scoprire questa terza ricorrenza, accadde qualcosa che mi colpì profondamente e che avrei rievocato spesso, negli anni successivi, senza capire fino in fondo il senso di ciò che pervase il mio sonno di una notte. Mi apparve in sogno una sorta di angelo vestito con un trench, nello stile dei film di Wim Wenders (Il cielo sopra Berlino; Così lontano, così vicino). Il volto dell’angelo che venne a trovarmi in casa dei miei genitori, era quello di Fab. Alla mia espressione di grande stupore, nel vederlo avvicinarsi, lui aveva fatto riferimento a una sua vecchia promessa di venirmi a salutare (come se dovesse partire), per Santa Greca. Era un sogno vivido, di quelli strani, che mi capitano raramente, e che presagiscono, sempre, qualcosa di vero. Rimasi turbata e continuai a pensarci, finché il giorno dopo, parlando con un amico, scoprii che lui era morto. Era il 12 gennaio del 1999.
A distanza di molti anni da quel sogno, che non ho mai scordato, ero impegnata in un trattamento di fisioterapia, non più come paziente, ma bensì come terapista. Il signor C. mi stava riferendo che quel giorno avremmo dovuto terminare qualche minuto prima: sua moglie sarebbe passata a prenderlo per andare alla messa di Sant’Areghixedda [di Santa Greca piccola, nel senso della ricorrenza minore]. Era il 12 gennaio e, dopo tanti anni, riuscii finalmente a decifrare il messaggio misterioso di Fab, celato nel mio sogno di tanto tempo prima.
Ai più mistici e anche ai dubbiosi domando: credete anche voi che possa esistere un filo sottile a unire le nostre vite di anime, anche in carne e ossa, che ci consente, attraverso certi canali, più aperti durante la fase REM, di percepire messaggi e presagi?
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“credete anche voi che possa esistere un filo sottile a unire le nostre vite di anime, anche in carne e ossa, che ci consente, attraverso certi canali, più aperti durante la fase REM, di percepire messaggi e presagi?M. Luisa Manca14/05/2022”
Assolutamente sì. Non so quanto di autobiografico ci sia nella prima parte del racconto, ma ho convissuto con la malattia fin dalla nascita e ho trascorso molti anni in una terra di “mezzo” dove il corpo era solo un involucro. Ho sperimentato varie volte il “sogno lucido”, anche se si riesce a tirarne il filo solo a posteriori (purtroppo)
Ciao Micol, la prima parte del racconto non mi appartiene, se non nel senso che ho trascorso un lungo periodo della mia adolescenza, chiusa in casa, bloccata da una forma depressiva legata forse alle tempeste ormonali dell’ eta`. La mia passione per F. De Andre`, che mi ha dato un grande conforto con le sue canzoni, e` vera. L’ incontro mancato, il sogno, la data della festa che coincide con le parole di F. nel sogno, e` tutto vero. Finalmente ho trovato una persona che crede nella realta` di questa dimensione e puo` capire. Grazie.
Non sono una persona religiosa, perchè non mi piacciono i dogmi e le imposizioni, però apprezzo la spiritualità e sono convinto che credere in una realtà spitiruale, presente sappena al di là dei nostri sensi, sia una grande ricchezza. Grazie per il bel brano
Grazie a te per averlo letto e condiviso. Con questo racconto, a parte la premessa, dettata dalla fantasia, ho voluto riferire un sogno vero, uno di quei sogni premonitori sorprendenti che ogni tanto possono verificarsi. Questo lo ricordo meglio di tanti altri perche´ Faber, con le sue canzoni, ha avuto nella mia vita un ‘ importanza davvero grande.
Ci sono mille ragioni per credere e mille per non credere: la materia non può essere trattata scientificamente. Se le ragioni del cuore prevalgono su quelle della mente un’illusione può diventare una certezza. Pur restando scettico, invidio chi trova conforto nelle sue illusorie certezze perché aiutano a vivere, mentre io non trovo pace nei miei razionali dubbi çhe, al contrario, disseminano di ostacoli la mia esistenza. “Sardo non sono” ma non sono sordo alle bellezze della tua terra, alle tradizioni, ai sapori che descrivi sempre con amore e dovizia di particolari.
Un tale Blaise diceva: “Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”. Ma, al di la´ di “Va dove ti porta il cuore” (concetto forse un po´ romantico), ci sarebbe molto di piu´ da considerare. Per dirla con Gibran: “La vostra ragione e la vostra passione sono il timone e le vele della vostra ANIMA navigante. Se si spezzano le vele o si spezza il timone, o andrete sbandati alla deriva, oppure resterete a ristagnare in mezzo al mare”.
Grazie Fabius: mente, cuore e anima emergono anche nei tuoi commenti. 😉
“credete anche voi che possa esistere un filo sottile a unire le nostre vite di anime, anche in carne e ossa, che ci consente, attraverso certi canali, più aperti durante la fase REM, di percepire messaggi e presagi?”
Bella domanda! L’eterna lotta tra logica e fede. Personalmente, aiuta credere che ci sia un qualche disegno superiore (Dio, fato, destino, caso karma ecc, chiamalo come ti pare). E anche fare sogni di persone care che magari non ci sono più, è rassicurante, sapere che gli affetti restano, ci proteggono e vegliano su di noi in qualche modo, è un pensiero che aiuta. La logica e la Scienza ci dicono che è tutto nella nostra testa, ma non per questo vuol dire che non possa essere vero 😉
Grazie Carlo di questa tua riflessione che non esclude la speranza. Scriveva Gianni Rodari:
Se io avessi una botteguccia
fatta di una sola stanza
vorrei mettermi a vendere
sai cosa?
La speranza.
“Speranza a buon mercato”
Per un soldo ne darei
ad un solo cliente
quanto basta per sei.
E alla povera gente
che non ha da campare
darei tutta la mia speranza
senza fargliela pagare.
(G. Rodari)
Buona domenica😉